Angela Catalini, di Ladispoli (Roma), nel 2005 ha vinto il premio letterario Ennepilibri e pubblicato una raccolta di racconti dal titolo “Fantasmi di mare”. Successivamente, con la stessa casa editrice, ha pubblicato un romanzo fantasy dal titolo “Io, l’Immortale”. Nel 2009 ha vinto il premio letterario “Il saggio” che le frutta la pubblicazione di una seconda raccolta di racconti dal titolo “Il cerchio e la luna” edito dalla casa editrice Edigiò.
Ha partecipato al concorso 2011 di Villa Petriolo "Wine on the road” col racconto “Lo spirito del vino”.
Racconto “LO SPIRITO DEL VINO” di Angela Catalini
Bacco giaceva disteso sotto una grande quercia, quella notte aveva presenziato a un baccanale; fiumi di vino e belle donne coperte di sete fruscianti avevano fiaccato la sua proverbiale resistenza, ma non la sua sete, tanto è vero che aveva portato via un’ ampolla che conteneva un nettare rosso fuoco con cui aveva continuato a brindare una volta giunto a casa.
Accaldato, ma con la mente leggera, si era lasciato trasportare dalle ali di Morfeo nel mondo dei sogni popolato di elfi, ninfe e unicorni. E in quel giardino dove le illusioni diventano realtà, era egli stesso unicorno che correva verso il mare, non già salato, ma immensa distesa di vino spumeggiante e profumato. Correva con le giumente al seguito verso quell’immensità dorata e invitante pronta ad accoglierli nel caldo grembo illuminato da teneri raggi di sole.
Mentre si accingeva ad immergersi in quel miele, si girò di fianco aprendo involontariamente la chiusura dell’otre di cuoio che teneva alla cintola.
Lo spiritello che viveva nell’otre, rinchiuso nottetempo da Bacco, uscì furtivo e si dileguò nella notte, felice per quella sortita fuori programma.
In realtà quello spritello dispettoso e furbetto, era il figlio minore di Bacco; non poteva certo dirsi il più intelligente né il più bello, ma di sicuro era il più scaltro e il più veloce.
Recalcitrante alle regole, indisponente e soprattutto svogliato, era noto a tutto l’Olimpo per le sue scorribande, tanto è vero che Bacco era stato costretto a rinchiuderlo in quell’otre almeno fino a che non avesse imparato a comportarsi come si deve.
Ma ora che era di nuovo libero, lo spiritello non aveva alcuna intenzione di farsi prendere, per questo motivo lasciò in tutta fretta l’Olimpo e si diresse sulla terra ben deciso a rendere la vita difficile ai suoi detrattori.
Giunse ai piedi di un colle brullo dove alcuni buoi procedevano appaiati con il pesante giogo. Lo spiritello, che però era amico degli animali, li slegò e montò a cavallo di uno di loro lasciandosi trasportare dove voleva.
Arrivò alla casa di un contadino molto povero che possedeva un terreno roccioso che non produceva nulla. Il pozzo era secco, il pollaio vuoto, l’abitazione piena di crepe.
Lo spiritello saltò giù dall’animale e si diresse verso il contadino che stava seduto sui gradini della veranda sgranocchiando una pannocchia rimediata chissà come.
- Oh, messere! - disse lo spiritello. - Non dovreste lavora-
re i campi a quest’ora?
Il contadino alzò gli occhi e soppesò lo sbarbatello che gli stava davanti: un metro e ottanta di pelle e ossa, capelli arruffati e stoppacciosi, occhi grandi color nocciola.
- Lo vedi bene che terreno che possiedo - rispose il con-
tadino. - È povero come me e non ci posso coltivare nulla.
Lo spiritello aggrottò le sopracciglia. - Un contadino grande e grosso come te dovrebbe sapere che questo terreno è adatto per la coltivazione della vite e dell’olivo. Fossi in te comincerei a scassarlo e prepararlo. Altro che pannocchie!
Visto che il contadino non si decideva, lo spiritello lo additò e disse: - Tornerò tra tre anni, se non troverò una cantina con almeno 10 botti di vino, saranno guai!
Dopo aver camminato in lungo e in largo per la valle, arrivò in una residenza degna di un Re. Il cancello di ferro battuto raffigurava scene di caccia dove neri destrieri avevano ragione di cervi e volpi che cadevano sotto i colpi degli zoccoli.
Spalancò il cancello con un gesto della mano tranciando di netto la catena. Sorrise. Non finiva mai di compiacersi della sua forza e ogni occasione era buona per farne sfoggio.
La tenuta era di un armaiolo che l’aveva ereditata dal padre, uno dei più grandi produttori di vino e di olio di tutta la regione.
