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Ragazze imperfette nelle serie tv: la carica delle toste con quel "neo" che le rende umane (la Repubblica)

Creato il 21 agosto 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
Non sono wonder women ma donne forti, vincenti, anche se non sono perfette. Le nuove eroine della tv si sono conquistate la scena potendo - finalmente - essere se stesse. Cretini al potere, traditori, alcolisti, pieni di nevrosi, agli uomini è stato concesso subito. Detective imperfetti come il nevrotico Monk, il malinconico Wallander, il geniale (ma stropicciatissimo) tenente Colombo, si sono imposti senza problemi. Se per anni le donne - qualsiasi professione facessero - dovevano essere tutte Charlie's Angels con chioma lucente, oggi le protagoniste sono a caccia di verità; rivendicano carriera, successi e fragilità.
I maschi al potere piuttosto corrompono ma non vacillano. Borgen, serie cult danese interpretata da Sidse Babett Knudsen (trasmessa in Italia su LaEffe) racconta l'ascesa al potere di una primo ministro donna che fa i conti con il crollo della famiglia, perché spesso nella vita - al femminile - se funziona il lavoro, il privato va a rotoli. Il premier Birgitte Nyborg è una quarantenne normale e umanissima, che cerca un difficile equilibrio tra la propria ambizione, una figlia che soffre di attacchi di panico, la bilancia, un marito che si sente invisibile e cerca rassicurazioni altrove. Leader dei moderati, la signora Nyborg impara la difficile arte del compromesso, che il gioco della politica prevede con sorrisi finti e accordi indigeribili, ma è una donna e lo rivendica, in tutte le scelte, anche le più dolorose.
Gli sceneggiatori raccontano eroine che vogliono il pane e le rose, capaci, determinate, anche se a volte hanno il frigo vuoto e i cassetti pieni di ansiolitici. In Homeland-Caccia alla spia Claire Danes (prima attrice dimenticata, ora diva consacrata, con tanto di Golden Globe e copertina su Vogue) è un'ufficiale della Cia che soffre di sindrome bipolare: si sottopone volontariamente all'elettroshock, prova a ritirarsi per poi convincersi che parte della sua genialità deriva proprio dal disturbo che l'affligge. L'ex Giulietta di Luhrmann per affrontare il ruolo si è affidata a uno psicologo, ha studiato le testimonianze dei malati. Saggia e risoluta nella vita, quando aveva deciso di mollare il mestiere per mancanza di ruoli, Danes aveva chiesto consigli a Meryl Streep, Susan Sarandon e Jodie Foster che le avevano offerto soluzioni pratiche: "Scegliere le battaglie sul set, arrivare al lavoro partendo da un luogo di amore, restare idratata quando si girano le scene di pianto e non avere paura di chiedere soldi perché se sei una ragazza non te li daranno mai".
Non ha avuto paura la statuaria Diane Kruger che nel telefilm The Bridge è una detective a caccia di killer al confine col Messico. Intuitiva, innamorata del suo lavoro, affetta dalla sindrome di Asperger che le impedisce di provare empatia, è una macchina da guerra. Non si fa toccare, racconta delitti e particolari con gelida professionalità. Non muove un muscolo neanche se deve occuparsi di un caso in cui viene ritrovato il cadavere di donna tagliato in due con la parte superiore che appartiene a una giudice americana e quella inferiore a una ventenne messicana.
Dal suo osservatorio vede la vita da un altro punto di vista, proprio come Nurse Jackie con la strepitosa Edie Falco (già Carmela Soprano), confermata per la sesta stagione, che ha rovesciato il concetto di eroismo nei medical drama. L'infermiera Jackie Peyton del pronto soccorso dell'All Saints Hospital di New York è una fantastica eroina imperfetta. Apparentemente cinica, intrappolata dai problemi familiari e lavorativi, stressata, è empatica e intuitiva: "I medici non curano, fanno solo diagnosi. Siamo noi a curare i malati". Tradisce il marito col farmacista che le fornisce antidolorifici e ansiolitici, capisce al volo chi ha davanti e si sforza di essere tutto - infermiera madre moglie - senza danni collaterali. "Certo che mi farei curare da una come Jackie" sorride l'attrice. "D'altra parte, quante persone conosciamo che nel lavoro sono ineccepibili e poi non sanno gestire la propria vita?". Ormai anche nella fiction la quadratura del cerchio non esiste.
Silvia Fumarola per "la Repubblica"

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