Pubblicato da Stefania Auci Cari lettori, oggi vi presenteremo un romanzo che non è una nuova uscita. Si tratta di Ai confini della terra, ossia la Trilogia del Mare di William Golding. Per chi non lo sapesse, Golding è l’autore de Il Signore delle Mosche, un distopico crudele e splendido, oltre che il vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1983. Mattone in vista? Nient’affatto. Ai confini della terra è un libro epico e coinvolgente che lascia un segno nel cuore del lettore e una sensazione di vuoto nel momento in cui si chiude l’ultima pagina.
Trama: Ai primi dell’Ottocento un vecchio vascello da guerra disarmato lascia le coste dell’Inghilterra diretto in Australia. A bordo, tra la folla multiforme dei passeggeri, c’è il giovane Edmund Talbot, destinato a importanti incarichi nell’amministrazione di Sua Maestà nel Nuovissimo Mondo. Il suo lungo viaggio, raccontato dapprima in forma di diario e infine in una sorta di autobiografia, sarà denso di vicende, incontri, rivelazioni, scandito dal trascorrere delle stagioni e dalla infinita mutevolezza del mare.
RECENSIONE XIX secolo, Inghilterra, porto imprecisato. Protagonista: Edmund Talbot. Giovane rampollo di una nobile famiglia in serie difficoltà economiche, Edmund deve assumere un incarico di rilievo presso l’amministrazione coloniale in Australia. Quest’ufficio, ottenuto grazie all’influenza del ricco e potente padrino (di cui non conosceremo mai il nome), rappresenta per il giovane il primo momento in cui egli lascia l’agiatezza e la tranquillità della dimora paterna per affrontare il mare e il mondo. Di lui intuiamo l’età, tra i venti e i venticinque anni: lo apprendiamo dalle sue parole, così come comprendiamo subito che si tratta di una persona altezzosa e piena di pregiudizi.
Il racconto è organizzato secondo le modalità tipiche della letteratura ottocentesca e diviso in tre parti. La prima, Riti di passaggio, è scritta in forma epistolare/diaristica, simile ai romanzi di formazione cui si ispira e che in vario modo richiama. Ma già dalle prime pagine l’intento didascalico viene meno, soppiantato dalla sorpresa e dalla meraviglia che l’autore riesce a trasmettere al lettore attraverso le immagini e le vicende raccontate da Edmund. Calma di vento, la seconda, è un reportage di viaggio mentre Fuoco sottocoperta, terza e ultima parte, è un vero romanzo classico.
Attorno a Edmund c’è un microcosmo di personaggi che anima le pagine del libro e che Golding descrive attraverso gesti ed abitudini, senza dare una loro raffigurazione fisica. C’è un mondo di emigranti poveri e disperati che alloggiano nel ventre della nave, costretti in spazi angusti; e ci sono i ricchi, i passeggeri che occupano cabine simili a celle monacali. C’è il pittore Brocklebank con la “moglie” e la “figlia”, Zenobia, una giovane donna disinibita; c’è Mr. Prettiman, un filosofo di ispirazione socialista costretto a lasciare l’Inghilterra per le sue idee politiche; miss Granham, costretta a emigrare per lavorare come istitutrice e che diverrà la moglie di Prettiman; la famiglia Pike e in particolare, il capofamiglia, un ometto pavido; il reverendo Colley, un mite religioso che sarà la vittima designata della crudeltà latente nella nave. La nave – una vecchia imbarcazione militare riadattata per il trasporto passeggeri perennemente sul punto di affondare – diviene lentamente una terra di nessuno, dominata da logiche e regole che i personaggi, primo fra tutti Edmund, faticano ad accettare o condividere. Dominus e padrone della nave è il capitano Anderson, un uomo burbero e scostante, che non sopporta il contatto con i viaggiatori e men che meno con Colley, che osteggia in ogni modo poiché è profondamente anticlericale. Questo suo atteggiamento, insieme allo sguardo severo e spocchioso degli altri passeggeri e alla derisione dei membri dell’equipaggio, porterà a conseguenze tragiche per il mansueto religioso che, vittima di scherzi crudeli – e di una beffa dai risvolti tragici – finirà per lasciarsi morire, travolto dalla vergogna. Questo episodio su cui è incentrato Riti di Passaggio segnerà profondamente Edmund, innescando in lui riflessioni difficili da cui scaturiranno le considerazioni sulle vicende narrate in Calma di vento.
Nella seconda parte, infatti, Golding abbandona l’impianto diaristico per fissare maggiormente la sua attenzione sulle dinamiche che intercorrono tra i passeggeri e i membri dell’equipaggio. Per il cognome che porta e per l’influenza del suo padrino, Edmund si trova in una condizione privilegiata. A metà strada tra il rigido verticismo degli ufficiali della nave e la ricerca di evasione dei passeggeri che sono insofferenti per i limiti imposti da una nave sul mare. Pian piano i rigidi vincoli sociali e gerarchici si allentano, fino a che gli ufficiali e i passeggeri – specie quelli che sono alloggiati nelle cabine – iniziano a provare le medesime esperienze, sensazioni, paure. Il massimo momento di condivisione si verifica quando, durante una lunga torrida bonaccia, un altro veliero si avvicina alla vecchia nave bloccata nell'oceano. C’è panico e timore: la guerra con la Francia napoleonica è in corso, la nave non ha armi tali da poter resistere a un assalto, gran parte dei passeggeri non ha mai combattuto. Costretti dalla necessità, equipaggio e passeggeri preparano l’assalto per una nave che si avvicina… salvo poi scoprire che si tratta dell’Alcyone, un’altra nave inglese.
In questo momento, il lettore assiste a un altro cambiamento epocale per Edmund. La scoperta del vero amore. Il giovane trova in Marion Chumnley la donna ideale: spiritosa, fragile e insieme forte, arguta e bella. Sarà il legame con questa persona a dominare tutta la terza parte, assieme all’amicizia che lega Edmund al tenente Summers e a Mr. Prettiman. In Fuoco sottocoperta, la trasformazione di Edmund è completa: da borioso ragazzino egli diviene un uomo costretto a confrontarsi con le asprezze della natura e con le meschinità degli uomini. Quando raggiungerà l’Australia, dell’Edmund sicuro della propria carriera e della sua mania di rispettabilità non è rimasta che una pallida eco. A Sidney arriva un uomo disincantato, duro, conscio che i legami più saldi sono quelli che si creano con le persone con cui si ha un’autentica affinità di spirito e non con quelle che vantano il medesimo lignaggio. La solitudine e il senso di perdita che il protagonista avverte al termine della narrazione vengono mitigati dalle emozioni intime ed intense che egli prova verso Marion, e ne rappresentano il completamento.
La grande forza di questo romanzo è la scrittura di Golding: plastica, mutevole, essenziale nel rendere la trasformazione e la crescita interiore di un protagonista che all’inizio appare spocchioso, persino odioso, ma che al termine è divenuto un uomo empatico e maturo. In questo volume che è direttamente collegato alla grande tradizione anglosassone dei romanzi di formazione e di mare vi avverte il respiro epico delle grandi narrazioni: da Stevenson a Conrad, da Thackeray a Poe e Lovecraft. La nave e il mare divengono personaggi, insieme alla furia degli elementi o alle emozioni umane. