Racconto Breve: "Pronto soccorso" di Michele Belsanti

Creato il 20 aprile 2013 da Letteratura Horror @RedazioneLH
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Pubblicato Saturday, 20 April 2013 12:43
Scritto da Michele Belsanti

Letteratura Horror propone un racconto breve scritto da Michele Belsanti. Il racconto si chiama “Pronto Soccorso” e sarà possibile leggerlo e, previa registrazione e login al sito, votarlo e commentarlo. Inoltre, sarà possibile scaricare“Così è la vita” in calce al racconto nei formati pdf ed ePub per poterlo leggere anche sul tuo computer ed e-reader.

PRONTO SOCCORSO

Caffè alle due di notte. Cazzo di abitudini che stava prendendo. D’altra parte, le notti di guardia al pronto soccorso erano sempre così. Rimanere svegli, attivi, questa era la prima regola. Per fortuna il bar dell’ospedale rimaneva aperto tutta la notte, così caffè e sigarette erano assicurate. Caffè alle tre del mattino. Rimanere svegli per aspettare chissà cosa, poi, visto che non succedeva mai niente. In genere i casi urgenti li portavano direttamente al policlinico, poche centinaia di metri più in là. Che serviva quel cavolo di pronto soccorso?Entrò nell’ambulatorio e lo vide.L’uomo era lì, seduto su una panca della sala d’attesa. Era pallido in volto, occhiaie vistose gli riempivano le orbite di un nerastro smorto. Aveva addosso un soprabito scuro, che lo copriva tutto. Alzò la testa e guardò il medico con occhi imploranti.“Salve. Sono il dottor Bernini. Ero andato a prendere un caffè...”“Dottore...” bisbigliò quello con un filo di voce.“Mi dica, cosa le è successo?”“Si è staccato...”Il medico lo guardò con aria interrogativa.“Si è staccato... cosa?”“Il... il... pene...”Bernini deglutì, fissando il sacchetto di plastica insanguinato che l’uomo aveva estratto da sotto il soprabito. Ecco una notte in cui non si sarebbe annoiato.“Si calmi, venga nell’ambulatorio”.L’uomo si alzò a fatica, e si diresse barcollando nell’ambulatorio. Stava per cadere a terra, così il medico lo aiutò a sedersi sul lettino.“Ecco, qui... così... mi faccia vedere”L’uomo gli diede il sacchetto di plastica. Il medico si infilò dei guanti chirurgici e iniziò ad esaminarne il contenuto. Dentro c’era un pene, tagliato di netto. Un grosso pene circonciso, gocciolante ancora sangue. Lo prese delicatamente e lo depose in una bacinella sterilizzata.“Le fa male?”L’uomo si limitò a guardarlo, con occhi pieni di paura.“”OK, OK, facciamo subito un antidolorifico. Si tolga il soprabito”L’uomo si tolse il lungo soprabito. Sotto gli abiti non si distinguevano: c’era solo una enorme chiazza di sangue, che copriva tutto.Cazzo, pensò il medico.“Ma come è successo?” disse il medico preparando l’iniezione.“Io... non lo so...”“Non lo sa?! Si è tagliato di netto il pene e non sa come ha fatto?”“E’ stato... il vento...”Andiamo bene, pensò il medico facendo l’iniezione nel braccio dell’uomo. Questo ha bisogno anche di uno psichiatra.“Il vento?”“Sì, il vento... ha iniziato a soffiare...”“Ma dove?”“Nella mia testa. Sibilava... era... era...”“Tagliente?” chiese ironicamente il medico, estraendo la siringa e disinfettando.L’uomo smise di parlare. Lo fissava.“Senta, qui bisogna operare subito. Devo ricucirglielo...”“No, io... il vento... ho bisogno del soprabito...”“Qui non c’è nessun vento, stia calmo”L’uomo allungò la mano verso il soprabito e lo tirò vicino a sé.Fa’ un po’ come ti pare, pensò il medico.“Si levi i vestiti, coraggio”L’uomo rimaneva fermo, seduto sul lettino, con il soprabito vicino. Sembrava che non ascoltasse. Il dottor Bernini, con infinita dolcezza, si avvicinò a lui e iniziò a spogliarlo. L’uomo non reagiva, lo lasciava fare.“Il vento... è stato il vento...” ripeteva.“Certo, il vento... alzi il braccio, da bravo”Il medico gli sfilò la camicia, inzuppata di sangue. Poi iniziò a trafficare con la cerniera dei pantaloni, anche quelli zuppi.Cristo, che roba, pensò il medico. Un matto castrato e insanguinato. Roba da film.“Il vento continua... c’è ancora...”“Va bene, fra poco smetterà...” disse il medico sfilandogli le mutande.E lo vide.Un enorme pene in piena erezione, sano e perfettamente attaccato al suo posto. Il medico sentì un brivido ghiacciato corrergli lungo la schiena. Allora, quell’altro pene non era dell’uomo. Era di qualcun altro. Alzò lentamente la testa. L’uomo lo osservava con uno sguardo assatanato, il lungo coltello nella mano destra.“Dove... dove lo hai preso quello?...”“Nel soprabito... è per il vento...”Il medico si sentì bloccare il respiro. Fra un attimo avrebbe sentito la lama penetrarlo, e il suo pene, con ogni probabilità, sarebbe andato a tenere compagnia a quell’altro, nel sacchetto di plastica. Mancavano solo una manciata di secondi. Chiuse gli occhi.Il corpo cadde a terra con un tonfo sordo.“Appena in tempo” disse a se stesso il dottor Bernini, riaprendo gli occhi e contemplando il cadavere dell’uomo disteso a terra. “Pensavo che quel cazzo di iniezione non avrebbe più fatto effetto”.Dimostrando una forza inaspettata, il dottor Bernini alzò il cadavere e lo distese sul lettino. Poi prese dei fogli di plastica e coprì accuratamente il pavimento.Meglio non sporcare, pensò.Il coltello era ancora per terra. Lo raccolse e lo gettò nel contenitore dei rifiuti organici. Domani lo avrebbero gettato nell’inceneritore. Poi scelse con calma il bisturi. Ci avrebbe messo almeno tre ore a dissezionare tutto il corpo della sua undicesima vittima. Ma non importava. Tanto, in quel cazzo di pronto soccorso, non veniva mai nessuno.

Michele Belsanti


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