Non è un caso che nel periodo storico attuale si producano film come Reality ed È stato il figlio: storie di disgraziati che affidano a circostanze esterne il riscatto sociale, fantasticando una soluzione magica ai propri problemi. Ma se Ciprì spinge a fondo il pedale del grottesco (a mio avviso il modo più efficace per rappresentare questo genere di situazioni), Garrone gira una commedia dall’impianto più tradizionale, incentrata sul tema dell'identità e sul rapporto tra realtà oggettiva e percepita.
I punti forti sono sicuramente la regia (magistrale), gli attori (favolosi, non solo Aniello Arena, artefice di una prova commovente) e la colonna sonora di Alexandre Desplat. Alcune trovate confermano il talento creativo di Garrone, tuttavia rimangono isolate, applicate a una storia debole che illustra il proprio enunciato senza riuscire mai a sorprendere e raccontata con ritmo lasco. Lo sguardo del regista non è capace di incidere e far breccia nella superficie della finzione. Complessivamente, un’occasione mancata.
Reality, di Matteo Garrone, con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone (Italia/Francia, 2012, 115’). Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al 65° Festival di Cannes. In programmazione al Cinema Massimo 2 di Torino.