Sai chi è Raul? Raul è uno che ti sorride spesso e ti chiama signore. Raul è figlio degli anni '50, ha visto la Rivoluzione con gli occhi del bambino: gli stessi occhi con cui io ho guardato alla caduta del muro di Berlino, per intenderci. Non so dire se gli effetti della caduta del Muro siano intorno a me oggi con la medesima forza con cui premono intorno a Raul quelli della Rivoluzione di Castro.
Raul vive alla Havana, ecco. Ha due figli - Sergio e David - una moglie che si chiama Natalia e una casa sempre piena di amici. Raul accoglie tutti allo stesso modo e avvisa sempre quando è pronto a tavola: mangiare a casa di Raul è veramente facile. Lo si fa sul terrazzo, seduti per terra o su enormi casse che prima contenevano birra. Non esistono cerimonie a casa di Raul: i vicini di casa sentono baccano e vengono a vedere che si dice. C'è sempre un piatto che gira da una mano all'altra e quando la musica si solleva un po' di volume, ecco che tutti cominciano a ballare. Che storia, Raul: un giorno ha cucinato l'aragosta con l'avocado, un'altra volta ci ha insegnato a preparare il mojito. Per non parlare del congrì e delle banane fritte. I figli ci hanno fatto capire qualcosa in più della salsa. E' un medico Raul: guadagna 15 dollari al mese. Finora lo hanno tenuto in piedi i ricavi dei suoi viaggi a Roma in qualità di ricercatore: così ha soddisfatto pienamente la sua famiglia e i frequenti ospiti. Ma nell'Isla è difficile tenere botta: non è semplice sottostare alla sentenza che vuole un facchino o un tassista più ricco di un uomo che sul biglietto da visita reca la dicitura capo del laboratorio di genetica molecolare. No es facìl: dal punto di vista morale, anche, dal punto di vista dell'umore vero e proprio, ancora di più.
L'alta borghesia, a Cuba, è quella che tocca con mano il turista: chi lavora con la gente del posto, invece, lavora anche per il governo e dunque gode solo dello stretto necessario. Il che, attenzione, nasconde una moralità severa e indiscutibile. Non c'è povertà, ma le cose – davvero – vanno stranamente: i cubani hanno un libretto che passa loro a prezzi puramente simbolici beni di primo consumo (latte, riso, pane), ma non sempre basta e non sempre i materiali ci sono: un giorno siamo passati davanti a un macellaio, solo che non sembrava un macellaio. Era un buco con delle divertenti mensole verdi. Gli ho chiesto: «Raul, che si vende lì dentro?». «Carne», mi ha risposto lui: «Anche se di carne non ce n'è. Musica sì, senti? Di musica ce n'è sempre tanta». Funziona così a Cuba: c'è vera guerra fredda, c'è la propaganda. Seriamente, è un altro mondo. Per giudicarlo serve un'attenzione magistrale. Dice Raul: «Qui quello che non è proibito è obbligatorio». Lo dice rassegnato e rabbioso: lo dice mentre ci domanda se sappiamo aggiustargli il masterizzatore del computer: «Voglio provare a vendere musica in giro, non ce la faccio più ad arrivare a fine mese».
E' questo il proletariato a Cuba: scienziati, medici, architetti. Molti attuali posteggiatori, guardiani, barcaioli sono ex professionisti di settore che hanno sacrificato il rispetto e la rispettabilità a favore di una vita più agiata. Perché è così: bisogna scegliere tra la facciata e la sostanza. Raul gronda di rispetto: se ne va in giro tutto fiero con la sua targhetta appesa al petto e la gente lo tratta come fosse un poliziotto. Quando si occupa di contrattare il prezzo con i tassisti al posto nostro non ce n'è uno che sembri a proprio agio, neanche fossero imprenditori al cospetto della guardia di finanza. E' come guardare camminare un sindaco per le vie della città: gronda di rispetto ma non arriva a fine mese. Allora che farà? Continuerà a grondare o sceglierà il cibo per i figli? Immagino che non avrà dubbi: di necessità virtù e tutte queste cose qui. No es facil nell'Isla ma in qualche modo si svolta, anche se fa rabbia perché Raul è un medico bravissimo.
«Raul ma allora il socialismo, la Rivoluzione: tutta un'illusione?». Non ti risponde mai chiaramente a una domanda del genere, ma un po' capisci: non tradisce la sua appartenenza: «Io soy socialista» conferma con una mano sul cuore. Però poi ci spiega che l'antico sogno si è spezzato: «Un lavoro che prima si faceva in tre, oggi si fa in quindici. I salari si sono abbassati, la manodopera è distribuita peggio». Cicca la sua sigaretta senza filtro nel piano di sotto e ci invita a fare altrettanto mentre cerchiamo un posacenere che non c'è.
E' difficile dire chi sia veramente, Raul. Una persona a cui mettere tra le braccia tuo figlio senza timori. Una persona a cui affidare qualcosa di importante. Ha una bella parlata: un discreto italiano, a parte quando è un po' ubriaco e allora si dimentica di tradurre le cose e lo devi fermare. E' uno che ti chiama subito per nome: lui ti conosce, ti stringe la mano e dopo pochi minuti ti chiama per nome. Magari lo pronuncia male, ma ti chiama per nome e per nome ti presenta a tutta la famiglia e tutta la famiglia ti chiama subito per nome e ti fanno sentire bene. La casa di Raul alla Havana è la mia casa fuori casa. Certe volte ci penso, quando qui ho qualche problema e magari le cose non vanno. Ci penso: penso a Raul, a Natalia, al bagno con la doccia sbrecciata e i pochi profumi sulle mensole. Penso al loro bellissimo salottino con il soffitto basso. Penso al ventilatore, al terrazzino che dà sulla strada, alle sedie messe in circolo. Penso all'odore di sigaretta, alla graziosa cucina con la ghiacciaia bianca dove tengono il rum, alla stanza di Sergio con il poster che gli ho regalato appeso al muro vicino al letto. Penso a tutte queste cose e quando ho finito, di solito, mi sembra che i problemi – da seriosi che erano – improvvisamente vadano in giro con la camicia fuori dai pantaloni.
nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario (G. Orwell)