Re della terra selvaggia: ci vuole un fisico bestiale

Creato il 11 febbraio 2013 da Cannibal Kid
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Un giorno verrà un uragano, il terreno sprofonderà e l'acqua arriverà così in alto che non ci sarà più Bathtub, solo una grande quantità d'acqua. Ma io e il mio papà resteremo qui. È per noi, che c’è la terra. Hushpuppy
Incanto

Meraviglia

Stupore fanciullesco

Beasts of the Southern Wild è il più bel film di Terrence Malick non girato da Terrence Malick, bensì dall’esordiente Benh Zeitlin, nome da qui in poi da tenere pesantemente sott’occhio perché questo qua - e spero di non portagli sfiga nel dirlo - è destinato a regalarci altre cose grandiose in futuro. La storia è quella di Hushpuppy, una bambina che mi ha ricordato un incrocio tra Bam Bam e Ciottolina dei Flintstones che vive insieme al padre nel profondo Sud. Napoli? No, più a Sud. Palermo? Più a Sud ancora, in una piccola comunità della Louisiana, nel profondo Sud degli Stati Uniti. Al di fuori della civiltà per come la intendiamo. Una vita fuori dai confini, ai margini, dove la quotidianità prosegue serena, lontana dagli stress della vita di città. Una comunità che vive senza internet, Facebook e iPhone. Senza nemmeno Ruzzle! La tranquillità in questa comunità non è però destinata a continuare, perché una tempesta è in arrivo…
Un dramma neorealista? Un ritratto socio-antropologico? Una riflessione sull’uragano Katrina e sulle macerie che ha lasciato? Beasts of the Southern Wild è più un… fantasy. Ebbene sì. Niente hobbit, solo una pellicola magica, con la macchina da presa che guarda sempre dal basso, ad altezza di bambino. Ad altezza della straordinaria bambina protagonista, Quvenzhané Wallis, una che un agente bravo del mondo occidentale, del mondo al di sopra del Southern Wild, gli consiglierebbe subito di trovarsi un nome d’arte perché Quvenzhané ci va una laurea in lingue soltanto per tentare di pronunciarlo correttamente.
Re della terra selvaggia è una pellicola che sa stupire, soprattutto nella prima meravigliosa parte, che guarda al naturalismo di Malick ma con un soprendente tocco più “infantile”, sia detto nell’accezione positiva del termine, da qualche parte tra Guillermo del Toro e lo Spike Jonze de Nel paese delle creature selvagge, il tutto con uno stile nuovo, personale. Occhio quindi a Benh Zeitlin, segnatevi il suo nome, anche se pure a lui un agente bravo gli consiglierebbe di trovarsi un nome d’arte di più facile memorizzazione, e orecchio pure all’autore delle musiche Dan Romer, che presto immagino diventerà richiesto quanto Alexandre Desplat. Oddio, spero per lui anche un po’ meno richiesto, visto che a Desplat - poveretto - ormai gli fanno sfornare una decina di soundtracks all’anno. Roba che io mi immagino i registoni e produttoroni di Hollywood che lo frustano, “pregandolo” gentilmente di realizzare una nuova colonna sonora nei tempi stabiliti.
Oltre che una gioia per gli occhi e per le orecchie, Beasts of the Southern Wild è pura emozione e a sorpresa contiene pure una delle scene più esilaranti degli ultimi mesi (quella del vecchino che esce totalmente ubriaco fuori dal bar dopo l’uragano e cade in acqua). Un gioiellino che segna un qualcosa di nuovo, finalmente, nel cinema americano. L’esordio più promettente dell’anno, premiato e candidato ovunque (Camera d’Or a Cannes 2012 per la miglior opera prima, gran premio della giuria a Sundance, 4 nominations agli Oscar 2013), e graziato da un’interpretazione della giovanissima protagonista di quelle bestiali. E voi? Non fate le bestie e non fate i selvaggi. Guardate Beasts of the Southern Wild. (voto 8,5/10)
L'OraBlù


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