Raccontini adolescenziali rinvenuti in fondo a un cassetto - (2) Lo straniero

Creato il 22 gennaio 2012 da Zioscriba

Soundtrack: A-HA, Train Of Thought
Dedicated to: Jimmy

Lo straniero
Venne un giorno, da molto lontano, uno strano straniero con una valigia nera.
Era giovane, alto e dall’aspetto misterioso, con fattezze non comuni, e tutti si chiedevano da dove mai potesse venire.
Aveva sguardo di vecchio ma occhi svegli di bambino, e un viso che tradiva la lunga permanenza di un’emozione, che però non si capiva se di riso o di pianto.
Parlava una lingua che nessuno capiva, tanto che sembrava provenire da mondi ancora sconosciuti, da lande inesplorate. Dava impressione di grande intelligenza, ma pareva che dentro di lui il cuore avesse da tempo preso il sopravvento sulla pur forte e lucida mente.
La valigia nera era stipata di piccoli fogli di carta, pieni di frasi tradotte in tutte le lingue, perché la sua era davvero troppo diversa per poter anche solo intuire il significato di qualche parola.
Erano quasi tutti fogliettini bianchi recanti frasi comuni, le solite che occorrono a un viaggiatore per una breve permanenza all’estero: “Quanto costa?” “Che ore sono?” “Avete una camera per stanotte?” “Quando parte il prossimo treno?” “Buongiorno, signore…”
Ma in mezzo a tante frasi semplici, convenzionali e totalmente prive di fascino e interesse, vi erano altri fogliettini colorati con sopra scritte domande stranissime: “Credi che riusciresti a volermi bene?” “Consacreresti la tua vita a me, se io facessi lo stesso per te?” “Vorresti conoscere il tuo vero nome?” “Posso sognarti, la prossima notte?”… O anche, semplicemente: “Vorresti la mia amicizia?” “Ti posso dare un abbraccio, uno soltanto?”
Ed erano proprio queste ultime frasi che lo straniero ripeteva, con pronuncia sempre approssimativa e incerta, a chiunque incontrasse per strada, senza distinzioni di sesso, di ruolo o di età. Faceva un ben strano effetto, questo straniero che diceva simili cose ma sempre leggendole con quel suo particolare accento, scandendole piano, sillabandole quasi.
Qualcuno ne rimaneva piacevolmente stupito, ma per la maggior parte le persone avevano reazioni negative. Qualcuno lo ignorava, qualcuno scuoteva il capo o sogghignava, qualcun altro lo derideva e insultava, da altri ricevette minacce, sputi e spintoni, e qualcuno ben presto arrivò a picchiarlo con violenza e cattiveria.
E lo straniero subiva tutto questo senza reagire.
Quando poi si rivolgeva a qualche ragazzino, subito accorrevano le madri. Alcune lo percuotevano con la borsetta, altre lo fulminavano con sguardi severi sospingendo nel frattempo lontano i fanciulli, al riparo da lui, altre ancora gridavano istericamente invocando soccorso. Una minacciò di denunciarlo, un’altra chiamò davvero la polizia.
Lo strano straniero venne arrestato, interrogato, schiaffeggiato, sottoposto a umilianti perizie mediche e torture psicologiche.
Anziché tentare di spiegarsi o giustificarsi, rispondeva anche a queste persone con le stesse frasi che lo avevano messo nei guai. Tirava fuori i suoi bigliettini colorati e usava le sue strane domande per rispondere alle loro domande. I poliziotti si sentivano presi in giro, diventavano nervosi e maneschi. Ci guadagnò un occhio pesto, la bocca sanguinante e un paio di costole incrinate.
Dopo due giorni lo rimisero inaspettatamente in libertà. Corse voce che fosse per evitare incidenti diplomatici, che si fosse venuti a sapere che egli apparteneva a un grande e potentissimo paese straniero. Quando fu rilasciato, torme di scatenati energumeni tentarono di linciarlo, e la polizia dovette, controvoglia, adoperarsi per proteggerlo.
Alla fine fu visto dirigersi verso la stazione. Ma non partì mai.
Quella stessa notte, nella desolata solitudine di un parco deserto, su una gelida panchina, lo strano straniero si lasciò morire di freddo.
Il giorno dopo lo trovò uno spazzino, che prima di denunciarne il ritrovamento gli rubò la bella valigia nera, dopo aver disperso nel vento quei pezzi di carta pieni di stupide frasi senza senso.
Il suicidio dello straniero fece grande scalpore, e molti, se non tutti, si sentirono sollevati.
I preti, le suore, i bigotti e le puritane dissero che si trattava sicuramente di un pazzo indemoniato e delirante, e nel dirlo si facevano il segno della croce.
Un bambino disse che forse era Gesù.
Dal turbinio del vento, che aveva disperso tutti i fogliettini, se ne salvò uno soltanto, che dopo aver a lungo volteggiato ritornò a posarsi proprio vicino alla panchina su cui lo straniero s’era lasciato morire. Ma era un fogliettino di quelli bianchi, del tutto privi d’importanza. Diceva solo: “Quanto tempo credete che rimanga?”

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