Recensione a basso costo [libro e film]: Le domande di Brian - Starter for 10, di David Nicholls

Creato il 20 luglio 2015 da Mik_94
Forse è meglio pensare alla conversazione come a qualcosa di simile all'attraversamento di una strada; prima di aprir bocca dovrei prendere qualche secondo per guardare in entrambe le direzioni, e soppesare attentamente quello che sto per dire. E se significa che dovrò passare qualche secondo in più fermo sul metaforico marciapiede della conversazione, guardando a destra e a sinistra, e sia, perché è chiaro che non posso continuare a lanciarmi alla cieca in mezzo al traffico. Non posso continuare a farmi investire in questo modo.
Titolo: Le domande di Brian Autore: David Nicholls Editore: Beat Edizioni Numero di pagine: 398 Prezzo: € 9,90 Sinossi: È il 1985 quando Brian Jackson approda all'università di Bristol. Buffo e imbranato come tutte le matricole, imberbe diciottenne innamorato di Kate Bush e della sua musica, Brian cela una grande dote: sa rispondere a tutte le domande dei quiz. Un formidabile asso nella manica che gli consente di sbaragliare tutti alle selezioni di Bristol per la formazione della squadra da spedire all'"University Challenge", il popolare quiz televisivo che vede i college inglesi in gara tra di loro. All"University Challenge" Brian si imbatte nel primo grande problema della sua vita: Alice Harbinson, bella, leggiadra, femminile, sensuale, con i genitori così upper class e così anticonvenzionali. In una parola: irraggiungibile! Per la splendida Alice, Brian perde la bussola, ignora gli amici, combina disastri e trascura Rebecca, la ragazza impegnata che sa apprezzare il suo fascino di giovane colto e sensibile e che considera Alice una gatta morta che disonora l'intera storia del femminismo.                                        La recensione David Nicholls, a occhio e croce, è uno dei miei autori preferiti. Ha scritto poco, ma mi ha sempre dato tanto. Possibile? Possibilissimo, se gli Emma e Dexter di Un giorno – arrivati anche al cinema – nessuno se li scorda più e se la sua ultima fatica, Noi, si era rivelata una perla on the road che di strada ne percorreva tanta, fino a collocarsi tra il dramma familiare e la leggerezza del viaggiare senza meta. Prima della maturità, romanzi più modesti: Il sostituto, simpatica commedia su un aspirante star del teatro destinata alle porte sbattute in faccia, e – procedendo al contrario – Le domande di Brian. L'esordio che ho recuperato solo adesso. L'ho acquistato su Libraccio per pochi euro, mesi fa, nell'edizione Sonzogno: una versione vintage – sfortunatamente diversa da quella tascabile, con l'adorabile copertina che si sposa con gli altri romanzi della lista – per una storia vintage. Gli anni '80 e gli abiti con le spalline, la politica della Lady di Ferro e la gioventù in rivolta, le canzoni che non ci hanno mai abbandonato e quei quiz a premi che da noi, scomparso Mike Bongiorno, non sono stati più gli stessi. Quella volta in cui avevo il treno da prendere, l'ho visto lì, sul tavolino, pronto per l'uso, e ho deciso di portarmelo appresso. L'aria condizionata a palla nel vagone (miracolo), la giornata soleggiata ma non troppo (miracolo) e la Sessione Estiva che – nel viaggio di ritorno – non c'era più a procurarmi pensieri angosciosi (miracolo; traguardo) sono stati la morte sua, come si dice. Le domande di Brian è il romanzo da ombrellone perfetto o, se sei un fuorisede che va di fretta, la consolazione pre/post esame. Ambientato nell'Inghilterra di provincia degli anni più rimpianti in assoluto da chi è nostalgico per natura, è un romanzo di formazione con tutti i sacri crismi: voce fresca, triangoli amorosi, scuola e famiglia, rocamboleschi incidenti di percorso. Ma lo young adult secondo il nostro David Nicholls è un esordio spassoso, ma non troppo controcorrente, e una lettura piacevole senz'altro, ma poco imprescendibile. In parole povere: se volete leggere tutto dell'autore, mettete questo in coda. Mi aspettavo qualcosa di più, e forse è colpa mia. Ma ci ha abituati a cose più tutto – profonde, realistiche, toccanti – e quella, invece, è colpa solo sua. Nicholls scrive romanzi bellissimi, dunque davanti a un romanzo non brutto, semplicemente meno bello, carino, si resta un po' così. Vi direi una bugia, però, se affermassi che, durante la lettura, la cosa mi è pesata: il romanzo – e non si poteva pretendere diversamente, con al timone un autore simile – è divertentissimo, brillante, senza intoppi. 
