Recensione a “L’eredità della spada” di Cristina Azzali

Creato il 26 novembre 2015 da Soleeluna

La recensione

E’ un elogio all’audacia, alla convinzione nelle proprie potenzialità, alla perseveranza nell’inseguire la propria propensione, il romanzo-prequel d’esordio di Cristina Azzali, “L’eredità della spada”, un coinvolgente romanzo di ambientazione storica di cui, appena sfogliata l’ultima pagina, brami inevitabilmente rituffarti a capofitto nel secondo capitolo della saga. E’ una sfida coraggiosa quella sostenuta dal giovane Arthur Dalen, protagonista della storia. Una sfida lanciata a un destino che si vuole cavalcare piuttosto che ritrovarsi a pensarlo come ad un’onda travolgente, dove tutto sembra già scritto e immutabile. Le gesta di questo giovane temerario, insoddisfatto della vita tradizionale e compassata che gli si presenta davanti, fermamente convinto di poter ambire ad un futuro autorevole e avventuroso, si dipanano nell’ipotetico regno dell’isola di Eryon, sconvolto da un sanguinoso conflitto, conclusosi con un ambiguo armistizio, probabilmente incapace, alla lunga, di garantire pace e giustizia. Un territorio in cui anche il lettore si addentra curioso, stuzzicato dalle vivide descrizioni dell’autrice, riuscendo quasi a respirare il vento rapace delle scogliere dell’Ovest, o a tremare di apprensione per le desolate lande di Erbos, o a rabbrividire nei boschi odorosi del Lokrin, fitti di ombre e mistero. L’eredità della Spada è un libro che ti lascia con il fiato sospeso, senza una vera conclusione, piuttosto con un rimando. Ad un prossimo capitolo.

La ricerca del suo posto nel mondo del giovane Arthur si annoda a un anomalo gruppetto, composto da una affascinante spadaccina, tanto integerrima quanto enigmatica; un possente cavaliere e una dolcissima maga sbarazzina; con una segreta missione da compiere. Le loro avventure si legheranno inscindibilmente, tra incomprensioni e speranze; tra scontri verbali e duelli, in mezzo a trappole, agguati, sfiancanti trasferimenti e bivacchi. I frequentissimi alterchi e le animate discussioni, che si apprezzano nello scorrere delle vicende, sono resi vibranti dalla accorta penna dell’autrice che illustra stati d’animo, mimica corporale, emozioni varie, in maniera sublime. Degni di una pièce teatrale. Sorprendentemente sono invece pochissimi i ricorsi alla magia, benché la maga Maelin sia praticamente presente in ogni pagina del romanzo. Anzi direi proprio che gli incantesimi sono del tutto ininfluenti ai fini della storia. Esemplare la narrazione del torneo cavalleresco, cuore della seconda parte del romanzo, precisa e accurata in ogni dettaglio, tanto da immaginare l’autrice fisicamente presente al limitare della lizza, come una cronista dell’epoca.

Si ritiene peraltro utile suggerire alcuni accorgimenti per impreziosire ulteriormente i capitoli successivi all’Eredità della spada: alcuni personaggi, magari di second’ordine, risultano eccessivamente stereotipati (come il maestro d’armi Boone; o il paladino Ferryman) e inoltre potrebbe essere interessante rivedere la struttura narrativa, che indugia assiduamente in lunghi periodi descrittivi: questi potrebbero essere “tagliati” per  accelerare il ritmo narrativo. Frasi più brevi, incise a coltello, contribuirebbero a rendere palpitante la cadenza degli eventi.

Nel complesso, però, prova ampiamente superata nel debutto editoriale della giovane autrice veneta: il composito mondo del thriller storico ha trovato una sua nuova, valida, interprete. L’augurio è quello di non lasciar attendere troppo il lettore per il prosieguo della saga perché si ha la netta impressione che le cose si complicheranno sempre più man mano che si procederà con la storia.

Recensione a cura di Giancarlo


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