Raffaele Nigro
Dio di Levante
È sempre difficile – lo era diciassette anni fa, quando Dio di Levanteè venuto per la prima volta alla luce, lo è ancora di più oggi – concepire la narrativa quale estremo rimedio alla gran macchina del tempo che stritola e riduce tutto in polvere. Una letteratura da cliché impone regole spietate: la frantumazione dell’epica, l’apologia della cronaca, il destino degli individui quale discesa (senza ritorno) negli inferi. Eppure, per fortuna, non mancano esempi di scritture che anziché riprodurre la realtà, trasferendola pari pari nelle pagine dei libri, preferiscono reinventarla o riscriverla secondo le regole dell’epopea orale, secondo gli archetipi della tradizione omerica. Su questa traiettoria si dispone tutta l’opera di Raffaele Nigro, di cui Dio di Levante rappresenta un suggestivo tassello, a partire dal suo protagonista, Pomponio Cantatore, marinaio e cantastorie vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, uomo avido di esplorazioni geografiche, perennemente a caccia di favole e di leggende attraverso cui colmare la solitudine della propria fame creativa. Durante la sua vita Pomponio visita luoghi lontani e sconosciuti (la Norvegia), incontra persone dal destino curioso ed eccentrico (come Cerasada, creatura nata dal tronco di un albero), si fa cantore e interprete dell’immenso bagaglio di memorie che proliferano sulle coste del Mediterraneo.
Fino a quando, però, con il cambio di secolo, la civiltà dei miti segna il passo di fronte alla civiltà della tecnica che si fa strada con l’invenzione della macchina da presa. Sarà il figlio di Pomponio, Eolo Cantatore, a raccogliere il testimone del padre, a ereditarne il gusto per il racconto, fatto non più con le parole ma con i suoni e le immagini della nuova arte cinematografica. Intorno a questi due personaggi, in cui paiono fondersi l’etica della convivenza e le ambizioni della modernità, Raffaele Nigro realizza un polittico di straordinaria felicità inventiva e ci regala un romanzo che se da una parte coltiva l’idea della letteratura come utopia della storia, dall’altro restituisce il piacere di una scrittura poematica e coinvolgente, simile a una scorribanda nella fantasia.
dalla bandella di Giuseppe Lupo
Raffaele Nigro (Melfi, 1947) è caporedattore presso la sede Rai della Puglia. Oltre ad alcuni testi teatrali portati in scena dal gruppo Abeliano e da Giorgio Albertazzi, ha pubblicato numerosi romanzi e raccolte di racconti, tra cui I fuochi del Basento (premi Supercampiello e Napoli, 1987), La baronessa dell’Olivento (1991), Ombre sull’Ofanto (premio Grinzane Cavour), Adriatico (1996), Viaggio a Salamanca (2001), Diario mediterraneo (premio Cesare Pavese 2002), Malvarosa (premi Biella, Mondello, Flaiano, Selezione Campiello, 2005), Santa Maria delle Battaglie (premio Acqui Storia 2008) e Fernanda e gli elefanti bianchi di Hemingway (2010). Tra le opere di saggistica ricordiamo Basilicata tra Umanesimo e Barocco (1981), Francesco Berni (1999), Burchiello e burleschi (2003) e Giustiziateli sul campo. Letteratura e banditismo da Robin Hood ai giorni nostri (2006). Per il cinema ha scritto con Sergio Rubini la sceneggiatura del film Il Viaggio della sposa e con Cosimo D. Damato La luna del deserto. I suoi romanzi sono tradotti in molte lingue.
Dio di levante – Raffaele Nigro – Hacca edizioni – Pagine: 416 – Prezzo: 16,00 – ISBN: 978-88-89920-60-2
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