«Star Academy» Sanremo anni 80
(A fili di rete di Aldo Grasso – Corriere della Sera) Sulle ceneri di «X Factor» è rinato «Star Academy» (Rai2, 21.05). È vero che si trattava della prima puntata, che la gara non è ancora entrata nel vivo, che bisogna concedere al programma il tempo di crescere, ma la prima impressione è che la Rai abbia ceduto alla concorrenza un buon format e una produzione di livello per realizzare una versione povera, con tutti i difetti dei varietà targati Rai. In realtà, «Star Academy » non è neanche una novità, ma riporta in vita uno dei primi talent sbarcati nei palinsesti italiani, quell’Operazione trionfo in cui Miguel Bosè aveva sparso lacrime a profusione, consegnandosi all’imitazione della Gialappa’s. Liquidando «X Factor», la Rai aveva annunciato l’intenzione di dar vita a una produzione meno dispendiosa, per andare incontro a tagli al budget. In effetti, in «Star Academy», il risparmio c’è e non tanto in termini economici. È un risparmio di idee nella selezione degli ospiti (in un tripudio di autoreferenzialità, c’è anche il «figlio» di «X Factor» Marco Mengoni). Un risparmio di creatività nella selezione delle canzoni, tutte molto meno ricercate e intriganti rispetto all’antecedente. Il meccanismo della gara è complesso e dispersivo, ma in fondo poco importa, c’è sempre spazio per il dispiegarsi della retorica del talent show, c’è sempre tempo per i concorrenti di compiere il famigerato «percorso». Il clima complessivo dà un po’ l’impressione di un Sanremo anni Ottanta (Ron e Mietta!), i giudici votano con un telecomando che ricorda i primi esperimenti di interazione televisiva, i balletti sono kitsch al punto giusto, e senza le tutele di Magnolia, Francesco Facchinetti sembra aver perso gran parte del suo smalto. Ma il problema principale di «Star Academy» sono i quattro giudici, che rappresentano sempre l’ingrediente fondamentale per garantire il successo di un talent show. Nicola Savino, Lorella Cuccarini, Roy Paci e una spaesata Ornella Vanoni non mostrano mai abbastanza personalità per dare spessore al programma.
Non è facile cantare al posto di Santoro
(Cose di tele di Alessandra Comazzi – La Stampa) Là dove c’era Santoro, ora c’è un talent show. Su Raidue ha debuttato «Star Academy», condotto da Francesco Facchinetti, come lo era «X Factor» approdato su Sky. Tra i due programmi c’è una sostanziale differenza: i giurati, Cuccarini, Savino, Roy Paci e Vanoni non hanno una squadra loro, ma giudicano e basta. A proposito di trasmissioni-clone, pure questa proprio originale non è. Però: e quando su Rai e su Mediaset andavano in onda due Padri Pii, due Papi Giovanni, due Wojtyla? Trovare qualcosa di originale sarebbe bello, ma i programmi fotocopia non ci scandalizzano più. E’ così, si segue il filone e la corrente. Facchinetti descrive i giurati «cool, simpatici, cinici e cattivelli», e la Vanoni lo rimbrotta subito: «Non devi dire cinici, caso mai crudeli. Ti regalo un Devoto Oli». E lui: «Ce l’ho a casa, ho fatto il classico». Dice pure, a un certo punto: «Melius abundare quam deficere». E’ un conduttore funzionale, forse non sorprendente, ma rassicurante nel continuo richiamo all’energia, per esempio. I ragazzi cantano bene, la scenografia suggestiva. Il nuovo direttore di Raidue, Pasquale D’Alessandro, sicuramente sapeva quello che faceva quando ha deciso di collocare «Star Academy» di giovedì. Sapeva di sostituire un punto di forza vero con un consueto talent, «e non stancatevi di televotare». Ma si deve un po’ fare di necessità virtù.