Si ride e tutto, ma non si pensa granché: sebbene ci siano, gli spunti di riflessione sono gli stessi già suggeriti altrove. Oltretutto, poco familiare l'ambientazione, per me che sono abituato agli anni '80 dei Duran Duran e non di Kate Bush – la conosco, ma volutamente in modo superficiale: ha acuti così striduli e sottili che solo i cani percepiscono, e quando li sentono abbaiano come matti -, alle contestazioni pratiche e non agli scontri dialettici tra moderni Tory e Whig, alle grasse battute di un Animal House e non a un umorismo inglese davanti al quale le traduzioni italiane nulla possono e si procede, così, per note e asterischi. Però il protagonista eponimo – uno tipetto brufoloso e sbadato, che ama termini pomposi come “eponimo” e i pomposi film d'avanguardia – è una sagoma. Troppo imbarazzante per essere vero, Brian ha abbandonato la mamma vedova e i suoi scatenati migliori amici per il grande salto: il mondo universitario. In cui sogna di filosofeggiare per notti intere nel letto di ragazze splendide, di dormire in pittoresche mansarde come gli Scapigliati, di guadagnare centrimetri in altezza e bellezza aggiuntiva, di avere come amante una donna agèe, come in Il laureato. Al massimo, però, può ambire a un materasso sul pavimento – che non fa un futon, per la cronaca -, a due curiosi coinquilini che distillano birra in casa e al brivido della diretta tivù, grazie a un famoso quiz. Tra una figuraccia colossale e un vano tentativo di liberarsi le guance dall'acne, incontra Alice e Rebecca: si innamora della prima, angelica e popolare, e si lascia odiare dalla seconda, dark e scortese. 
Finché, in quasi quattrocento pagine, i ruoli si invertono, ancora e ancora: schiacciando il tasto rosso, lo sciocco Brian – che dice sempre la cosa sbagliata, nel momento sbagliato, all'interlocutore sbagliato – giurerà amore all'una o all'altra; alla testa o al cuore? Più ardua la risposta, mi domando, o reperire la versione cinematografica di quello che, in lingua, si chiama Starter for 10? Uscito dieci anni fa, ambientato trent'anni fa e destinato a esigui passaggi su Sky, da noi, con il titolo Il quiz dell'amore. Sul triste battesimo, stenderei rotoloni Regina di veli pietosi. Destino infelice per una commedia che in Patria è stata un successone e che ha il merito non da poco di avere (a) lanciato grandi attori britannici, (b) eliminato dal romanzo la ricerca della risata forzata, (c) trasformato quello che a volte aveva le esagerazioni di uno chick lit al maschile in una pellicola che, se fosse stata girata negli anni novanta, avrebbe avuto diritto, probabilmente, al più galante degli Hugh Grant. Non ci si può di certo lamentare, però, per la presenza di un giovanissimo James McAvoy – che potrei odiare, da presidente onorario degli impresentabili e degli impacciati, perché impersona un Brian assai meno impresentabile e impacciato, ma che appare abbastanza adorabile lì dove il personaggio originale era una mezza macchietta -, conteso dalla bambola Alice Eve e dall'affascinante Rebecca Hall – e sì, sono tutti più belli che nel romanzo, è il cinema!, ma almeno il triangolo appare meno inverisimile: è un idiota, lui, ma è un idiota che sembra James McAvoy. Tutt'intorno, allegri comprimari in mezzo ai quali spicca un Dominic Cooper che si atteggia a Fonzie, un irritante Benedict Cumberbatch, un tamarro James Corden. E con la sua colonna sonora da manuale – ma davvero, chi se la sorbiva la Bush? Meglio lasciare il posto, allora, a Smiths, Cure e compagnia bella – ha più orecchio, misura e una giusta dose di cultura generale che non guasta. Nicholls alla sceneggiatura, Tom Vaughan alla regia e – limitato l'esagerato – si raggiunge un appagante compromesso che suona, in definitiva, come la risposta esatta. Non badate alla semplicità delle domande, né alla prevedibilità delle risposte: dall'esterno noi potremmo essere anche certi di chi si metterà con chi, ma Brian è tutto un dubbio, tutto un'ansia. Un po' come capita nel rapporto tra me e i miei genitori, per capirci, quando li chiamo alla fine degli esami: da casa, erano tutti certissimi della mia promozione, ma a me che stavo lì, in corridoio, e tentennavo, e sudavo, e mi agitavo, chi assicurava che tutto sarebbe andato per il verso giusto? 
A volte, sarebbe bello darsi per scontati. 
Ma è così difficile farla facile. Il mio voto: ★★★     Il film: 7 Il mio consiglio musicale: The Cure – Boys Don't Cry