Recensione: “A un passo dalla vita”, di Thomas Melis

Creato il 01 giugno 2015 da Ceenderella @iltempodivivere

Ritorno a pubblicare oggi, dopo settimane impegnatissime, nelle quali alzarsi alle sei e rincasare alle nove e mezzo ogni giorno mi han distrutta al punto tale da non lasciarmi respiro, se non per studiare nel poco tempo libero. Però ritorno con una recensione, di uno dei libri che in questi mesi, tanto pieni di soddisfazioni quanto duri, mi ha tenuto compagnia. Non lo avrei mai letto, forse, se non fosse stato l’autore stesso a propormelo, perché per quanto ami spulciare Goodreads, mai mi era capitato di imbattermici. E invece sono contenta di aver trovato nella posta in arrivo la sua mail e di aver accettato questa “sfida”, perché mi ha permessa di entrare in contatto con un genere di cui poco ho letto e che spesso e volentieri viene snobbato specialmente dai più giovani. Ma, soprattutto, mi sarei persa tanto.
Per cui, grazie Thomas, e infiniti complimenti!

Titolo: A un passo dalla vita
Serie: A un passo dalla vita #1
Autore: Thomas Melis
Editore: Lettere animate
Anno: 2014
Pagine: 326
Lo potete trovare in ebook qui e qui e in cartaceo qui

È una Firenze fredda, notturna e mai nominata quella che fa da palcoscenico alla storia di Calisto e dei suoi sodali, il Secco e Tamagotchi. La città è segnata dalla crisi globale, dietro l’opulenza pattinata del glorioso centro storico si nasconde la miseria dei quartieri periferici. Calisto è intelligente, ambizioso, arriva dal Meridione con un piano in mente e non ha intenzione di trasformarsi in una statistica sul mondo del precariato. Vuole tutto: tutto quello che la vita può offrire. Vuole lasciarsi alle spalle lo squallore della periferia – gli spacciatori albanesi, la prostituzione, il degrado, i rave illegali –, per conquistare lo scintillio delle bottiglie di champagne che innaffiano i privè del Nabucco e del Platinum, i due locali fashion più in voga della città. Calisto vuole tutto e sa come vincere la partita: diventando un pezzo da novanta del narcotraffico.

