Onestamente non penso che a quell'epoca io sapessi che fosse cieco, e gli occhiali neri mi sembravano solamente un modo per affermare il proprio stile. In fondo, a ripensarci, la mia idea non era così bizzarra, avere gli occhiali scuri tutto il tempo era il suo stile, un tratto distintivo così come essere cieco. Sembrava quasi essere una scelta questa combinazione di fattori, e non una decisione imposta dalla sfortuna.
Una sfortuna che lo ha accompagnato fin da quando era bambino, ma che probabilmente da una parte gli ha permesso di distinguersi iconograficamente all'interno della scena musicale e non solo, e che però dall'altra ha un po' reso non vedenti - o meglio, non udenti - molti ascoltatori, non sempre capaci nel corso dei decenni di dare a The Genius quello che gli spettava. Ray Charles il musicista nero e cieco, si dice. Mentre forse a volte basterebbe dire: Ray Charles, uno dei geni musicali del novecento. Tanto semplice, fresca e immediata la sua musica, quanto in realtà complessa, innovativa, multilingue, capace di parlare il soul, il jazz, il blues e pure il country. Composizioni orecchiabili, vicine al cuore dell'ascoltatore.
What'd I Say è uno dei primi dischi che ha realizzato, e forse quello che segna il cambiamento di passo verso la celebrità. Un disco finalmente maturo, senza riempitivi, sofisticato e allo stesso tempo immediato. Lo spessore nascosto all'interno di una piuma.
Balthazar Smith
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