Recensione a basso costo [libro e film]: Carol, di Patricia Highsmith

Creato il 09 gennaio 2016 da Mik_94
Fa' che io sia per te un cattivo esempio... Titolo: Carol Autrice: Patricia Highsmith Editore: Bompiani Numero di pagine: 284 Prezzo: € 10,00 Sinossi: Therese, 19 anni, è un'apprendista scenografa che, per raggranellare qualche soldo, accetta un lavoro temporaneo in un grande magazzino durante il periodo natalizio. Il suo rapporto sentimentale con Richard si trascina stancamente, senza alcuna passione tra voglia di coinvolgimento e desiderio di fuga: anche il viaggio che hanno progettato in Europa ora la intimorisce. In una gelida mattina di dicembre, nel reparto giocattoli dove lavora, compare una donna bellissima e sofisticata, in cerca di doni per la figlia. I grigi occhi della sconosciuta catturano Therese, la turbano e la soggiogano e d'un tratto la giovane si ritrova proiettata in un mondo di cui non sospettava nemmeno l'esistenza. È l'amore che le due donne si apprestano a vivere.                                             La recensione Il Natale ricorda alla timida Therese l'abbandono della madre e una fredda infanzia passata in istituto. I momenti di aggregazione, di felicità forzata, acuiscono in lei il senso di vuoto, risvegliando i ricordi di una vicina adolescenza, spesa tra mancanze e sacrifici. Sfortuna vuole che la diciannovenne, in attesa di fiorire, lavori sotto le feste al reparto giocattoli di un grande magazzino, nel cuore di New York. In attesa del lavoro che sogna – si vedrebbe scenografa a Broadway, ma la gavetta è lunga e Therese ha i piedi ben piantati a terra; si fa quel che si può -, impacchetta regali per borghesi grassi, paonazzi e felici, con un ridicolo cappello di Babbo Natale in testa e lo sguardo malinconico, che esprime tutto ciò che non ha mai avuto. Finché, dall'altra parte del negozio, che fa un pensierino su una prodigiosa locomotiva realizzata a mano, non vede una splendida venere in visone. Di La vita di Adele, tra i film più memorabili e controversi del nuovo decennio, non ricordo tanto le discusse scene di sesso, la furibonda reazione al tradimento, il doloroso ultimo addio, ma l'incontro. Una scena in cui ho visto che accadeva, che cadeva, il colpo di fulmine. Adele incrocia al semaforo la ninfa dai capelli blu, Emma; non la conosce e, fino a un attimo prima, non ha mai creduto di potersi innamorare di un'altra donna. Eppure, d'istinto, si volta e la cerca. Ma i pedoni si muovono sulle strisce, ché è scattato il verde, e quella ragazza è un lampo blu, distante. Si sarà voltata a cercarla? Si rivedranno ancora? Carol, similmente, gioca nervosa con i guanti: bionda, bellissima, lontana anni luce. Questione di un secondo, il sollevare gli occhi verso l'altra. E la cassiera pensierosa e la facoltosa signora in pelliccia, madre di famiglia in lotta per l'affidamento, sanno che è tardi, ormai, per tornare indietro. A volte, basta uno sguardo rubato. A casa, Therese ha però Richard: fidanzato premuroso e gentile. Lei gli vuole bene e nulla di più. Sono andati a letto insieme. Qualche volta, si tengono per mano a Central Park. Lui parla di matrimonio, lei – dubbiosa – non risponde ai suoi ti amo. Non gli dà false speranze, né sa dirgli arrivederci; impara a vivere senza di me, arrenditi. Carol, olio per gli ingranaggi della narrazione, ragione del tutto, è una figura con lo charme e il mistero delle donne dei noir vecchio stile. Quelle che, nei film in bianco e nero, immagino in attesa nelle stazioni ferroviarie, tra i fumi caldi dei motori. 
