Durante la fase di raffreddamento climatico cominciata nel 1300 e terminata ufficialmente nel 1850 si ebbe un cospicuo incremento delle inondazioni quanto del numero e del volume delle nevicate che a loro volta andarono ad alimentare la crescita dei ghiacciai e delle calotte polari.
Ma considerando che il clima di allora era più freddo di quello di oggi bisogna chiedersi da dove venisse tutta quell'acqua se quindi anche gli oceani dovevano essere decisamente più freddi.
Ora osserviamo le inondazionio che inaugurarono l'inizio della Piccola Era Glaciale in Italia:
-1327: generale straripamento/alluvione del Po, Italia.
-1330: spaventosa inondazione/alluvione del Polesine e Mantovano, Italia, con morte di 10.000 persone (da verificare);
-1331:inondazione/alluvione del Po nel Mantovano e Ferrarese e di altri fiumi in Toscana, Italia;
-1333: Italia del nord, si registrano eventi meteorici eccezionali come ad esempio un ciclone che ha seminato distruzione di abitazioni e di raccolti: La grandine raggiunge l’altezza di un metro;
-1336: Italia, il Po rompe gli argini (alluvione) e le acque gelano nelle campagne (intenso freddo nel periodo invernale, clima);
-1341: forti inondazioni/alluvioni che abbattono le mura di Cremona, invadono il mantovano e il ferrarese, Italia;
-1342, la cosiddetta piena del millennio, del fiume Reno (infatti, si verificarono significativi straripamenti del Reno a Basilea);
-1347: in Italia si registra una terribile carestia;
-1362: Italia, alluvione con rottura del Po a Francolino e a Serravalle;
-1365: Italia, area Po, alluvione del Ferrarese e Mantovano;
-1376 dicembre, episodio di forte piena del Tevere a Roma (circa 17 mt);
-1379 novembre, episodio di forte piena del Tevere a Roma (circa 17 mt);
-1385: Italia, inondazioni della città di Mantova e dei territori di Verona, Modena, Ferrara, Polesine e Rovigo. Sommersa pure Venezia;
-1394:allagamento/alluvione della città di Ferrara;
Le consistenti nevicate che segnarono la Piccola Era Glaciale non terminarono subito al termine di essa,ma continuarono per i decenni successivi,poca alla volta che il clima andava gradualmente riscaldandosi in modo naturale per l'aumento della radiazione solare fino agli anni del 2000 e oltre.
Si racconta che a Bologna nell'inverno del 1829/30 si raggiunsero i due metri di neve! Freddissimo il 1879 dove in Europa, in alcune città si scese sotto i 28 gradi. Finito il secolo compare nelle statistiche del tempo anche il rigido febbraio del 1901 (quello delle nostre cartoline) con nevicate ovunque, anche al sud, dove fece meraviglia la fredda temperatura di Taormina imbiancata di neve.
Molti newyorchesi, ad esempio, non ricordano praticamente più la grande tempesta di neve avvenuta a New York nel febbraio 1888, che bloccò centinaia di migliaia di cittadini nella Grand Central Station e provocò decine di morti per congelamento sotto i cumuli di neve.
Cosa portò questo aumento delle precipitazioni?
Nel 2000, una relazione scientifica propose che i raggi cosmici che arrivano sulla Terra influiscano significativamente sul livello di copertura nuvolosa terrestre.
A sua volta il flusso di particelle cosmiche che giungono sulla Terra varierebbe con il variare dell’attività solare. Quando l'attività solare aumenta, aumenterebbe anche il vento solare, un flusso di particelle cariche che si propaga nello spazio insieme al suo forte campo magnetico. Ma tale campo magnetico posto tra il Sole e la Terra deflette i raggi cosmici, velocissime particelle cariche provenienti dal Sole e dallo spazio intergalattico. I raggi cosmici, altamente energetici, ionizzerebbero l’atmosfera, favorendo in tal modo la formazione di nubi nella bassa atmosfera. A loro volta, le nubi basse raffredderebbero la Terra.
Non solo la radiazione cosmica andrebbe a causare un'aumento della nuvolosità e delle precipitazioni a livello globale ma probabilmente anche l'aumento del gas metano cui parte di questa risposta ci viene da Marte e da Titano.
“In natura il metano – spiega Enrico Flamini, direttore scientifico ASI – ha tre possibili origini: biologica, geologica e da radiazione. A valle delle misure fatte da PFS a bordo di Mars Express, fu organizzato qualche anno fa un convegno internazionale dedicato al metano marziano. Le tre ipotesi furono analizzate e discusse a lungo, ma la comunità scientifica rimase divisa”.