A Star Academy manca l’X Factor
(di Laura Rio – Il Giornale) Viene fin troppo facile ricamarci su: Star Academy non ha l’X Factor! Però, vista la brutta performance della serata d’esordio, non si può concludere altro: Raidue ha provato a sostituire il talent emigrato su Sky con un format simile (che è anche l’originale), ma non ha proprio funzionato. L’altro ieri il talent prodotto da Endemol è sprofondato al 6,4 per cento di share con solo un milione 352mila spettatori, molto pochi per un prime time del secondo canale. Per fortuna, a risollevare le difficili sorti della Rai, ci ha pensato il miracoloso Don Matteo. Nonostante sia arrivato all’ottava stagione, il prete detective continua a piacere moltissimo al pubblico italiano, soprattutto alle famiglie con bambini e agli anziani. La fiction di Raiuno (unica finora a tenere tra le serie) ha raccolto ben 7 milioni 165mila spettatori nel primo episodio (share del 26,05%) e 6 milioni 450mila nel secondo (share del 28,29%). Insomma, nella pazza serata di giovedì, Raiuno è tornata a essere – dopo un’infilzata di risultati negativi – la rete ammiraglia e luminosa, tanto da attirare praticamente un terzo della platea televisiva. Invece il comparto musicale ha stonato sugli altri canali. Non solo su Raidue, ma anche su Canale 5: Io canto è sceso al 16,3 con tre milioni 668mila spettatori, tre punti in meno della scorsa settimana e molti meno delle precedenti edizioni. Insomma, ormai sono pochi i programmi della tv generalista di sicuro appeal sul pubblico che ha imparato ad andare a cercarsi trasmissioni più gradite sui canali tematici. Ma torniamo a Star Academy. Non dimenticando il fatto che, al giovedì, là dove c’era Santoro (media del venti per cento di share), ora c’è un programma che fa un quarto degli ascolti, anche il paragone più corretto con lo show che ha sostituito resta impietoso: X Factor l’anno scorso alla prima puntata è arrivato al 17 per cento e la media stagionale è stata dell’11,4, anche se giova ricordare che il debutto assoluto di X Factor nel 2008 fece poco più del 9 per cento. Certo, Star Academy è solo al primo passo, magari avrà il tempo di recuperare (sempre che non venga subito cancellato), però la strada è impervia: lo show è apparso pasticciato soprattutto per la formula scelta dei concorrenti tutti insieme sul palco. Pure il conduttore Facchinetti non era in gran forma e anche la giuria sembrava smorta. Cose cui si può porre rimedio: bisogna dare il tempo al pubblico di conoscere i concorrenti. Ma la domanda è una: perché la Rai ha lasciato andar via uno show che piaceva ai ragazzi e reggeva gli ascolti, per mettercene uno praticamente identico, con lo stesso conduttore, nello stesso studio, ma che fa la metà di audience? Perché – a suo tempo motivarono la scelta i dirigenti – X Factor costava troppo. Ora lo show prodotto da Magnolia debutterà su Skyuno: il 20 ottobre, di giovedì, proprio nella stessa serata del talent di Raidue, con la supergiuria Ventura-Arisa-Elio-Morgan. Chissà se là, sul satellite, la forte spesa sarà ricompensata. Intanto ci si domanda anche se sia stata giusta la scelta tra Star Academy e The Voice: per molte settimane i due talent sono stati in ballottaggio, poi si è deciso per il primo (che costa poco) con l’idea di mandare in onda il secondo (prodotto dalla società Toro, creata da ex autori della Endemol) a primavera. E c’è chi, furbescamente, ieri ha fatto uscire delle agenzie di stampa che raccontano i risultati strabilianti del format all’estero: in Olanda sta superando il 60 per cento di share, in Messico il 50 e in Bulgaria il 53. Insomma, non è automatico che in Italia avrebbe ottenuto gli stessi eclatanti risultati (i mercati televisivi sono totalmente diversi dal nostro), però una riflessione andrebbe fatta. Intanto stiamo a vedere che fine farà Star Academy.
Star Academy, la brutta copia di X Factor
(La Tele Dipendente di Stefania Carini – Europa) Show senza identità Pareva di aver di fronte a un mix tra Sanremo Giovani, Ti lascio una canzone, Festivalbar, e non certo un moderno talent show. Che per giunta avrebbe dovuto prendere il posto di XFactor, troppo caro e non abbastanza forte come ascolti per la Rai, nonostante sia un brand riconoscibile e amato. Così si è ripiegato sulla butta copia, pure noiosa, e chissà se costata di meno. Ha fatto circa il 6% di share. Di certo, la differenza qualitativa è abnorme. Perché non basta il palco, il conduttore, i giudici, i tutor, il televoto. Non bastano cioè gli elementi chiave di altri talent per creare uno show con una sua identità. Non bastano, se rimangono parole vuote e non viene costruita alcuna partitura narrativa.
