‘Rapporto Palmer’ su FF1 e Gaza contestato all’interno, stracciato da Commissione di massimi esperti in Diritti Umani incaricata dall’ONU

Creato il 16 settembre 2011 da Tnepd

È durata il tempo di «una folata di vento» l’illusione dei sionisti che ci fosse un aspetto di legittimità, onestà e credibilità professionale nelle conclusioni a cui è arrivato il «Rapporto Uribe/Palmer» in merito al massacro israeliano della Mavi Marmara del 2010. Il mondo intero – e in particolare il mondo Arabo – si è rivoltato con sdegno e disgusto nell’apprendere che le conclusioni della commissione politica incaricata da Ban Ki Moon per la stesura del rapporto non solo mancavano di condannare esplicitamente Israele per la ferocia del massacro – un atto palesemente criminale – ma si era spinto oltre ogni limite dettato dalla decenza umana nell’attribuire legittimità al blocco di Gaza imposto dal regime ebreo sionista.

Non c’è da stupirsi, quindi, che il ‘rapporto Palmer’ sia stato tempestivamente stracciato e «degradato a spazzatura» due giorni fa, martedì 13 settembre, da parte di una Commissione composta dai 5 massimi esperti in materia di Diritti dell’Uomo incaricati dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite di fornire un rapporto sugli effetti del blocco di Gaza imposto dal cosiddetto stato ebraico di Israele.

Come riporta l’agenzia Reuters, questa commissione di cinque esperti realmente competenti, ha riferito due giorni fa al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU in Ginevra che il blocco di Gaza rappresenta una punizione collettiva degli abitanti di Gaza «in flagrante contravvenzione dei Diritti dell’Uomo e delle convenzioni umanitarie internazionali», rigettando unanimemente le conclusioni sbilanciate del ‘rapporto Uribe/Palmer’ del 2 settembre, secondo cui il blocco di Gaza imposto da Israele sarebbe legittimo e legale.

Ricordiamo che il ‘rapporto Uribe/Palmer’ sull’attacco alla nave turca Mavi Marmara diretta a Gaza, in cui i commandos israeliani uccisero 9 attivisti umanitari a bordo, dichiarava che «le forze israeliane non avevano violato le leggi internazionali» pur impiegando «forza eccessiva», e imputava la responsabilità del massacro tanto agli attivisti della Freedom Flotilla che agli israeliani.

In una dichiarazione congiunta, i cinque esperti in Diritti dell’Uomo hanno dichiarato che: «Nel pronunciarsi sulla “legalità” del blocco navale di Gaza, il ‘Rapporto Palmer’ non riconosce che l’assedio di Gaza abbia provocato un impatto devastante sui diritti umani della popolazione civile, privando 1,6 milioni di Palestinesi dei propri diritti fondamentali e della propria dignità».

Uno dei cinque esperti della Commissione incaricata dal CDU dell’ONU, Olivier de Schutter, Relatore Speciale presso l’ONU per il Diritto di Accesso al Cibo, ha fatto rilevare che nella Striscia di Gaza un terzo del terreno arabile e l’85% delle acque praticabili per la pesca sono del tutto o parzialmente inaccessibili a causa del blocco imposto da Israele.


Gli altri esperti della Commissione dei cinque erano i Relatori Speciali presso l’ONU rispettivamente per la Salute Fisica e Mentale, per la Povertà Estrema, per i Diritti dell’Uomo, e per l’Accesso all’Acqua Potabile.
Sicuramente mai nessuna commissione di indagine sui diritti di un gruppo oppresso è stata composta da esperti più autorevoli.

Richard Falk, il Relatore Speciale presso l’ONU per i diritti umani nei territori occupati della Palestina e membro del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, ha spiegato che le conclusioni del Rapporto Uribe/Palmer «erano politicamente motivate, aventi lo scopo di favorire la riconciliazione tra Turchia e Israele. È davvero deplorevole che in un rapporto su aspetti legali la politica debba scalzare la Legge».

Se una riconciliazione tra Israele e Turchia doveva essere l’obiettivo di un tentativo tanto maldestro, il gruppo di quattro che ha steso il ‘rapporto Palmer’, ha totalmente mancato la mira perché immediatamente il premier turco Erdogan ha dichiarato che «d’ora in poi ogni spedizione umanitaria via mare diretta a Gaza sarà scortata da una FLOTTA MILITARE turca per garantire l’arrivo sicuro delle navi a destinazione». Erdogan aggiungeva che la Turchia si sarebbe impegnata inoltre affinché nel Mediterraneo orientale vigesse il diritto alla libera navigazione per tutti – che tradotto in termini pratici significa l’impegno a vigilare sul diritto delle navi dirette a Gaza di salpare dai porti del Mediterraneo e arrivare in Gaza senza essere fermate in partenza o dirottate verso Israele. Si impegnava inoltre Erdogan di predisporre controlli efficaci per sventare i piani annunciati da Israele di accedere illegalmente alle riserve di petrolio al largo del Libano – un piano denunciato il mese scorso dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, mettendo in luce il totale disprezzo del regime sionista per la sovranità dei popoli del mondo. Ricordiamo che già in tempi recenti una FFM – Fact Finding Commission – era stata incaricata dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu a indagare sul massacro della Mavi Marmara. I membri della Commissione erano tutti esperti in Diritti Umani e giuristi in Diritto Internazionale di diverse etnie e nazionalità, e sono stati assistiti da specialisti in: patologia fornese, questioni legali militari e dell’uso di armi, leggi marittime, e convenzioni internazionali per i diritti umani e i diritti dei prigionieri. La conclusione di tale Commissione imputava esclusivamente ad Israele la responsabilità del massacro e concludeva che il blocco di Gaza imposto da Israele, che non ha precedenti della storia umana, violava il Diritto Internazionale – come è ovvio agli occhi del mondo intero.

