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Rassegna stampa: le ipnotiche Storie maledette e l’enfasi di Franca Leosini

Creato il 24 gennaio 2016 da Iltelevisionario
Rassegna stampa Storie maledetteRassegna stampa di Storie maledette

Il primo dei tre appuntamenti della quindicesima edizione di Storie maledette, lo storico programma di Rai3 condotto da Franca Leosini, è stato seguito da 1 milione 459 mila spettatori, pari al 5.32% di share. Da quest’anno Storie maledette ha conquistato finalmente la prima serata. Nel primo appuntamento Franca Leosini ha raccontato il giallo di Perugia, uno dei più coinvolgenti e tormentati della cronaca giudiziaria italiana degli ultimi dieci anni, intervistando in esclusiva Rudy Guede, l’unico colpevole, secondo la legge, in concorso con ignoti, dell’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher.

Per il critico di Repubblica, Antonio Dipollina, Storie maledette è ipnotico:

NON li fermerà comunque nessuno quelli – criminologi e compagnia – dei delitti rielaborati in tv in decine di puntate-parodia del processo. Ma si avverte quanto possano soffrire i consensi che raccoglie Franca Leosini ora tornata con le sue Storie Maledette: ma attenzione siamo in prima serata, Raitre il giovedì, il lungo colloquio con l’accusato in unica soluzione, rimanere ipnotizzati per due ore è un attimo. È partita con Rudi Guede e il delitto di Perugia, a un certo punto è emerso chiaramente come il delitto richiamasse la celebre definizione di Formica sulla politica. Altro non è, la Leosini ha studiato il caso ricavandone almeno venti punti nodali: e li passa uno per uno. Alla fine sai tutto tranne la verità, per quella si stanno attrezzando, da otto anni, giudici ed esperti. Un giorno, chissà. Ma l’ipnosi è totale. E chissà quanto paga davvero la prima serata, rispetto ai tempi in cui ci si ritrovava il sabato notte e si era tra di noi.

Per Aldo Grasso è un miracolo della tv: infatti, come scrive nella sua rubrica A fil di rete sul Corriere della Sera, la prosa modesta, la sociologia d’accatto e l’enfasi retorica di Franca Leosini diventano una sorta di piacere proibito:

Amanda Knox vien definita «una ragazza di esplosiva, di ustionante sessualità»; Raffaele Sollecito «un ragazzo di quieta eleganza», ma quando si tratta di Rudy Guede (condannato a 16 anni per concorso in omicidio) i toni si fanno più comprensivi: «c’è sempre un giorno che segna il destino del futuro colpevole», «una lacrima gli graffiava il viso» (lacrime scorticanti!), «lei non è nato ricco perché la cicogna è un animale sbadato», «in quell’inferno di sangue, come ricorda la scena?», e poi un capolavoro di eufemismo a proposito di un rapporto sessuale non completo fra Rudy e la vittima: «Quel dito birichino aveva avuto ragione di essere». Franca Leosini legge, legge tutto quanto, dall’inizio alla fine. È letteratura modesta la sua che sulla pagina scritta non reggerebbe, anche se lei sostiene il contrario: «Ogni storia che costruisco è un romanzo che faccio». Ma ecco i miracoli della tv: quella prosa modesta, la sociologia d’accatto (dopo dieci minuti si capisce che la colpa è sempre e solo del contesto sociale), l’enfasi retorica consacrata fatalmente alla vittima, il look démodé, la cofana in testa diventano subito guilty pleasure, una sorta di piacere proibito rafforzato dai luoghi comuni internettiani: maestra di giornalismo, icona gay, fashion icon, siamo tutti leosiners. Si raccolgono le sue frasi cult, si organizzano gruppi d’ascolto: «Non c’è tassista – dice lei – che non mi dica di essere mio fan. Persino il verduraio ha affisso una mia foto autografata».Certo, programmi così si prestanoalla doppia lettura, come già riferito: ci sono gli appassionati di cronaca nera e ci sono quelli che amano la raffinatezza del cattivo gusto. Si chiama «sensibilità camp»: godere delle cose senza giudicarle. Qualcuno sostiene che la Leosini sia sempre dalla parte della vittima, per questo i condannati si rivolgono a lei. Forse non è così, ma nella nostra tv c’è molta più attenzione ai colpevoli che alle vittime.


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