Raramente, per quel che mi riguarda, gli esordi son capaci di colpirmi a fondo e obbligarmi a pensare, riflettere su ogni singolo aspetto del mondo che l’autore o l’autrice mi spiega di fronte e al tempo stesso rende vivido il minimo dettaglio, talmente realistico da crederlo plausibile se si ripercorressero le stesse strade dei suoi protagonisti o ci si immergesse nel loro universo fino a lasciarsene assorbire. E, ancor più raramente, mi capita di legger romanzi ambientati in luoghi che conosco come le mie tasche, talmente bene che riesco a figurarmeli di fronte agli occhi durante la lettura e, tuttavia, iniziare a guardarli con occhi differenti grazie o per colpa di Calisto, che filtra la mia Firenze col suo cinismo disincantato e spietato, che non salva niente e nessuno, che ci consegna agli abissi in cui lui stesso affoga e ci impone di lasciarci andare, come lui, accettarne ogni aspetto finché non se ne riemerge con la speranza di controllarli, domando tutto, conquistando ciò che pareva inconquistabile.
Non è una storia semplice, questa, così come non sono temi facili quelli trattati e avvicinarvisi è accettare di entrare in contatto con qualcosa che prenderà a schiaffi più e più volte, in una corsa a perdifiato nel buio dei desideri più sordidi, che scava nell’anima di tre amici mossi dalla voglia di innalzarsi, scrollarsi di dosso l’amara realtà della miseria e osservare il mondo dall’alto in basso, ma anche una corsa dal finale già scritto, prevedibile non per una falla narrativa, quanto perché da quel destino non si scampa, una volta scelto, una volta abbracciati tutti i suoi rischi e questo Calisto lo sa bene, nonostante cerchi di ostentare una sicurezza di fronte agli altri che gli sta stretta e inizia a metterlo di fronte all’inevitabile. La sua è un’esistenza difficile, che richiede sforzi e non assicura affatto il risultato sperato, la loro è una storia di sconfitti per nascita che cercano – anzi, pretendono – di avere dalla vita quel che questa si ostina a negar loro, a ogni costo, senza badare alle conseguenze, non pensandoci e semmai fingendo che non esistano. A un passo dalla vita è un romanzo duro, che senza alcun orpello tratteggia una storia di droga e attualità, di passioni e ordinaria illegalità, che indaga nell’esistenza del suo protagonista, un ragazzo di ventisette anni, arrivato, per studiare Economia, da una provincia del sud Italia in una città che gli è ostile perché non non lo accoglie spalancandogli le braccia della Firenze bene e lo fa sentire ai margini, un disadattato che cerca disperatamente – con gli amici inseparabili Tamagotchi e il Secco – di potervi accedere senza alcun merito. Ma non è il potere quel che Calisto brama, quello che lo spinge a superare il confine tra la legalità e l’illecito, quanto ciò che questo rappresenta, i soldi che ne derivano e ciò che comportano: quel che ne esce è l’immagine di una società fondata sull’apparenza, sul giusto abbigliamento e le amicizie importanti per esser notato e guardato con rispetto ed ammirazione, come uno che è arrivato. Un ritratto squallido, fastidioso, che si accompagna a qualcosa che turba la lettura fin dal suo principio e che proseguendo si infiltra sempre più tra le pieghe della narrazione palesandosi con la sua presenza inquietante, un senso di ostinato dolore che fa a pugni con l’ostentata impassibilità di Calisto e lascia intuire un dolore più profondo, qualcosa che droghe, amicizie con quelli che contano e soldi non riescono a lenire. È un disagio che è in fondo sempre stato presente, paziente accanto a lui in attesa del momento opportuno per palesarsi e obbligarlo ad aprire gli occhi sulla fossa nella quale si è addentrato consapevolmente, spinto dalla delusione di un amore naufragato per distanze sociali incolmabili e dall’impatto destabilizzante con una società che niente gli regala. Ed è un disagio che porta all’incrinarsi di strutture che sembravano solide e di amicizie che avevano il sapore di fratellanza, alla messa in discussione di tutto quello che è stata la sua vita negli ultimi anni e di quel che credeva vero, giusto, meritevole.

Avrebbe potuto ottenere tutto quello che desiderava. Avrebbe potuto ottenere molto di più,  indubbiamente molto di più, ma si era sempre fermato prima di arrivare, sempre a pochi centimetri dal traguardo, sempre a una posizione prima del gradino più alto del podio. Sempre a un passo dalla vita.

A un passo dalla vita è uno scontro tra desideri e ambizioni, tra la voglia di farsi un nome che tutti conoscano e la ricerca di qualcosa di pulito al quale aggrapparsi in un mondo corrotto, ed è destabilizzante, se non a tratti disturbante, percepire ogni singola sensazione di Calisto, vederlo scivolare giù nel baratro dei suoi mostri, mentali e reali, grazie a una scrittura fluida e avvincente, coraggiosa nello scegliere di non mettere alcun filtro né fare sconti di qualsiasi sorta ai suoi protagonisti, e quindi ai lettori, in quel che è un’angosciante realtà che non risparmia niente e nessuno e fagocita chiunque non sappia tenerle il passo. Niente è scontato, nel romanzo di Melis, i colpi di scena si avvicendano e sanno incollare alle pagine anche i meno avvezzi al genere, regalando una cavalcata al cardiopalma della quale, vi giuro, è difficile stancarsi. Istruttivo, senza volerlo essere, né pretenzioso, è il libro che vi terrà svegli la notte, assicurato.

Voto: ❤❤❤❤❤


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