Per contro, la commissione incaricata da Ban Ki Moon, che ha steso il cosiddetto ‘rapporto Palmer’ era composta da elementi provenienti soprattutto dal mondo della politica. L’ex premier della Nuova Zelanda, Geoffrey Palmer, noto per le forti simpatie sioniste, era il presidente della commissione; Alvaro Uribe, vice-presidente della commissione è l’ex presidente della Colombia, noto per il suo collaborazionismo con gli USA nel proteggere gli interessi regionali americani riguardo all’accesso al petrolio e alla produzione di cocaina. Gli altri due componenti erano il rappresentante per la Turchia, e cioè l’ex ambasciatore turco Süleyman Özdem Sanberk – in aperto disaccordo con il resto della commissione [v. in basso], e il rappresentante per Israele, Joseph Ciechanover Itzar

Il ‘rapporto Palmer’ – un vantaggio per Israele o un danno?

Ricordiamo che l’esito del rapporto dei quattro esponenti del mondo politico era originariamente atteso per il mese di febbraio 2011, ma è stato rinviato a varie riprese. Viene il sospetto che l’esito fosse strumentalizzato per essere ufficializzato in un momento di importanza strategica per gli interessi di Israele.

Eppure, vediamo cosa è successo dal momento in cui gli esiti del ‘rapporto Palmer/Uribe’ commissionato da Ban Ki Moon sono stati resi noti al mondo.

  • La Turchia ha espulso l’ambasciatore israeliano e annuncia l’impegno a proteggere il Mediterraneo dalla predazione dei sionisti in merito a navi dirette a Gaza e petrolio di altri paesi, mediante l’impiego di forze della Marina Militare Turca.
  • Il popolo Egiziano ha mandato in fuga l’ambasciatore israeliano in Cairo, dopo avere abbattuto il muro di cinta costruito di recente intorno all’ambasciata israeliana e avere invaso gli uffici israeliani nel compound diplomatico.
  • Ieri notte Israele ha dovuto evacuare di urgenza l’ambasciatore e il personale diplomatico israeliano dalla Giordania, perché le cose si stavano mettendo male in Amman. Il giorno prima infatti il popolo Giordano infuriato manifestava di fronte all£ambasciata americana, bruciava le bandiere USA/israeliane e annunciava per il giorno dopo «la marcia dei milioni» sull£ambasciata israeliana per espellere l’ambasciatore e chiedere la fine dei rapporti diplomatici con il regime sionista.
La mossa discutibile di Ban Ki Moon nel nominare una commissione di politici per determinare le responsabilità giuridiche di un atto di manifesta pirateria di mare commesso da Israele, si è rivelata contro-producente per gli interessi del regime sionista. Sono cose che succedono quando le strategie politiche sono motivate dall£inganno, dalla falsità, dall’ingordigia, e in questo caso anche dalla presunzione di conferire legittimità ad un aggressore considerato un paria agli occhi del mondo intero. La mossa di Ban Ki Moon evidenzia connotati talmente dilettanteschi, da insinuare il dubbio che il politicamente impotente capo dell’ONU abbia fatto questa scelta di proposito, per secondi fini votati al fallimento della commissione incaricata. Perché alla fine l’intera manovra si è rivelata un flop colossale per gli interessi di Israele, che rimane il solo e indiscusso imputato nel Tribunale degli Uomini, e scivola ulteriormente verso l’isolamento sulla scena della comunità internazionale.

Sappiamo che l’ONU e il suo Segretario Generale sono sotto costante ricatto da parte di Washington, che in previsione del voto per il riconoscimento della Palestina minaccia la sospensione del finanziamento USA dell’Istituzione, che corrisponde ad un terzo dell’intero budget dell’ONU, sbilanciando le attività e decisioni dell’Onu in favore degli USA e del suo protetto, il regime sionista di Israele: aspetto controverso e alquanto criticato, che in molti hanno in progetto di correggere, per evidenti questioni di conflitto di interesse. Se Ban Ki Moon volesse agire in opposizione agli interessi di USA/Israele, dovrebbe ricorrere a vie traverse e tortuose.

Un membro della ‘commissione Palmer’ si dissocia

La commissione dei quattro capeggiata dal filo-sionista Palmer si è rivelata un castello di carte talmente fragile e improponibile, che perfino uno dei suoi componenti – l’incaricato della Turchia – si è sentito in dovere di prendere le distanze dall£esito ufficiale della cosiddetta “inchiesta”. Infatti a conclusione del documento – nell’ultima pagina del rapporto (pag. 105) è pubblicata l’obiezione dell’ex ambasciatore turco Sanberk, rappresentante per la Turchia nella conduzione dell’inchiesta e stesura del rapporto. Dichiara Sandberk nel documento:

«Con la presente faccio registrare il mio disaccordo con la Presidenza (della commissione) in merito ai seguenti aspetti contenuti nel rapporto:

  • La questione della legalità del blocco imposto a Gaza da Israele;
  • Le azioni della Flotilla;
  • I blocchi navali in generale;
  • Appendice: I princìpi legali internazionali applicabili.
Le ragioni del dissenso circostanziato di Sanberk relativo ad ognuna delle voci elencate viene brevemente illustrato nel documento e termina con la dichiarazione che Sanberk rigetta e si dissocia dalle conclusioni contenute nei paragrafi contestati. La breve esposizione delle ragioni sarà tradotta per la Parte 2 di questo post che seguirà a breve, insieme all’intervista pertinente di un esperto. Comunque è disponibile in inglese a questo link. … continua …

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