Crescendo, mi ero resa conto di quanto egli fosse diventato importante per me.
Erano forti le emozioni che provavo, a tal punto da rendermi conto che qualsiasi altra azione, lungi dal guardarlo, non mi avrebbe lasciato distogliere lo sguardo.
Era stranamente labile ed intrigante la visione del suo calore su di me, così da percepirlo sulle mie ciglia e, dal momento in cui mi soffermavo a farci caso, le mie palpebre a stento sopportavano il carico di troppo trasporto.
Quando la concentrazione svaniva, ecco che riaffiorava un altro sentimento su uno sguardo differente.
Questa volta, la sensazione si lasciava dondolare dalla liscia e luminosa superficie del tavolo, leggermente mossa dal movimento ansioso di una mano che era intenta a scrivere. Inoltre, gocce d’acqua si lasciavano spiare dall’ involucro verde brillante di una bottiglia, durante una loro armoniosa danza, promuovendo giochi di luce piuttosto simili ma sempre diversi.
Il raggio mutava direzione perchè il mio importante amico che era venuto a tenermi compagnia, ormai stava per andare via, accompagnato da un soffice grigiore dal sapore di una nuvola che gli sussurrava che presto una visita sarebbe giunta.
La prima che l’accolse fu l’asfalto che, risonante e silenziosa, lasciò felicemente baciarsi con un tocco umido che pian piano dal calore volgeva al fresco.
I raggi sempre più lontani mi erano. Lo avvertivo dalla grevità dello sguardo che sulle palpebre più non vi era, lasciando un lieve alone luminoso contorcersi, in cerca di un appiglio tra ogni mia ciglia. Alzando gli occhi dalla pagina non più bianca, tra grate di un balcone a me frontale, il mio amico mi volgeva un saluto.
Il sole stava tramontando, lasciando il posto alla luna.