Tratto da un articolo del Corriere dela Sera..
«Cammelli, iPod e violino»
nei virtuosismi di Ysaye e Saint-Saens, con l' Havanaise e l' Introduzione e Rondò capriccioso. L' essere di Taiwan aiuta a suscitare curiosità attorno a lei? «Quando suono nella mia isola sì, però quando avevo pochi mesi la mia famiglia si trasferì in Australia, e là mi considerano uno di loro; se si aggiunge che se suono in Cina dicono che Taiwan fa parte della Repubblica Popolare e in America mi reputano americano perché artisticamente sono cresciuto lì, il puzzle si complica...». Quando decise di diventare musicista? «A tre anni, quando misi la chitarra giocattolo sotto il mento e iniziai a usare le bacchette come archetto: i miei ridevano fino alle lacrime, ma al compleanno il violino arrivò davvero». I classici genitori col pallino della classica? «Per niente, anzi, quando non avevo voglia di esercitarmi mi dicevano: "Bene, così non dobbiamo pagarti le lezioni e ti cercherai un lavoro vero". Non appena sentivo questo ritornello mi veniva una gran voglia di suonare; invece a mia sorella non fecero lo stesso effetto: smise». Com' è un musicista classico di 22 anni? «Come un qualunque ragazzo di 22 anni. Adoro viaggiare, abito vicino ai Caraibi e ci vado spesso, ho percorso il Sahara a dorso di cammello, sogno di andare al Polo Nord; mi piace andare al ristorante; non posso immaginarmi non connesso a internet, il mio iPhone mi prende parecchio tempo, ma ho la scusa che mi serve per lavoro: mi fa da agenda, segno concerti, contatti e impegni, aggiorno il mio sito». Nessuna pressione dallo show business come i suoi colleghi coetanei del pop o del rock? «Siamo due mondi diversi; certo anch' io, dopo la vittoria al Queen Elizabeth, sento parecchia pressione addosso. Di solito andavo ai Caraibi a gennaio, ora invece devo lavorare...». Enrico Parola RIPRODUZIONE RISERVATA Martedì 17, ore 20.30, Conservatorio, v. Conservatorio 12, Euro 5-25, tel. 02.76.00.55.00
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