Durante la Piccola Era Glaciale è assodato che anche il vulcanismo ebbe un drastico aumento,quindi escludendo l'origine biologia non resta che concentrarci sull'origine geologica prima fra tutte e secondariamente ma non meno importante quella da radiazione.
Quali aree nel mondo e quali processi geologici emettono questo metano?
“Le emissioni geologiche di metano si ritrovano in tutte le aree petrolifere del pianeta e in misura minore nelle aree geotermiche. I vulcani non sono fonti significative di metano. Dunque, laddove ci sono giacimenti di gas naturale e petrolio, in superficie possono esserci queste manifestazioni naturali, che comunque non hanno nulla a che fare con l’estrazione del petrolio stesso dai pozzi, le manifestazioni sono del tutto naturali. In alcune di queste aree si formano vulcani di fango, da non confondere con i vulcani veri e propri; si tratta di coni di argilla da dove esce acqua fredda e metano. In altre aree si producono delle fiamme spontanee dal terreno, e sono noti come fuochi perpetui. In Azerbaijan, Iran o Iraq questi fuochi sono attivi da millenni e sono famosi per aver dato origine al culto del fuoco come nella religione del zoroastrismo. Ma oltre a queste manifestazioni visibili, abbiamo scoperto che esiste un’esalazione diffusa e invisibile dal terreno, su aree molto vaste. E questa parte invisibile incide molto sull’emissione globale. A ciò si deve sommare il metano emesso dai fondali marini, che ospitano la maggior parte delle riserve petrolifere del pianeta”.
Un'articolo della BBC,afferma che il Metano su Marte può essere prodotto sia dalla vita che da processi geologici,compreso il vulcanismo.
Quando gli scienziati di Parigi,Franck Lefevre e Francois Forget hanno usato un modello al computer del clima marziano per ricostruire le osservazioni fatte sulla Terra, il loro modello ha mostrato che il gas viene distribuito uniformemente nell'atmosfera marziana e cambia con le stagioni.
"La chimica attuale come lo conosciamo non è coerente con le misure del metano su Marte", dice il dottor Lefevre, della Université Pierre et Marie Curie.
"C'è qualcos'altro, qualcosa che riduce la durata del metano di un fattore 600."
Se c'è una perdita molto più veloce per il metano su Marte, afferma il dottor LeFevre, ci deve essere anche una produzione molto più forte di metano.
Nel 2003, un team americano ha utilizzato tre diversi telescopi terrestri per il monitoraggio circa il 90% della superficie del Mar.
Il team ha identificato "pennacchi" di metano.
A un certo punto,un pennacchio primario conteneva circa 19.000 tonnellate di gas.
E 'fondamentale capire come tanto metano quanto viene prodotto e distrutto così in fretta sul Pianeta Rosso, afferma il dottor Michael Mumma, direttore del Nasa Goddard Center for Astrobiology.
Il Dr Mumma non esclude una spiegazione biologica del fenomeno, ma dice che è possibile che la geologia da sola potrebbe essere responsabile.
Quindi non sorprenderebbe se durante la Piccola Era Glaciale,quando il vulcanismo,che fa parte dell'attività geologica del nostro pianeta,divenne più irrequieto,ci fosse stata un'aumento della percentuale di metano nell'atmosfera.
Ma cosa centra tutto ciò con l'aumento della radiazione cosmica e della nuvolosità e a sua volta della frequenza delle alluvioni e delle nevicate?
Il metano è il principale componente del gas naturale, ed è un eccellente combustibile poiché produce il maggior quantitativo di calore per massa unitaria. Bruciando una molecola di metano in presenza di ossigeno si forma una molecola di CO2 (anidride carbonica), due molecole di H2O (acqua) e si libera una quantità di calore.
Ho sottolineato le due molecole di vapore acqueo in quanto se aumentasse il metano in atmosfera aumenterebbe anche la quantità di vapore acqueo,favorendo così ad un incremento delle precipitazioni assieme ad un aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera.
Per quanto riguarda la produzione di metano da radiazione,anche la radiazione ultravioletta del Sole potrebbe essere stata la causa dell'aumento del metano nell'atmosfera con un conseguente ulteriore aumento del vapore acqueo.
I recenti inverni freddi che hanno portato il caos nel Regno Unito e in altri luoghi del nord Europa possono avere le loro radici nelle emissioni diverse del Sole. Ultraviolette.
Gli ultimi dati satellitari mostrano che l'emissione UV è molto più variabile di quanto gli scienziati avevano pensato in precedenza.
