Recensione a “Il profumo del potere” di Giulio Biondi

Creato il 29 ottobre 2015 da Soleeluna

La polizia di New York indaga su due omicidi riconducibili allo stesso assassino. Il caso è affidato al tenente O’Malley. Grazie all’aiuto di un prezioso informatore, Joe Mannino, il tenente risolverà il caso, ma porterà a galla una verità scomoda. Progetti di potere, sul punto di realizzarsi, sfumeranno e la vita del tenente subirà una svolta inaspettata, non solo in ambito professionale.

L’inizio mi aveva lasciata un po’ titubante.

Era l’alba e pioveva abbondantemente; in realtà stava piovendo ininterrottamente…

Non sono una di quelle fissate con la questione dell’abuso degli avverbi, ma l’ho trovato un po’ pesante.

Pur avendo una struttura ben organizzata e una trama interessante, la storia non è riuscita a coinvolgermi. Non ha suscitato in me quella tensione che da un romanzo di questo genere ci si aspetta.

L’autore, in diversi passaggi, perde il punto di vista del personaggio attraverso cui racconta le vicende. E spesso accade che O’Malley esprime pensieri che appartengono a qualcun altro.

Ci sono scene che si ripetono spesso. L’autore esibisce la sua passione per la cucina italiana e per il buon vino, descrivendo nei dettagli colazioni, bar, pranzi e cene. Passaggi che ho trovato poco utili alla storia.

Anni di sottomissione alla serie Tv La signora in giallo non hanno fatto di me un’amante del genere, né un’esperta di indagini sugli omicidi, ma ci sono elementi nella storia che mi hanno lasciato delle perplessità. Le modalità di svolgimento delle indagini, per cominciare. È sufficiente una breve occhiata per stabilire che nella stanza non ci sono impronte dell’assassino e che abbiamo a che fare con un professionista? Come può il tenente affermare che una spia infiltrata, che non ha lasciato impronte e si è identificata sotto falso nome, non è schedata? Basta una manciata di ore per incrociare migliaia di dati per avere solo quattri indiziati? Davvero la polizia affiderebbe l’incarico di indagare sull’uomo più potente e pericoloso di New York a Joe Mannino, un informatore, ma pur sempre un malavitoso? Non è poco etico che dei poliziotti, fedeli al distintivo, vogliano vendicare con la violenza i colpevoli, piuttosto che cercare giustizia applicando la legge? È plausibile che un’operazione segreta venga spifferata a televisioni e giornali, con la preghiera di non dire niente fino ad arresto avvenuto?

Al di là delle mie perplessità, che rimando in parte alla mia mancanza di studio e approfondimenti in materia, ho apprezzato la velocità del testo. L’autore ha uno stile diretto e i personaggi sono ben caratterizzati.

Quello che mi è piaciuto meno è la prevedibilità della trama. L’assassino era già identificabile dalle prime pagine e questa cosa mi ha tolto il piacere della scoperta.

Due stelle, dovendo sintetizzare il mio giudizio complessivo.

 Recensione a cura di Angela Gagliano


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