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#rassegnastampa Delude pubblico e critica la fiction sulla storica conquista del K2: “Resa piccola un’impresa”

Creato il 21 marzo 2013 da Iltelevisionario

rassegna stampa K2 la montagna degli italianiRassegna stampa dedicata alla miniserie di Rai1 K2: la montagna degli Italiani, trasmessa lunedì e martedì, che non ha avuto un risultato brillante dal punto di vista degli ascolti. Infatti le due puntate sono state seguite da una media di 4 milioni 688 mila telespettatori, pari al 16.67% di share. La fiction è stata duramente contestata da tre personaggi autorevoli come Reinhold Messner, Rossana Podestà (compagna di Walter Bonatti) e Luigi Zanzi (uno dei tre saggi della relazione del 2004 del CAI Club Alpino Italiano che “indagò” sui lati oscuri della spedizione) che, in un comunicato congiunto, hanno affermato che è stata resa “piccola” anche la più grande impresa dell’alpinismo italiano. Zanzi afferma che questa fiction ha “diminuito e ridotto in termini risibili una grande impresa alpinistica. Non è stata adeguata al tema per due motivi: prima di tutto se fai una fiction alpinistica devi sapere cos’è l’alpinismo d’alta montagna, mentre qui sembra che i protagonisti non siano mai saliti neanche su una collina. I movimenti, i passi, le cadute sono palesemente irreali. In secondo luogo, se anche è vero che una fiction ti lascia margini ampi di libertà, quando si fa intendere di essersi attenuti ai documenti di ricostruzione non puoi fare quel che ti pare e piace. Bisogna avere il coraggio della storia. Di racconti immaginari ce ne sono stati tanti. Manca invece il coraggio di lasciar parlare i fatti. Per non dire delle nuvole che volano via a velocità supersoniche, segno preciso di chi non sa cosa sia la montagna vera”. Reinhold Messner si sofferma sulla ambientazione della miniserie, girata sulle alpi austriache: “Attorno al K2– ci sono solo morene glaciali, ghiacciai, e cime a perdita d’occhio senza alberi né abitazioni per centinaia di chilometri. Nei campi lunghi di questa fiction, invece, quando lo sguardo degli scalatori si proietta dalla montagna al fondovalle, si vedono le foreste e i masi delle montagne dei dintorni di Innsbruck!”. In merito ai personaggi, Messner afferma che “quando cadono sembrano degli ubriachi. Bonatti viene presentato come un eccentrico concentrato sul proprio successo personale, mentre nella realtà sappiamo che fu fondamentale proprio per il gioco di squadra e che era convinto che il successo di quella spedizione passasse proprio attraverso il lavoro di tutti”. Per Zanzi “Bonatti viene ridotto a un fantoccio che fa il monello, un burattino che si diverte a fare il primo della classe, ovvero il contrario di quello che era, cioè un giovane convinto della necessità del lavoro d’équipe. L’ha ripetuto per anni e ora, in questa fiction, sembra quello che voleva far di tutto per andare in cima. La figura di Bonatti è stata tradita”.

Laura Rio su Il Giornale scrive che la fiction dal “gusto provinciale” è lontana dalla scrittura moderna di cui a volte anche la Rai ha dato prova e riassume in sé alcuni dei motivi per cui le serie della Rai sono destinate a restare ancorate a vecchi schemi:

Più che la montagna degli italiani, pare la montagna dell’italietta. Perché la fiction sulla conquista del K2 riassume in sé alcuni dei motivi per cui le serie della Tv pubblica sono destinate a restare ancorate a vecchi schemi. Nonostante la serie andata in onda su Raiuno lunedì e martedì sia una coproduzione italo-austriaca (Rai Fiction, Red Film e Terra Internationale Filmproduktionen) e sia stata realizzata una versione in inglese. A parte il pasticcio della ricostruzione storica di cui si è lamentato, tra gli altri, Reinhold Messner, a lasciare perplessi è il passo incespicante della sceneggiatura e il livello della recitazione. Certo, lo sforzo della Rai, della produzione e degli attori (tra gli altri Marco Bocci nei panni di Walter Bonatti e Massimo Poggio in quelli di Achille Compagnoni) che per otto settimane hanno girato a più di 3mila metri di altezza vestiti con abiti anni ’50 è lodevole, ma rimane in bocca un gusto provinciale. Si resta nei limiti dello sceneggiato per la platea del primo canale, lontano dalla scrittura moderna di cui a volte anche la Rai ha dato prova. E il pubblico lo ha capito. Martedì sera, seconda e ultima puntata, la fiction è stata sorpassata da Ballarò di Raitre: 4.516.000 spettatori con solo il 16,6% di share contro il 19. Altro che vetta.

Invece su L’Avvenire Mirella Poggialini si chiede se coloro che hanno visto in tv la fiction avevano seguito gli avvenimenti dal vivo e se i giovani hanno scoperto dal piccolo schermo una conquista italiana:

Come sono lontani gli Anni ’50, quelli in cui l’italia si risvegliò dalla guerra e dal dopoguerra con una tenace voglia di rivincita! Nella fiction K2-La montagna degli italiani che Rai2 ha proposto lunedì e martedì, con risultati di medio livello (4.860.000 spettatori la prima serata, share 16,69%; 4.516.000, share 16,64% per la seconda) lo si nota nella presentazione dei personaggi, la comunità alpina descritta con patinata eleganza e costumi improbabili, tanto quanto, nella seconda, le tute impeccabilmente stirate degli alpinisti. Personaggi un po’ ingessati, che devono delineare quel rapporto complesso di amicizia ma anche di rivalità che caratterizzerà i dodici scalatori alla ricerca di un primato mondiale, l’ascesa al K2. Quella che De Gasperi definirà, accettando la proposta di Ardito Desio, «il ritrovare l’orgoglio di essere italiani». Tema adatto per l’attualità, oltre che per la celebrazione del centocinquantenario dell’unità d’Italia, tema svolto soprattutto nella seconda parte, quando i nostri si accingono alla scalata e si prospettano difficoltà e tensioni. Così la bellezza delle immagini (non gli ottomila del K2, in verità, ma montagne austriache di 3500 metri, comunque suggestive) si allea alla descrizione puntuale delle gelosie e delle rappacificazioni, delle rivalità e dell’egoismo purtroppo insito in certe sfide: e la didascalia finale specifica che la sceneggiatura si basa sul diario di Walter Bonatti, che Compagnoni accusò di non aver portato in cima le bombole di ossigeno e che invece rimproverò il collega di averlo lasciato solo senza soccorso per una notte nel ghiaccio. Ma tutto finisce bene, tutti sono felici, «il K2 è una montagna italiana!», in barba agli americani che non l’hanno conquistato, e l’orgoglio è salvo. Immagini e psicologia, narrazione precisa e un tantino prolissa, con una curiosità: quanti di coloro che l’hanno vista in tv avevano seguito gli avvenimenti dal vivo? E quanti giovani hanno scoperto dal piccolo schermo una conquista italiana?


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