L'America è sempre stata vista come la vera patria delle serie TV, sfornando decine e decine di titoli ogni anno che, chi più chi meno, conquistavano il pubblico di tutto il mondo. Se la Gran Bretagna è sempre stata al numero due, arrivando in vetta però con certi prodotti molto più autoriali e originali, ultimamente anche altri Paesi europei si stanno svegliando dal loro torpore, stupendo in modo impressionante come ha fatto la Francia con Les Revenants e, ora, la Svezia con questo Real Humans.
Nel frattempo, noi continuiamo pure a produrre fiction con la Arcuri e Garko, eh?
Ma cos'ha di speciale questa serie?
Prima di tutto la storia, ambientata in un futuro non troppo lontano dove gli esseri umani vengono aiutati nei compiti più gravosi o anche solo acquistano per avere compagnia degli hubot: robot androgini a carica elettrica che possono fare di tutto, dai lavori di casa ai carpentieri fino anche al sesso.
Il mondo si è così schierato tra chi questi hubot li accetta e li "usa", e chi li vede come una minaccia per la società, che ruba posti di lavoro e anche i sentimenti.
In questa divisione si incrociano così le storie della famiglia Engman che acquisterà a sorpresa Anita, del vicino di casa Roger appena lasciato dalla moglie per un hubot e che entra nel partito "Real Humans" innamorandosi di Beatrice, degli hubot diversi, capaci di pensare e di provare emozioni come dei veri e propri esseri umani, nati misteriosamente, e che per questo si ribellano e cercano la libertà.
Dai timori iniziali di Inger, alla discussa attrazione di suo figlio verso Anita e l'amicizia profonda che lega suo padre al suo unico amico Odi, passando per chi certi hubot li ruba, li modifica a piacere e li rivende, nei 10 episodi di questa prima stagione è difficile delineare un confine netto tra chi è buono e chi no, tra chi ha ragione e chi no, vedendo in queste macchine un germe di umanità che potrebbe sopravvivere alla morte ma anche qualcosa di, appunto, inumano e scandaloso.
La forza di Real Humans sta anche qui, nel sorprendere sempre lo spettatore, rivelando solo poco alla volta la verità, mescolando le carte e ribaltandole soprattutto verso il finale.
Ma ciò che davvero la rende una serie diversa è come tutto il discorso sugli hubot vada a rispecchiarsi con quello che per anni è stato fatto sulla schiavitù in America, ma anche negli amori e nell'accettazione degli omosessuali, unendo queste discriminazioni assieme a tante altre sotto le vesti perfette e algide di questi robot nati scientificamente per mano dell'uomo.
La Svezia assesta così un bel colpo, e nonostante qualche difettuccio e qualche troppa confusione negli ultimi episodi, riesce ad appassionare e stranire con un lavoro degno di quei british che lo fanno sempre meglio, ma che qui, hanno di che preoccuparsi!
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