Lo spiritello si rese invisibile, deciso a farsi finalmente una bella bevuta nella cantina di quel riccone. Entrò da una delle finestre della cucina e imboccò la scala che portava in cantina. Mentre si fregava le mani al pensiero di bagnarsi la lingua con un bel vinello fresco, rabbrividì: al posto delle botti d’acero, c’erano dei grossi contenitori di vetro e acciaio e dentro le bottiglie stavano adagiate su anonimi ripiani scorrevoli.
- Ma che è quest’artificio? – esclamò contrariato.
Toccò il contenitore e si avvide che al suo interno scorreva del gas che probabilmente serviva da isolante, manometri controllavano l’umidità e la temperatura. Ne aveva visitate di cantine, alcune puzzolenti di aglio, salami e prosciutti, altre piene di ragnatele, altre ancora annerite dalle muffe, ma quella sembrava una sala operatoria, non una cantina!
Indignato, azionò tutti i pulsanti scombinando i valori.
Chi trattava il vino come un prodotto da laboratorio non lo meritava! Quando fu certo che tutta la produzione sarebbe andata in malora, lasciò la tenuta portandosi via una sola bottiglia che si bevve durante il viaggio.
Nel frattempo suo padre, il Dio Bacco, era su tutte le furie. Ancora una volta quello spiritello diabolico lo aveva beffato e proprio nel giorno in cui doveva presentarsi davanti a Zeus, come faceva ogni anno, per relazionare la vita degli esseri umani e il loro rapporto con i propri simili, con la natura e con gli animali.
Allora chiamò Eolo, il dio dei venti e gli chiese di intervenire per riportare a casa il figlio nel minor tempo possibile. Eolo, che ben conosceva quello spiritello, e di cui egli stesso era stato bersaglio di marachelle, accettò volentieri l’incarico.
Lo rintracciò mentre stava svuotando una barrique da 250 litri. Un vento imperioso lo sollevò di peso e lo scagliò in cielo con la velocità del lampo.
Lo spritello atterrò dritto al centro dell’anfiteatro dove si riunivano gli dei. Suo padre, Bacco, era seduto vicino a Zeus con la mascella contratta per l’indignazione.
Tuo figlio sembra uno spaventapasseri - sentenziò Zeus e tutti risero. - Forse dovrei trasformarti in uno di quei pupazzi di paglia che gli umani mettono a guardia delle colture.
Lo spiritello abbassò la testa; le minacce di Zeus, seppure velate, erano da prendere in seria considerazione.
- Per la verità - rispose lo spiritello - Era troppa la voglia
di vedere come conducono la vita gli uomini e cosa ne fanno dei nostri doni, che non ho potuto resistere. Ma me ne dispiaccio.
La sua voce piagnucolosa sembrava sincera, ma non aveva ancora convinto Zeus sulla sua bontà.
- Dunque ti sarai fatto un’ opinione sul comportamento
degli uomini. Vuoi illuminarci?
Lo spiritello si guardò intorno. Se avesse dato una risposta poco rispettosa o peggio falsa, sarebbe incorso nelle ire di Zeus e nessuno avrebbe potuto salvarlo. Doveva essere sincero non solo per sé stesso, ma anche per suo padre che non meritava di essere messo alla berlina per colpa sua. Sospirò.
- Sono sceso sulla terra - disse lo spiritello - con le
peggiori intenzioni. Volevo creare scompiglio, fare danni, mettere zizzania come ho sempre fatto fino ad oggi. Ma poi ho visto un contadino che non sapeva cosa fare della propria terra e gli ho insegnato a piantare la vite, ne ho visto un altro che aveva tanta terra e tanta produzione e non ci metteva amore e gli ho dimostrato che sbagliava.
Nell’anfiteatro immenso, non un fiato, solo le parole del ragazzo.
Lo spiritello si alzò in piedi, sembrava più alto del solito, aveva delle piccole rughe agli angoli della bocca che prima non c’erano.
“Si sta facendo uomo” pensò Bacco.
- Ti stai facendo uomo - ripetè Zeus che poteva leggergli
nel pensiero.
- Per questo è impensabile che tu non abbia ancora un
nome - continuò. - Gli spiritelli sono spiriti giovani che ancora non hanno imparato cosa significa la responsabilità. Cosa che tu mi pare abbia appena fatto.
Tutti si aspettavano che Zeus trovasse un nome al figlio di Bacco, ma lui non lo fece.
- Tuo padre deciderà come chiamarti e per noi da quel
momento non sarai più uno spiritello.
Bacco ringraziò Zeus con un cenno del capo. Non aveva ancora deciso come chiamarlo, ma per la prima volta era orgoglioso di lui.