Recensione a Il canto della balena di Corrado Sobrero, a cura di Claudia Graziani

Creato il 29 ottobre 2014 da Andrea Leonelli @AndreaLeonelli


Fonte: Sololibri.netIl sogno di Corrado si è avverato: il suo Canto della Balena è divenuto cartaceo a gennaio 2014, edito da Tea (vedi il mio articolo “Galeotta fu la balena“). Ne sono ultrafelice, anche se lui non ha fatto in tempo a goderselo, essendo mancato poco più di un anno fa. Ora è in libreria e spero che ci rimanga a lungo, che tante persone possano ammirare il suo talento e riempirsi il cuore della luminosità delle sue pagine.Ripropongo di seguito la recensione che scrissi due anni fa, quando l’opera era un piccolo ebook. Adesso è un grande libro e Corrado da lassù forse sorride. Di sicuro qui vive attraverso la sua meravigliosa storia.Recensione: Porventura, Colombia, costa del Pacifico, anno 1890. Un villaggio di pescatori che coltivano lotti di terra. Una vita semplice, povera, che li vede con la schiena piegata in due più dalle angherie dei potenti che dal lavoro nei campi. La vita scorre, giorno dopo giorno, in un apparente strano equilibrio: da una parte la quotidianità semplice e ignorante della vita contadina, dall’altra racconti e sogni profetici di un Futuro (con la F maiuscola come il Fato) che verrà, annunciato da segni quasi mitologici.Questo l’inizio de “Il canto della balena” (Io Scrittore, 2012; TEA, 2014), un libro sorprendente, tanto conciso e diretto, quanto profondo e pieno di simboli potenti. Lo stile di Corrado Sobrero è quello della frase breve, del ritmo scandito dalla ripetizione delle parole chiave, più ipnotico che descrittivo. E proprio per questo ogni immagine arriva diretta al cuore, senza passare dall’intelletto, facendo vibrare intimamente le corde del lettore.La Balena è un’isola di roccia granitica sorta all’improvviso dal mare. Un ammasso di sassi che diventa, esattamente come lo stile narrativo per chi legge, un’immagine mentale, capace di stimolare in ogni persona quello che la stessa ha dentro e ha bisogno di far uscire. Di fronte alla Balena infatti la piccola Himelda esprime il suo talento intellettivo e intraprendente, il taciturno Pepillo trova le parole e la musica, la bella Ramira il coraggio di ricostruire la sua vita come donna, moglie e madre. Anita poi, la figura femminile che sembra la più amata dall’autore, trova nella Balena l’occasione per riesumare e riaffrontare da adulta un passato traumatico vissuto nell’infanzia, dal quale aveva sempre tentato di fuggire. Infine, sempre l’isola granitica, su cui l’amore delle persone aveva fatto nascere nuova vita, diventa anche colei che porterà all’apice le conseguenze della cattiveria delle persone violente, che hanno scelto di infierire sui deboli, umiliandoli e deridendoli. Ma lo straordinario messaggio finale del libro non sta nel complesso articolarsi di simboli e profezie, avverate in un’atmosfera quasi epica; al contrario, la Balena è ed è sempre rimasta solo un mucchio di roccia e il Futuro, quello che cambia la vita dei popoli e delle persone, risiede solo nell’ anima di queste ultime, nelle loro scelte, nei loro talenti e nella forza di trovare il coraggio di metterli a frutto, passo dopo passo. E come dice Leon, “il Futuro ci sa fare”. La storia mantiene dunque sempre una dimensione concreta e reale, pur andando a scavare negli abissi interiori dell’anima.

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