Nella suggestiva cornice di Campo de’ Fiori, la rassegna “Il cinema argentino festeggia i 150 anni d’Italia” ha attratto al Farnese i numerosissimi amanti della cultura di questa nazione dal nome ispirato ai riflessi argentei del Rio de la Plata, che peraltro, l’anno scorso, si è aggiudicata L’Oscar per il miglior film straniero con il malinconico noir Il segreto dei suoi occhi (2009).
Organizzato dall’Ambasciata della Repubblica Argentina e dall’INCAA in collaborazione con il RIFF Rome Independent Film Festival, l’evento cinematografico ha presentato dal 31 maggio al 4 giugno alcuni biopic celebrativi dei protagonisti storici di questo Paese come Belgrano (2010) di Sebastiàn Pivotto ed Eva Peròn (1996) di Juan Carlos Desanzo, ma anche pellicole sorprendentemente intriganti come La mirada invisible (2010) di Diego Lerman, già proiettata a Cannes nella Quinzaine des Realisateurs, e El hombre de al lado (2009) di Mariano Cohon e Gastòn Duprat, premiato per la fotografia al Sundance Film Festival.
Il film d’apertura è un ritratto non molto convincente dell’eroe indipendentista Manuel Belgrano, di cui si mostrano con maggiore insistenza le rinunce alla vita privata, al matrimonio e alla paternità, piuttosto che le importanti vittorie riportate nel 1813 contro la dominazione spagnola, in modo che la battaglia di questo padre fondatore dell’Argentina, con i personali sensi di colpa, sembra addirittura più aspra di quella sul campo. Non riesce a commuovere lo spettatore neanche l’opera che il regista Desanzo ha dedicato all’attraente e combattiva moglie del presidente Juan Domingo Peròn, con una sceneggiatura prolissa e un po’ troppo sbilanciata su quella malattia che ostacolò inesorabilmente l’azione politica della donna tanto amata e chiamata dal popolo argentino “Evita”.
Di notevole maestria tecnica e narrativa, invece, La mirada invisible, che con i suoi colori freddi e desaturati cattura saldamente lo sguardo e trascina nelle dolorose contraddizioni di chi ha vissuto il periodo più triste della storia argentina. Il film è ambientato a Buenos Aires nel 1982, ultimo anno di quella dittatura militare che si macchiò della scomparsa di trentamila persone con lo scopo di eliminare qualunque forma di dissidenza nel paese. Giovane sorvegliante di un rigido collegio, Marita (Julieta Zylberberg), che con la sua figura magra e impeccabile e il suo volto pallido e austero ricorda molto La pianista (2001) di Michael Haneke, convive con la madre e con la nonna, conducendo un’esistenza repressa e nutrendo segrete pulsioni voyeuristiche sul luogo di lavoro. All’assenza della figura paterna, forse causata dalla repressione politica, si contrappone l’invadenza sempre più assillante del capo dei bidelli Biasutto (Osmar Nunez), il quale sembra avere trascorsi di connivenza con i crimini del regime, fino ad un epilogo di violenza e di vendetta personale, cui fa sapientemente eco soltanto nel sonoro la ribellione montante del popolo.
La rassegna si è chiusa in bellezza con una commedia noir ambientata ai giorni nostri nel quartiere di Buenos Aires, laddove sorge una casa firmata da Le Corbusier, ricercata da turisti e appassionati di architettura. Un giorno, nella vita del proprietario Leonardo (Rafael Spregelburd) irrompe El hombre de al lado, ossia l’uomo della porta accanto, con le fattezze del nerboruto ed arrogante Victor (Daniel Aràoz), deciso a sfondare illegalmente una parete della propria casa per guadagnare un affaccio sulla zona giorno dell’elegante edificio. In questo Nero bifamiliare (2007) di produzione argentina si instaura così un estenuante gioco di forza fra i due vicini che, fra rumori molesti, subdoli regali, minacce e ipocrisie, diverte e fa riflettere il pubblico fino a ribaltare piano piano il parere che ci si può fare della vicenda.
Lucilla Colonna