"La loro intensità è aumentata dal 1600 quando il periodo noto come minimo di Maunder è iniziato, con gli astronomi che documentano la scarsità di macchie solari negli ultimi decenni.
Il minimo di Maunder coincide con una parte di un periodo che è venuto per essere conosciuta durante la Piccola Età Glaciale, quando il tempo d'inverno in generale è diventato più freddo in alcune parti d'Europa.
Mike Lockwood del Regno Unito Reading University, che studia anche le possibili associazioni tra i cambiamenti solari e clima, ha suggerito che se la produzione dei raggi ultravioletti del Sole varia molto su tempi lunghi come fa in tutto il ciclo solare, che potrebbe fornire il collegamento tra il minimo di Maunder e le variazioni di temperatura."
Se le radiazioni Uv aumentarono raffreddando ulteriormente il clima,anche a livello atomico gli effetti non poterno essere blandi,ma affinchè ciò potesse avvenire era importante un secondo fattore.
Un'articolo pubblicato su Nature sembra indicare che il metano possa avere come origine l’incidenza della radiazione ultravioletta su materiale organico presente nelle meteoriti sulla superficie marziana.
Se prendiamo come esempio questa ipotesi e poniamo che sulla Terra una certa percentuale di raggi Uv sia arrivata sulla superficie terrestre,a sua volta molto ricca di materiale organico ci si deve chiedere come questa radiazione ultravioletta possa aver raggiunto la superficie se il nostro pianeta stesso è protetto nell'alta atmosfera da un sottile strato di Ozono che protegge la Terra dai raggi Uv solari.
La risposta starebbe nell'aumentata attività vulcanica che ebbe luogo nel periodo di cui stiamo parlando.
Una forte serie di attività vulcaniche possono immettere nell'atmosfera notevoli quantità di sostanze che oltre a raffreddarla,produrrebbero anche un sensibile assottigliamento e degradazione dello strato di Ozono.
"Una grande eruzione vulcanica nella regione attiva del Centro America potrebbe rilasciare abbastanza dannose per l'ozono gas in modo significativo assottigliando lo strato di ozono per diversi anni, i ricercatori l'hanno annunciato Martedì.
Tale eruzione vulcanica potrebbe raddoppiare o triplicare gli attuali livelli degli elementi chimici di bromo e cloro nella stratosfera, lo strato di atmosfera in cui il gas ozono ci protegge dalle radiazioni ultraviolette, i ricercatori l'hanno calcolato,in base ai livelli di queste sostanze chimiche liberate dai 14 vulcani in Nicaragua negli ultimi 70.000 anni.
I ricercatori hanno presentato i loro lavori ad una conferenza scientifica in Islanda.
Bromo e cloro hanno bisogno di un elettrone per diventare stabili, e può facilmente strappare molecole, come l'ozono. Essi sono gas che "amano reagire - in particolare con l'ozono," il ricercatore Kirstin Krüger, un meteorologo con GEOMAR di Kiel, in Germania, l'hanno spiegato in un comunicato.
"Se raggiungono i livelli superiori dell'atmosfera, hanno un alto potenziale di esaurimento dello strato di ozono."
Per stimare il rilascio passato di queste sostanze chimiche dai vulcani, i ricercatori hanno misurato i livelli di alogeni (il gruppo di elementi altamente reattive che bromo e cloro appartengono ) in strati di roccia depositati prima e dopo le eruzioni storiche.
L'eruzione media ne ha rilasciato due o tre volte la quantità di bromo e cloro prodotti dall'uomo attualmente nella stratosfera.
"E questo è successo da un'unica eruzione unico."
Precedenti studi hanno stimato che grandi eruzioni esplosive - il tipo che invia funghi atomici di chilometri di cenere verso l'alto - fino al 25 per cento degli alogeni espulsi possono raggiungere la stratosfera.
Alcuni gas vulcanici possono durare nella stratosfera fino a sei anni,ha detto Krüger, anche se le ripercussioni più significative delle eruzioni come l'intensa eruzione del Monte Pinatubo nel 1991 erano entro i primi due anni.
L'eruzione del Pinatubo ha ridotto le temperature globali di circa 0,9 gradi Celsius (0,5 gradi Celsius) nel corso dell'anno successivo."
Se le forti attività vulcaniche del periodo ridussero lo strato di Ozono una certa percentuale di raggi Uv deve aver sicuramente influito oltre che raffreddare la Terra alla produzione di metano dalla materia organica del terreno,che a sua volta in seguito si sarebbe convertito in vapore acqueo e quindi un'ulteriore fattore di precipitazioni.
