Recensione: 19 dicembre '43 di Donato Cutolo

Creato il 24 febbraio 2015 da Chaneltp @CryCalva
Buon pomeriggio carissimi lettori! Come procedono le vostre letture?
Oggi pomeriggio vi propongo la recensione di un romanzo letto tra ieri e oggi che mi è stato mandato direttamente dalla Casa Editrice "Zona" dopo il mio entusiasmo nell'aver letto il precedente romanzo dell'autore: "Vimini". Anche questa volta, insieme al romanzo, è presente un cd musicale da ascoltare sia in lettura che non. 
19 DICEMBRE '43
Zona | 100 pp. | €15,00
Il livido inverno del 1943 fu per l’Italia una delle stagioni più tragiche della storia. I personaggi di questo romanzo, da qualche parte sull’Appennino, vivono - schiacciati tra la ferocia nazista e l’avanzata alleata - un presente di stenti e paura, notti illuminate dalla forza maligna dei bombardamenti, giorni di espedienti e fughe. Mentre si prepara la guerra partigiana e i treni dei deportati solcano la pianura, Ettore coltiva il suo amore per Ada e, al di là di ogni ideologia, sentimenti di libertà e giustizia che verranno messi assai duramente alla prova, come in una Resistenza solitaria e disperata. Anche in quest’opera, che chiude la trilogia narrativa (e musicale) iniziata con Carillon e Vimini, Donato Cutolo offre alla trama svolte sorprendenti tra il fragore della realtà e la magia del sogno, come se sulla linea sensibile che li unisce e li divide si giocasse il senso stesso della storia, quella con la maiuscola, e di tutta l’esistenza umana. La colonna sonora allegata al romanzo è di Fausto Mesolella e Daniele Sepe, con la voce di Paolo Rossi.
"Sacrificarsi per salvare un altro, vergognarsi della propria libertà quando chi ti circonda è in catene. Ammassati a centinaia sui vagoni d’un treno merci, padre. La guerra." Non è un romanzo di guerra, seppur tale argomento ne sia alla base (con particolare riferimento alla battaglia di Montelungo) : è un ricordo comune, quasi una fiaba, il racconto di un uomo che si perde tra le macerie di una civiltà distrutta, lontana dal raziocinio e dalla umana quotidianità. Attraverso le parole del protagonista traspaiono indelebili le condizioni di un popolo ridotto alla miseria e allo stremo delle forze, assoggettato non dalla dittatura ma dalla soffocante e estenuante paura del richiamo di stridule sirene che obbligano a un riparo pur lasciando scoperto il cielo senza nessuna volta a proteggere, nessun manto sotto cui nascondersi. La guerra rimane quasi sullo sfondo di questo romanzo e contemporaneamente risalta attraverso i sentimenti e i pensieri del protagonista, i ricordi di un'epoca relativamente spensierata, il raffronto tra ieri ed oggi, il bianco dell'innocenza e il sangue della difesa, necessaria e impavida. Il romanzo si apre con una lettera, quasi una sorta di invocazione a un Dio che assume i connotati tipici di un padre cui si chiede ascolto, e prosegue camminando all'interno dell'anima del personaggio, tanto reale quanto simbolico, che si addentra in atmosfere evanescenti, al limite tra sogno e immaginazione, senza distinzione tra ricordi del passato e sensazioni presenti che rimangono offuscate, quasi impercettibili.
"Frammenti di pietra e solai, travi che pendono dal soffitto e sembrano conficcarsi come lame nel pavimento. L’intimità, i ricordi, tutto in frantumi: piccoli soprammobili, bicchieri, mobili, sedie, stoviglie, ogni oggetto è imbrattato e trasfigurato, violentato, fatto a pezzi e sparso ovunque."

Ettore, il protagonista, è un ragazzo italiano chiamato a difesa del proprio paese. Ettore è un bambino che ha dovuto imparare a crescere contando sulle proprie forze e appoggiandosi all'amico Giorgio, compagno di interminabili scorribande e corse giù per i pendii e le colline. Ettore è un uomo che ha conosciuto cosa significhi amare Ada ed essere incapaci di difenderla. Ettore è il simbolo dell'uomo che ha conosciuto la forza brutale della guerra, i denti canini di una belva fuori controllo capace di annientare ogni intimità, ogni speranza, ogni minimo brandello di vita. Ettore tenta di ricucire, ridisegnare tutto ciò che ha perso aggrappandosi disperatamente alla memoria, l'unica che mai nessuno potrà strappare a un uomo. Riusciamo quasi a sentire l'odore dello zolfo che risale, il silenzio che penetra tra le case e le viuzze disfatte, vediamo con gli occhi di Ettore come se fossero i nostri: Donato Cutolo crea una serie di immagini ricche di sensazioni emotive e fisiche che penetrano e ci rendono partecipi, attori in scena, fotografi dietro il mirino della fotocamera. E lo fa con uno stile maturo, migliorato, gradevole e scorrevole. Un racconto che ripercorre in 100 pagine alcuni degli episodi più fervidi dell'Italia fascista e che, come il protagonista, si perde e si addentra nel mare della memoria. 
VOTO: 



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