Fresca di divorzio, con una migliore amica – si mormora nei salotti – un po' troppo intima e una bambina che la legge pensa stia meglio lontano da lei. Di poche parole, sfuggente per natura: poco protagonista, nel romanzo che eppure porta impresso il suo nome aristocratico. E in un amore che a lungo, leggendo di loro, appare però opportunista e a senso unico. L'omosessualità era una patologia incurabile, un bacio nel privato era oltraggio e, se amavi un altro come te, dovevi scendere una fermata prima, in metropolitana, e incrociarlo a metà strada. L'importante era non destare sospetti. Patricia Highsmith, autrice della celebre serie su Ripley e i suoi ingannevoli talenti, racconta un amore saffico sotto falso nome. Carol, coraggioso e provocatorio per la sua epoca, nasce come romanzo psicologico nei primi anni cinquanta, ma riesce a metà. Un sentimento sospirato, sbrodolato, patito, che ha qualche languore – e qualche avverbio di modo – superfluo. A lungo, fino alle ultime pagine, le protagoniste non si capiscono. Chiacchierano, fumano, vanno a zonzo in auto. Meta finale, l'eduzione sentimentale di Therese; la sua crescita. Sembrano irresponsabili, fatue e il mondo circostante, che non mi è parso nemmeno così omofobo e maschilista, reagisce non tanto al loro legame, quanto all'abbandono del tetto familiare. 
Ho provato poche emozioni, se non a mente lucida, e una strana compassione per i pochi personaggi maschili: come Richard, innamorato non corrisposto e messo in un angolo. In pole position nella corsa agli Oscar, dopo i fasti a Cannes, Carol appassiona e strugge di più in sala. Caso raro, al pari de I Segreti di Brokeback Mountain, in cui alcune storie trovano al cinema la loro dimensione perfetta. Nel primo caso perché più commoventi, in questo perché meno stucchevoli, tanto è l'aplomb nella magnifica confezione. Troviamo uno sviluppo identico, ma personaggi cambiati in meglio. Rooney Mara, vulnerabile e acerba il giusto, non è una scenografa, ma cattura attimi in foto. Cate Blanchett, perfetta, è una Carol più protagonista e approfondita. Le due, con i ruoli cuciti a pennello e una tenerissima intesa, si rubano premi – la Mara, in primavera, ha vinto la Palma d'oro, e per me neanche troppo meritatamente - e scena. Ma la Blanchett è irraggiungibile quanto l'ultima diva superstite. Magnetica, affascinante come nessun'altra, regala alla sua Carol la mancata dimensione materna e tutta la vulnerabilità consentita. Ogni tanto è struccata, spettinata, “in borghese”: meno orgogliosa, approdata tra i comuni mortali. Le due donne, prima amiche e poi amanti, scappano in macchina dalle festività, dagli impegni a lungo termine, dagli occhi indiscreti. Thelma e Louise in una foto vintage, un detective privato sulle loro tracce, una fuga – d'amore – on the road: oltre il pregiudizio e i vetri appannati dei taxi. Splendide, loro, come in un quadro da museo. Carol è un racconto dolceamaro, dunque, a cui il regista di Lontano dal paradiso conferisce solidità e delicatezza. Tenue e carezzevole, nelle generose forme femminili e nei toni sommessi. Un melò sospeso nel tempo, che si guarda con occhi attenti, ma ammaliati e l'accompagnamento della straordinaria colonna sonora di Carter Burwell, che di questo rapporto non condannato per forza all'infelicità sottolinea il senso di struggimento e la connaturata classe. Più vistoso, comunque, che emozionante. Avete forse dimenticato la morsa allo stomaco nel vedere Heath Ledger stringere al petto la camicia del cowboy Jake Gyllenhaal? I baci caldi e le calde lacrime di Lèa Seydoux, che si trasforma in belva davanti alla confessione dell'infedele Exarchopopoulos? Qui, atmosfere affascinanti e morbide, suggerite prima dalla prosa ricamata – anche troppo, a tratti – di Patricia Highsmith, poi dalla regia da maestro di Haynes  anche troppo, a tratti. Luci ovattate, un pianoforte che suona in un angolo defilato, specchi per ottenere un effetto di profondità. Sapienti trucchi del mestiere e due muse dei capolavori pittorici di Degas: una mano affusolata a reggere il mento, lo smalto rosso, il cuore altrove. Il whisky le renderà brille, il Martini con ghiaccio le coglierà invece malinconiche, nei caffè e nelle camere d'albergo condivise. Luoghi cardine del loro amore (im)possibile.  Il libro: ★★½ Il film: 7,5 Il consiglio musicale: Etta James – At Last


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