Il trentenne protagonista di questa imprevedibile storia lascia una claustrofobica e invernale Foggia per festeggiare il suo compleanno in Andalusia, prima tappa di un viaggio interminabile che lo porterà prima in Portogallo, poi in Siria e infine in Grecia.
Un viaggio, durato alcuni anni e narrato in prima persona, che non sarà solo un peregrinare geografico ma un vero e proprio cammino interiore, verso la riscoperta di sé, affrontando coraggiosamente le personali ritrosie e inquietudini sull’esistenza.
“La paura è il peggiore di tutti i demoni che si insinuano nel cuore dell’uomo”, evidenzia uno dei singolari personaggi incontrati dal giovane nel suo viaggiare, sostenendo come “sovente si ha così tanta paura di scoprire la verità che preferiamo non saperla”. L’intensa passione, ricambiata, verso una giovane esule siriana, porterà il protagonista a confrontarsi con realtà inattese, vibranti di vita. “Il dono più grande che ci ha fatto l’esistenza è il mistero. Se la vita potesse essere compresa avrebbe lo stesso fascino di un gioco di prestigio dopo che ci abbiano svelato il trucco”. E’ l’imprevisto, l’imponderabile, oscuro ed enigmatico ma anche attraente, che sostiene il cammino del giovane in questo inconsueto diario dell’esistenza, che offre continuamente spunti interessanti di riflessione concreta, quotidiana, agognando l’antica saggezza di cui ogni uomo ne intuisce il profitto. “Il saggio è una persona che non è soggetta ai condizionamenti che provengono dall’esterno: quali essi siano non hanno alcuna influenza su di lui, poiché ha imparato ad ascoltare la sua voce interiore”.
La lettura di Andrea Dilorenzo è accattivante, in un crescendo d’intensità. Ed è estremamente piacevole lasciarsi cullare nell’estasi dei tramonti, ripetutamente descritti, con gli struggimenti dell’animo umano ferito dalla pura bellezza nostalgica della calata del sole nel mare, in cui il cuore è trapassato dalla dolcezza e dalla malinconia, fusi in un tutt’uno. O nel riverbero di serenità che si avverte nell’ammirazione dello sterminato cielo stellato, “diventato così limpido che la luna pareva un bottone d’argento cucito su un’immensa stoffa blu su cui era stata sparsa della polvere d’oro”. Apprezzabili oltremodo gli acuti riferimenti alle popolari musiche andaluse, palpitanti e appassionate, tra fado, flamenco e musiche gitane.
Forse inutili se non perniciose le (comunque contenute) pagine dove traspare invece una chiara denuncia socio-politica: le ritengo inopportune, poiché non interagenti con gli sviluppi della storia, apparendo più che altro come sfoghi e dissertazioni dell’autore, meglio, se ricomposte ed esposte in altri contesti più congeniali. E magari era bene anche lasciar fuori dall’impianto narrativo, scorrevole e lineare, riflessioni inerenti al profondo significato del vivere (ma anche sulla filosofia o sulla religione), perché sembra prevalere un sentimento mesto e si dà l’impressione di voler salire in cattedra.
Interessante. Ottimo come lettura estiva, per godersi la freschezza dei viaggi, la suggestione dei luoghi lontani, non disgiunto da un sano intimismo.
Recensione a cura di Giancarlo Chiarenza