Rango di Gore Verbinski. Nessuno può tirarsi fuori dalla propria storia

Creato il 07 aprile 2012 da Spaceoddity
Rango (2011) va visto con almeno una bella bottiglia d'acqua fresca sempre a portata di mano. Questo film d'animazione di Gore Verbisnki mi ha dimostrato quanto io sia suggestionabile e dipendente dalle mie sicurezze. È una commedia, ovvio, puoi vederla in famiglia, è anche delle più simpatiche, ma l'esigenza sociale ed ecologica che condivide ha la capacità di colpire l'immaginario del pubblico. Quando l'ho visto al cinema, nell'intervallo gli spettatori si sono precipitati in massa ad acquistare bottigliette d'acqua e gelati. Ma credo avessimo tutti bisogno di qualche risposta diversa.
Rango di Gore Verbinski è attraversato dall'identità del suo protagonista, un camaleonte. Si aggiunga che questa domanda Chi sono io? se la pone un rettile domestico abbandonato nel deserto, fuori dal suo ambiente naturale, la città. Perché è la che Rango crede che stia chi fa spettacolo di sé stesso e del suo cambiar di ruolo e d'abito a seconda di quel che richiede il contesto. Insomma, il deserto non sarà il suo posto, ma è la che si trova e deve cavarsela.
Accompagnato da una versione country del coro greco, una band di quattro cupi e simpaticissimi gufetti, un po' troppo pervasi dallo spirito tragico, il nostro camaleonte vaga nel deserto alla ricerca di acqua e di una città che possa fare da sfondo al suo umore giocherellone e al suo carattere teatralissimo. Tuttavia, anche una sana urbanitas ha il suo ruolo nel west, per esempio quando Rango (che nell'originale ha la voce di Johnny Depp) riesce a sedurre i mostruosi abitanti di Dirt (che significa sporcizia, ma nel film viene tradotta come Polvere), raccontando loro di come abbia ucciso sette malviventi con un solo proiettile. Come dire che un buono ed educato istinto narrativo (Rango si presenta come uno scrittore versatile e attivo) risolve diversi problemi.
Il punto è che la storia del nostro adorabile camaleonte non si esaurisce nelle sue esigenze. C'è un'intera città che ha sete e un mistero sull'acqua che scompare. La banca non ha più liquidità (i giochi di parole e le allusioni a una crisi si sprecano nel film) e la popolazione è in subbuglio. In particolare, la tenera e un po' nevrotica Borlotta (Beans, con la voce di Isla Fischer) ha da mandare avanti la tenuta del padre e ha coraggio da vendere. In particolare, si stagliano su Dirt due enormi nuvoloni, ahinoi, non piovosi: il tartarugone, vecchissimo sindaco (Ned Beatty) e il diabolico serpente Rattlesnake Jake (Bill Nighy).
C'è un complotto, infatti, per privare gli abitanti della città d'acqua, perché chi controlla l'acqua controlla le persone. La questione non consiste tanto nel capire chi abbia ordito questa truffa, ma nel non restarne sopraffatti. Il neoeletto sceriffo sarà in grado di aiutare i cittadini? Sì, ma dovrà prima trovarsi tra le mille immagini che proietta e la ricerca della conoscenza è ricca di asperità, dovrà sconfiggere prima di tutto il proprio immaginario meccanico e barocco: d'altra parte il piccolo camaleonte sa benissimo che nessuno può tirarsi fuori dalla propria storia.
Rango è un film che a tratti offre spunti esistenziali importanti - e forse anche troppo impegnativi - per i piccoli: la solitudine straziante delle proprie fantasie, la necessità di un eroe e il bisogno di riconoscersi in questo ruolo, ma soprattutto il bisogno di credere. Non una fede metafisica e lontana, come in Ortone e il mondo dei Chi, bensì una fiducia concreta e attuale nelle persone che si hanno accanto, nella condivisione di esigenze immediate e di soluzioni comuni. I colori del film tendono a essere naturali e, creature parlanti a parte, ci si dimentica qua e là che si tratta di animazione computerizzata.
Curiosamente, Rango di Gore Verbinski finisce col prendere il pubblico come una storia vera e urgente, al di là di ogni facile ecologismo o di trame politiche delle multinazionali. La retorica del futuro e del passato sarà un po' indigesta per i più piccoli, che rischiano di travisarla. In più, si può anche trovare divertente, ma allontana un po' la dinamica metacinematografica: i personaggi sembrano sempre consapevoli di essere in un film (e un film d'animazione, per di più, trattando la "telecamera" come un touchscreen), il che contribuisce a conferire a Rango una dimensione epica (nel senso brechtiano) e a focalizzare ancor più le dinamiche relazionali e i temi trattati.
Ancora una volta: un film d'animazione non per adulti, ma più che per i bambini.

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