Racconti dall'isola

Da Cuordicarciofo
Di solito il racconto dovrebbe essere fatto una volta tornati a casa. Ma ormai la vacanza è agli sgoccioli e la vita, una volta tornata, mi inghiottirà di nuovo nelle cose da fare e già lo so che nel procrastinare tutti i ricordi sfumerebbero e da scrivere non mi rimarrebbe nulla.
Ho pensato di farlo da qui allora, mentre loro dormono, mentre posso sentire i rumori dell'isola e il vento caldo che mi accarezza la schiena.
Non sapevo nulla di Cipro prima di arrivarci. Essere qua è stato un colpo di fortuna inaspettato, quando ormai eravamo rassegnati a fare le nostre vacanze a casa.
Siamo arrivati che era quasi buio, aereo in ritardo, auto affittata da ritirare, guida a sinistra, caldo torrido. Quella serata, che si è trasformata in nottata di viaggio sembrava non dovesse finire mai.
Alla mattina però la finestra si è spalancata su una vallata magnifica e tutt'intorno profumo di limone.
Limoni buonissimi, da impazzire.
La terra qui è aspra e secca, il caldo torrido, ma Cipro è stata una sorpresa.
Chissà perchè nella mia testa me la immaginavo moderna, attrezzata, civilizzata. Forse la guida a sinistra, oppure sapere che è stata a lungo colonia inglese ne avevano falsato l'immagine.
In realtà, a parte alcune zone, conserva ancora un sapore di selvaggio. Alcune aree sono disabitate, il turismo è arrivato ha cercato di fare strage (almeno dove stiamo noi, a sud) e poi si è ritirato con la coda fra le gambe.
Perchè Cipro è una terra ostica dalle spiagge di sassi, dalle bianche e brulle colline.
Ne abbiamo girata un pezzetto, per quanto si possano fare km con un cicciotto dispotico e selvatico (meravigliosi terrible tows... quanto vi detesto, ma ne riparlerò)
Siamo partiti da qui, dove abbiamo la casa, dai territori di Afrodite... secret valley la chiamano e poi tutta la costa fino a Capo Greco esattamente dall'altra parte. Siamo risaliti nell'entroterra fino al confine con la parte turca. Villaggi abbandonati e privati della strada per raggiungerli, finestre come orbite vuote e presidi lungo il confine. Torrette militari ancora utilizzate... fuoco sotto la cenere.
Famagusta la si può raggiungere passando prima per una campagna desolata, poi attraversando una base inglese completamente attrezzata e ancora funzionante e poi la frontiera.
Grazie all'amica Stima ci siamo spinti giù, fino ad un paesino che ci aveva consigliato... la confusione, dopo giorni e giorni di spiagge semideserte ci ha risputati fuori... Però è bastato spostarsi di poco. E avevi ragione Stima... acqua verde e calda. Quasi un paradiso, anche per gli occhi!
Chissà se siete arrivati fin quaggiù a leggere, chissà se sono riuscita a trasmettervi un poco dell'emozione che mi ha dato vivere in un luogo come questo.
Sono stata spesso in Grecia, anche fuori dalle rotte turistiche, ma qui, anche se la lingua è la stessa c'è qualcosa di diverso. Un 'dentità strappata e ricostriuita a stento. Eppure si annusa un grande orgoglio ed un' etrema fierezza per le proprie origini.
Sarà che un poco anch'io mi sono sempre sentita in terra di nessuno.
Di foto ne ho scattate tante, fino alla nausea.
Magari nel prossimo post faccio parlare loro... che sono meno noiose!
Domani ci aspetta Nicosia (Sfolli, mi sa niente terme...ahimè) e sabato si torna a casa! A prestissimo!

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