- Stefania Bertola, "Ragazze mancine"
Avevo detto che avrei letto la Bertola e l'ho fatto, non pentendomene affatto. Anzi, la sensazione che ora provo è: perché cavolo non l'ho fatto prima? Questa donna è un genio!
Ho cominciato da questo Ragazze mancine che, mi pare, è il suo ultimo. In giro non è apprezzato al livello dei precedenti, e la cosa mi fa ben sperare: visto che a me è piaciuto un sacco e un po', i prossimi (che a questo punto leggerò tutti) mi faranno cadere in deliquio. E poiché ho sempre voluto capire cosa significasse quest'espressione, "cadere in deliquio", sono doppiamente al settimo cielo.
Ma veniamo al libro, anzi alla sua trama:
Adele ha trentadue anni e non ha mai lavorato un giorno in vita sua. Una mattina si sveglia e scopre che il suo mondo non esiste piú: il marito ha dichiarato fallimento, ha prosciugato i conti in banca ed è scappato con l'amante. Come regalo d'addio le ha lasciato il gigantesco cane della sua nuova fidanzata. Ed è proprio mentre Adele tenta di liberarsene che una ragazza con una bambina in braccio le si fionda in macchina... Inizia cosí il romanzo di Stefania Bertola, con l'incontro-scontro tra due donne che non potrebbero essere piú distanti: una pare uscita da una versione biellese di Beautiful , l'altra è ecocompatibile e spontaneamente zen, generatrice automatica di guai. Costrette dal destino a dividere una casa, alcune insidie, un'accanita nemica e un affascinante bugiardo, ciascuna imparerà dall'altra a ribaltare le proprie certezze. Un romanzo che trabocca di allegria e intelligenza, capace di attraversare i generi per andare spavaldo dove vuole.
Ma diciamo la verità: la trama non ha una grande importanza ai fini di questo libro in particolare (forse negli altri suoi sì, chissà). Parla di due ragazze mancine, a volte naif a volte ciniche, che guardano il mondo da due angolazioni diverse. Una, Adele, non ha mai lavorato, è abituata al lusso e si ritrova improvvisamente povera; l'altra, Eva, vive alla giornata, lavora da sempre, e della ricchezza se ne sbatte perché basta la fortuna.
E la fortuna, si sa, risiede in un medaglione magico... perno di tutta la vicenda.
– ALT! – gli dico, folgorata da una consapevolezza fantastica. – Alt, ti prego non dire «francamente me ne infischio»! Ti prego non dirlo! Perché noi qui, io e te, abbiamo un’occasione unica.[..] Abbiamo la possibilità di vendicare milioni, decine di milioni di spettatori di Via col Vento. Pensaci bene: io ho appena scoperto che amo Rhett e non Ashley, e tu, Rhett, stai per dire che francamente te ne infischi...
Se avete voglia di ridere, passare un piacevole pomeriggio a stupirvi per collegamenti logici strani, godervi un italiano perfetto e innovativo, leggete questo libro, e poi fatemi sapere.