Gli abitanti del mio condominio e delle case immediatamente circostanti sono dei personaggi a metà strada tra il Rocky Horror Picture Show, il miglior Tim Burton e lo Stephen King dei vecchi tempi. Questo, ovviamente, mi costringe a pormi delle domande circa la realtà mia e di Maschio Alfa che – fintanto non siamo venuti ad abitare qui – ho sempre considerato come due personcine piuttosto banali. Ora che siamo contestualizzati in questo palazzo già da un po’, inizio a cambiare la percezione di noi. Ad ogni modo, per carità, siamo circondati da persone estremamente disponibili. Un po’ particolari ma disponibili. Prendete la tipa del piano di sopra, ad esempio. Vive qui da mesi, e – nonostante non l’abbia mai vista in faccia – insieme facciamo uno splendido lavoro di squadra. Guardando me e lei si capisce il significato di “sinergia”. Un esempio su tutti: lei stende il bucato e io glielo ritiro. In realtà, la ragazza ha seri problemi col bucato. Lo stende e poi lo lascia lì notte e giorno finché non ricorda che forse è il caso di raccoglierlo. Solo che spesso succede che – avendolo tenuto lì una settimana – abbia piovuto sui panni che quindi decide di tenere lì fino a primavera. Ciò detto, ritorno al fatto che lei stende i panni e io li raccolgo. Non so quale sia il problema, fatto sta che nel mio balcone piovono mollette, mutande e persino piumoni. La cosa simpatica è che sotto al mio balcone c’è la tettoia del tizio che abita al primo piano e quindi, affacciandosi, si ha panoramica globale di quelli che sono i gusti della famiglia in merito ai colori della biancheria intima, nonché un’idea abbastanza precisa dei giochi che il loro figlioletto non gradisce e lancia di sotto (una volta ha buttato di sotto anche il cellulare del padre). Inizialmente, se il bucato cadeva sulla tettoia di quello del piano di sotto, il marito scendeva a casa mia armato di bastone, usciva in balcone e raccoglieva le sue cose. Se, invece, gli abiti cadevano direttamente sul mio balcone, lo riportavo io ai legittimi proprietari, tanto era una gentilezza che non mi costava nulla. L’ho fatto una volta, due, tre, quattro, cento. Poi ho smesso. Ho smesso perché mi sono resa conto che erano talmente abituati al fatto che salivo io a riportargli le loro cose che ho deciso che era il momento di cambiare atteggiamento. Se le rivuoi, te le vieni a prendere. Io te le raccolgo, le metto da parte, ma tu te le rivieni a riprendere. Neanche a dirlo, tempo due settimane avevo un accappatoio, un pigiamino e un paio di slip in attesa che loro scendessero a recuperarli. Questa mattina, forse preoccupati dal fatto che è un po’ che non mi vedono, hanno deciso di dare il meglio di sé: oltre ad un piccolo accappatoio, ho trovato in balcone una barra di metallo lunga un metro e sessanta. Ringraziamo il cielo che quando è caduta non eravamo fuori. E ringraziamo il cielo anche del fatto che ieri ho portato in casa i due bonsai per paura che le gelate notturne facessero loro male, perché la barra è caduta proprio dove li tengo di solito. Ora, io sono una che per sicurezza non appende i vasi fuori dal balcone e ancoro lo stendibiancheria alla ringhiera. Temo proprio che dovrò andare a fare una chiacchierata con la tipa…
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