Regia Davide Barletti
La Via Egnatia è l'antica strada, ideale prosecuzione della Via Appia, costruita dai Romani per congiungere Roma a Costantinopoli, ovvero le capitali dell'Impero Romano d'Occidente e d'Oriente.
Radio Egnatia è una stazione radio immaginaria il cui palinsesto è composto da suoni e informazioni reali provenienti da vecchie emittenti balcaniche; segnali in onde medie emessi dai porti del mediterraneo; canti e testimonianze di culture balcanico-mediterranee.
Il docu-film di Davide Barletti (in concorso nella sezione Italiana doc al TFF 2008) è composto da vari episodi che segnano il viaggio lungo la Via Egnatia.
Un viaggio che ha come partenza simbolica le cave di pietra di Cursi (Le) dove la "guida" Matteo Fraterno, farà scorta di chianche (lastre di pietra leccese) che verranno utilizzate come testimone di storie, incontri, racconti e canti di quelle comunità che vivono lungo la vecchia Via Egnatia. Un viaggio che si snoderà attraverso la Grecìa Salentina, il Canale d'Otranto, l'Albania, la Macedonia, la Grecia, sino a raggiungere la Turchia.
Merita una citazione particolare la tappa che si snoda tra Brindisi e Durazzo, una imperdibile succulenta pietanza per cinefili.
In questa episodio, Matteo Fraterno si mette sulle tracce di Nikolin Xhoja, "l'Alberto Sordi d'Albania", un pilastro del teatro e del cinema del paese delle aquile, tanto da meritarsi il titolo di "artista del popolo", alto riconoscimento che il regime albanese usava conferire agli artisti più meritevoli.
Sarà sorprendente per lo spettatore scoprire che Nikolin Xhoja in realtà si chiamava Nicolino Gioia, italiano nato a Brindisi e riparato in Albania con la madre negli anni '30 per sfuggire alla fame (scherzi della storia).
Sarà pura goduria, per il cinefilo militante, ascoltare i ricordi della moglie e dei colleghi albanesi e soprattutto avere la possibilità di vedere qualche fotogramma dei film interpretati da Nicolino Gioia, rigorosamente in bianco e nero e dalla misera messa in scena, seppur girati negli anni '70.
Il regista di Fine pena mai entra, quasi in punta di piedi, in storie tragiche e dolorose, amplificate dalla solitudine (fisica, culturale,) di piccolissime comunità sperdute nelle campagne o sulle alture albanesi e macedoni senza rincorrere la "pietas" ma piuttosto cercando, quando possibile, di strappare un sorriso agli improvvisati protagonisti.
Canzoni, storie e poesie ci raccontano di macedoni di etnia albanese stranieri in Albania e minoranza in Macedonia; di turchi musulmani di nazionalità greca che vivono da stranieri in quella che dovrebbe essere la loro casa; di migrazioni forzate; di etnie minuscole e di tutte le contraddizioni dovute a confini geografici imposti dalla politica e dalle armi.
Il peregrinare della mdp ci metterà difronte a vecchi custodi di cultura contadina inconsapevoli artisti della parola e giovani a cui storie e tradizioni sono state fortunatamente tramandate.
Alla fine del viaggio, è cosi possibile, tracciare un ideale percorso di memorie lontane e riflettere su quel mosaico di culture e di popoli che dalla parte più orientale d'Italia ai balcani incrociano le proprie radici nella storia.