Che cosa mi importa delle loro opinioni? Io non sono mai stato servile. Ho raccontato loro la verità.
Questa frase è racchiusa nel libro “On Writing” di Stephen King ma non è la sua, bensì di un altro autore statunitense a me sconosciuto, tale Frank Norris.
Tutti vogliono dire la verità ma qui si tratta di altro: King sposta l’attenzione sul modo di raccontare di un autore, la sua aderenza alla verità.
Come forse si sa, King è accusato di essere volgare e violento, perché la teoria (o dovrei scrivere ideologia?) che proclama che si diventa cattivi se si leggono storie cattive, ormai va per la maggiore.
L’essere umano sceglie, e spesso sceglie il male; ma a qualcuno questa visione complicata non piace. Preferiscono credere e far credere che un bel giorno capita sulla terra questo strano bipede più o meno senziente, che deve solo essere educato.
Credo, ma non ne sono sicuro, che in una storia ci siano disseminati i “Rilevatori di persone superficiali”. Si tratta di lettori che se trovano una parolaccia, oppure che il protagonista va a caccia, interrompono la lettura. E si indignano.
Non mettono fuori dalla porta i loro pregiudizi, le loro idee, ma le trascinano dentro la storia dell’autore e se questo non rispetta il loro codice, sono guai.
La verità (preferirei parlare di realtà, ma lasciamo stare), è un tale ginepraio che nessuna persona sana di mente può pensare di domare parlando bene o evitando di illustrare per esempio la caccia. Un autore con un poco di talento sa bene che il giudizio finale (o meglio: quello che conta) non sarà mai sulle parolacce o sul numero di morti ammazzati presenti nella sua storia. Bensì sul valore e l’efficacia della storia. Di questo si preoccuperà e di nient’altro. Questo è il suo mestiere. Mica facile.