Ma anche il vulcanismo ebbe il suo ruolo nella frequenza delle precipitazioni,sia quello terrestre sia quello sottomarino.
Partendo dal vulcanismo terrestre,durante le grandi eruzioni il pulviscolo vulcanico in sospensione nelle nubi è in grado di incrementare sia le precipitazioni piovose che quelle nevose in quanto sia le gocce di pioggia che i fiocchi di neve hanno necessità di trovare un nucleo di polvere per aggregarsi e formarsi.
Questo da se spiega molte cose.
Se in quel periodo si ebbe un'aumento del vulcanismo,questo aumento dovrebbe aver comportato sia un'aumento del vulcanismo terrestre quanto di quello sottomarino.
Gli autori hanno scoperto che uno spostamento verso condizioni più fresche durante la Piccola Età Glaciale era in concomitanza con un aumento della frequenza degli eventi di El Niño. Ciò è contrario a quanto generalmente previsto dai modelli climatici, in cui il raffreddamento porta ad una minore attività di El Niño e il riscaldamento porta a una maggiore.
I risultati sono stati in armonia con la cronologia storica El Niño sia nell'America del Sud e della regione del Nilo, che rappresentano "un aumento dell'attività El Niño durante il periodo della Piccola Era Glaciale e una dimunzione dell'attività di El Niño durante il Periodo Caldo Medievale.
El Niño-Oscillazione Meridionale, conosciuto anche con la sigla ENSO (El Niño-Southern Oscillation), è un fenomeno climatico ricorrente che si verifica nell'Oceano Pacifico centrale in media ogni cinque anni, ma con un periodo variabile fra i tre e i sette anni, nei mesi di Dicembre e Gennaio. Il fenomeno provoca inondazioni, siccità e altre perturbazioni che variano a ogni sua manifestazione. I paesi in via di sviluppo che dipendono fortemente dall'agricoltura e dalla pesca, in particolare quelli che si affacciano sull'Oceano Pacifico, ne sono i più colpiti.
L'ENSO presenta una componente oceanica, chiamata El Niño o La Niña, caratterizzato il primo da un riscaldamento e la seconda da un raffreddamento delle correnti dell'Oceano Pacifico centro-orientale, e una componente atmosferica, chiamata Oscillazione Meridionale, caratterizzata da cambiamenti della pressione nel Pacifico centro-occidentale. Le due componenti sono accoppiate: quando è in corso la fase di riscaldamento delle acque (El Niño), la pressione del Pacifico occidentale è alta e quando è in corso la fase di raffreddamento delle acque (La Niña), la pressione del Pacifico occidentale è bassa.
Se consideriamo però che il vulcanismo terrestre rappresenta solo il 20% del vulcanismo globale,mentre il restante vulcanismo sottomarino rappresenta l'80% come possono gli scienziati affermare che i suoi effetti siano così inconsistenti?
Inoltre"è importante notare"asseriscono gli studiosi del NOAA,"che il riscaldamento delle profondità oceaniche precede il riscaldamento in superficie."
Uno studio del NOAA del 2000 afferma che metà del riscaldamento degli oceani avviene tra i 300 e i 3000 metri di profondità.
Se in condizioni in cui prevalsero perlopiù freddo e basse temperature gli eventi di El Nino anzichè diminuire aumentarono nonostante la bassa attività solare e gli effetti di un clima più freddo,questo aumento della loro frequenza non può che essere spiegato che con un'aumento del calore del vulcanismo sottomarino,che riscaldando vaste porzioni degli oceani,contribuì ad aumentare la quantità di vapore acqueo nell'atmosfera con il sommarsi degli effetti sopra elenncati che portarono a eccezionali e frequenti nevicate quanto alluvioni e conseguenti carestie.
Fonte:
http://www.arengario.net/cartoline/cart076.html
http://www.liceoberchet.it/ricerche/geo4d_07/gruppoD/mutamenti_climatici_storia.htm
http://nemsisprojectresearch.blogspot.it/2012/06/metano-su-marte-da-radiazioni-uv.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Piccola_era_glaciale
http://guide.supereva.it/geologia/interventi/2008/05/330214.shtml
http://news.bbc.co.uk/2/hi/8186314.stm
http://www.msnbc.msn.com/id/47789782/ns/technology_and_science-science/
http://www.cataniacultura.com/blog110.htm
http://www.co2science.org/journal/2003/v6n34c1.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/El_Ni%C3%B1o
http://expianetadidio.blogspot.com/2011/10/geotermiail-fattore-meno-conosciuto.html