Facchinetti smarrito Non rinchiuso nei tempi rigidi del format, che ha le sue pause, i suoi lanci, i suoi refrain, Facchinetti pareva qua e là smarrito. E lo eravamo pure noi spettatori. Non solo perché visivamente Star Academy è lontano dagli standard cui eravamo abituati, e lo si vede dalle clip di presentazione, dalla scenografia, dai numeri musicali. Ma anche perché i presunti talenti venivano buttati sul palco a cantare senza che si creasse alcun filo conduttore. Non sono chiari la scansione dello show e il meccanismo della gara. Non sono chiari nel senso che non è forte e tangibile il percorso dei concorrenti. E così diventa difficile costruire un racconto. Ogni talent è anche racconto, è la prova della vita che ti permette, se superata, di accedere a un nuovo mondo, realizzando il tuo sogno. Ieri di tutto questo non c’era traccia, e tutto si perdeva, confusamente.
Servono gli sceneggiatori Era tutto così Rai buonista, manco un po’ di trash che piace. La Cuccarini non riusciva nemmeno a far due critiche che Facchineti si risentiva. Ma se non c’è confronto, a che servono i giudici? Savino faceva “straordinarie” battute («Alcuni saranno Star Academy altri star… anno a casa»), Roy Paci non pervenuto, Vanoni è pronta al botto verbale, basta darle tempo. Poi c’erano i tutor, anche detti i ripescati: Ron, Mietta, Syria, Grignani. Non si capisce il loro ruolo, sono dei vaghi aiutanti che qua è là dicono la loro. Ma non troppo, perché Facchinetti deve presentare, muoversi, lanciare il televoto.Tutto questo affanno pare voler riempire un vuoto, di idee e contenuti. Così come la sequela di ospiti importanti, già pronti a benedire ragazzi mai visti prima. L’incontro tra aspirante musicista e big è un classico momento da talent, una punteggiatura magica nel racconto della scalata al successo, che però dovrebbe avvenire più in là nella trama. Adesso suona falso, non emoziona. Anche per fare un buon talent ci vogliono bravi sceneggiatori.
Flop di Star Academy. Segnale per chi fa tv
(di Mirella Poggialini – La Stampa) Il confronto, comunque la si pensi, è impietoso: giovedì 9 giugno Raidue in prima serata batte tutti, raccogliendo con Annozero 8.389.000 telespettatori, share del 32,29%; giovedì 29 settembre col talent show Star Academy, nella stessa fascia oraria, raccoglie 1.352.000 spettatori, pari al 6.41% (quasi la metà della media di rete). Una differenza negativa di quasi 26 punti di share e 7 milioni di spettatori. Un segno che non è politico, in senso stretto. E che, per essere capito fino in fondo, va letto allargando il ragionamento anche alla performance di giovedì sera di Raiuno. L’ammiraglia Rai, infatti, dopo giorni di crisi, ha stravinto grazie a Don Matteo, che ha ottenuto nel primo episodio 7.165.000 spettatori (share 26.05%) e nel secondo 6.450.000 (share 28.29%). Che Santoro e Don Matteo siano programmi molto diversi è un dato che non sfugge a nessuno, ma una cosa li unisce: entrambi hanno tratti precisi e riconoscibilissimi che li fanno arrivare (con modi, toni ed esiti diversi) ad un grande pubblico. Ciò che sta andando in crisi in questa stagione non è tanto la televisione nel suo complesso e nemmeno programmi «di destra» o «di sinistra». No, se crisi c’è (e c’è), riguarda – almeno per ora – i programmi ibridi. Per esempio, certe fiction di Raiuno che spingono troppo l’acceleratore su temi e situazioni forti (e quindi vengono bocciate dalla platea tradizionale della rete) e soprattutto i tanti, troppi programmi fotocopia. Star Academy, per restare al mega flop dell’altra sera, non è un brutto programma. Per usare un ossimoro, è una novità del passato. Cioè qualcosa di visto e stravisto. Quindi, in definitiva, è ben più che brutto: è inutile ripetizione di cose già viste. Il messaggio che il pubblico ha mandato giovedì a chi fa tv è inequivocabile: il trucco di riproporre un format già andato male su Italia 1 col nome di Operazione trionfo, dandogli un’aggiustatina e un nome diverso, non funziona più. Di cloni, programmi fotocopie e show senza idee non se ne può più. Dopo anni di passività la platea tv è diventata più attiva. Sceglie di più. E il risultato è – per stare alla Rai – che il martedì vince Ballarò, don Matteo batte storie «più moderne» e «torbide» e lo spazio che una volta era di Serena Dandini fa ascolti in ribasso. Parla con me non era certo un capolavoro, ma aveva il suo pubblico. Il quale, rimasto «orfano», non si accontenta di ciò che c’è su Raitre, ma sceglie. Anche di spegnere la tv o di guardare La7. In questo senso il flop di Star Academy, ma anche quello dei giorni scorsi di Raiuno e di una certa fascia oraria di Raitre (che sta danneggiando Tg3 Linea notte) sono un segnale molto esplicito. Come ricordava nei giorni scorsi Luca Bernabei della Lux (che produce tra l’altro Don Matteo) proprio sulle pagine di Avvenire: è la famiglia la salvezza della vera tv. In un mondo televisivo dove tutti cercano fasce sempre più ristrette di pubblico, la Rai deve cercare di unire, puntando sempre e solo sulla qualità.
