Codesti individui, spavaldi e minacciosi, hanno corrotto il buon animo americano con quelle patetiche storielle del "trova te stesso", si sono prostituiti con le grandi produzioni hollywoodiane, hanno fatto il lavaggio del cervello a Woody Allen e hanno lasciato a Mark Twain se non qualche briciola, legittimando così la selvaggia proliferazione di seriosi ed antipatici virus i cui nomi scientifici corrispondono ad un certo e non trascurabile numero di titolacci, libracci e scrittoracci.
Ci si dovrebbe rassegnare al fatto che tutto ciò che sia stato scritto Mark Twain lo ha scritto meglio, tutto ciò di cui ci vantiamo inventori e possessori Mark Twain lo aveva già intuito e annotato con cura. La letteratura americana che ci piace tanto oggi è figlia di questo signore baffuto e divertente, un padre silenzioso e per niente pretenzioso.
Mark Twain non ha mai urlato malinconia, non ha mai sbandierato ribellione, non ha mai bestemmiato contro le rigide gerarchie del piacere che lo hanno un po' escluso dalla vera ribalta mondiale. Eppure ci ha lasciato in mano il futuro più di qualunque altro scrittore, prima e dopo. Ha condotto una rivoluzione quasi muta perché sapeva bene che il chiasso distrugge e che la distruzione occupa troppo spazio. Twain ci ha lasciato delle favole amare e politicamente indigeste prima che Orwell andasse di moda. Ci ha affidato le sue dissertazioni sulla vacuità del tempo prima che Thomas Mann scrivesse La montagna incantata. Mark Twain si prendeva gioco degli americani molto prima che David Foster Wallace salisse su quella nave da crociera.
Quindi bisognerebbe ristabilire i ruoli, bisognerebbe fare colazione con i racconti di Twain, pranzare con il diario di Adamo ed Eva, andare a dormire accompagnati per mano da Tom Sawyer. Bisognerebbe che tornaste un po' indietro a quando Elvis inventava la musica e Twain la letteratura, tornare indietro a quando prendersi così sul serio era orribilmente borioso, a quando Adamo, annoiato dalla serietà del Paradiso, decise di addentare una mela permettendoci di ridere e morire.
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