Ritrovo finalmente Jonathan Demme, regista che potè aver tutto ma non ebbe quasi niente, con un piccolo-grande film, Rachel sta per sposarsi, colpevolmente sottovalutato da pubblico e critica. Eppure, se non fosse per un eccesso di "anticinematograficità" che poi vedremo, questa pellicola sarebbe un piccolo gioiello.
Anne è una tossicodipendente. Esce dalla sua rehab solo pochi giorni per partecipare alla preparazione del matrimonio di sua sorella Rachel e, ovviamente, al matrimonio stesso. Pochi giorni che dovrebbero esser di festa, ma la presenza e il comportamento di Anne cambieranno completamente l'atmosfera.
Rachel getting married (titolo magnifico, perfetto, per fortuna rispettato dai nostri ditributori) è un film scritto alla meraviglia (dalla figlia di Sydney Lumet...), tutto incentrato sulle sottili dinamiche psicologiche che si vengono a creare nel momento che una famiglia tira fuori i propri scheletri dall'armadio. E' un film che racconta una crisi, una crisi familiare , proprio nei giorni in cui al contrario anche le famiglie più disastrate e snaturate riescono solitamente a mascherare i propri problemi.
Rachel sta per sposarsi e questo dovrebbe essere il suo momento, questi dovrebbero essere i suoi giorni più belli ma Anne le rovina la festa, le ruba la scena, si prende il palcoscenico facendo la parte della vittima, della persona che deve esser curata e compatita. Latente c'è anche un'importante nodo di tensione tra la ragazza e la famiglia visto che anni prima Anne ha involontariamente causato la morte del fratellino quando, guidando tossica, fu vittima di un incidente stradale.
Il film, più che raccontare una storia, analizza ogni singolo rapporto famigliare: quello del padre con le due figlie, in special modo con Anne, pecora nera della famiglia che, come ogni pecora nera, riceve le attenzioni più importanti (più della figlia che sta per sposarsi), perchè un padre in un figlio apparentemente "sbagliato" vede sempre la possibilità di cercar di rimediare a un proprio (e spesso presunto) senso di colpa; oppure quello tra le due sorelle, rapporto teso e tenero allo stesso tempo o ancora quello tra la madre separata ed Anne o tra i due coniugi divorziati.
Demme sta addosso agli attori con la camera a mano e si prende tutto il tempo per raccontare la sua storia, molto lontano dagli script tradizionali. Tutto sembra molto reale e poco cinematografico ma si raggiunge quasi il parossismo quando Demme dilata al massimo (anche un quarto d'ora) 2,3 scene che sarebbero potute durare soltanto pochi minuti (discorsi nella cena di prova, lo spettacolino di musica e cabaret, il ballo del matrimonio). Va talmente contro le regole base del cinema che, forse, rischia di esagerare un pò. Il cast è strepitoso, al fianco dell'ottima Hathaway c'è un gruppo di attori poco o mediamente sconosciuti tra i quali spiccano la DeWitt (Rachel) e Irwin (il padre). La scena madre, meravigliosa, è quella della lavastoviglie in cui un semplice piattino riporta a galla un dolore faticosamente tenuto sommerso. Non è un caso che quella pila di piatti sia stata messa sul tavolo dalla stessa Anne, è come se volesse inconsciamente riaffermare la propria colpevolezza tanto che lo stesso padre che la difende in ogni modo e cerca di "reinserirla" in famiglia, non ce la fa comunque a trattenere l'emozione ed uscir dalla stanza.
Film che tanti faranno come proprio e tanti, al contrario, scanseranno con forza perchè nessuno di noi, anche chi apparentemente vive una vita perfetta, non può non ritrovarsi in tematiche del genere. C'è chi preferisce affrontarle, analizzarle e prenderle di petto e chi ne è terrorizzato e spera con tutto l'animo di tenerle nascoste per sempre.
(voto 7,5)