Flop Academy, quanto ci costi?
(di Piero Degli Antoni – Quotidiano Nazionale) PRENDI UNO paghi tre. Potrebbe essere questo lo slogan di Raidue per la nuova prima serata del giovedì. A volte le circostanze sono tutto. Anche senza voler essere maliziosi, impossibile non notare che il posto che fu di Michele Santoro è stato occupato da Francesco Facchinetti e dal suo “Star Academy”, una specie di versione economica di “X Factor”. Ovviamente non si può paragonare una trasmissione di approfondimento giornalistico con un talent show, ma insomma il parallelo è inevitabile. E il parallelo dice che la prima puntata di Santoro, l’anno scorso, venne seguita dal 19% del pubblico, quella di “Star Academy”, l’altra sera, dal 6% (1,3 milioni di spettatori contro 5). Una perdita secca non solo di spettatori, ma anche – presumibilmente – di denaro: meno pubblico, meno spot venduti. Invece no.
CONSULTANDO i listini ufficali della Sipra si scopre l’incredibile: e cioè che uno spot di 30 secondi inserito all’interno di “Star Academy” è costato all’inserzionista quanto uno di “Annozero”. Per “Star Aacademy” la Rai ha chiesto dai 63 ai 68 mila euro per i primi due break, per scendere poi a 61mila e 49 per quelli in onda nel terzo e quarto. E Santoro? Nella stagione scorsa “Annozero” veniva venduto per ogni spot da 68 a 71mila nel primo intervallo e da 62 a 64mila nel secondo. Come è possibile che uno spot dentro un programma che fa un terzo degli ascolti costi come uno che ne fa il triplo? Prendi uno e paghi tre. Abbiamo chiesto lumi direttamente alla Sipra ma la risposta, dopo una lunga attesa, è stata: «No comment». Poiché chi investe in pubblicità non è stolto e paga salato, si può immaginare a questo punto che il costo degli spot dentro “Star Academy” siano stati fissati in teoria a un certo prezzo ma poi venduti a molto, molto meno, o addirittura venduti per niente. L’importante, diciamo così, era dimostrare che la Rai non perdeva denaro dall’uscita di Santoro. Almeno a preventivo, perché a consuntivo le perdite emergeranno eccome.
«IL COSTO della politica comincia a diventare eccessivo per la Rai», osserva Francesco Siliato, docente di Comunicazione al Politecnico di Milano. «Non si paga più per l’informazione ma per la propaganda. Con questi conti la Rai ha perso 64milioni di euro nei primi 6 mesi del 2011 rispetto all’anno precedente». Secondo Siliato, che ha condotto un’analisi accurata in un articolo su “Europa”, gran parte della colpa – per ora – è da addebitare al calo di ascolti del Tg1. Il listino della Sipra vende oggi uno spot a ridosso del notiziario quanto lo vendeva un anno fa, cioè 118mila contro 115mila euro. Ma oggi c’è un milione di persone in meno. Risultato: mentre un anno fa il break alla fine del Tg1 contava 7 inserzionisti, oggi ne annovera solo 4. La Sipra perde quindi, solo qui, 354mila euro al giorno. E ancora nessuno ha calcolato quanto le verrà a costare l’uscita di Santoro.
NEL FRATTEMPO Mara Maionchi, ex giudice di “X Factor”, bolla senza pietà l’ennesimo talent show: «La gente si è stufata» (in realtà usa termini più espliciti), «almeno ad “Amici”, dove sono andata io, si racconta una storia. A “Star Academy”, al contrario, arriva un ragazzo, canta, ed esce. Forse bisognerebbe abolire l’Auditel». Come la Sipra, anche Facchinetti preferisce non commentare il flop. La Rai fa soltanto notare che rispetto a “X Factor” «“Star Academy” costa la metà». Se non lo facessero proprio, costerebbe ancora meno.
RASSEGNA STAMPA/ Esordio flop per “Star Academy”. La musica non batte più sul 2?
Creato il 01 ottobre 2011 da IltelevisionarioPotrebbero interessarti anche :
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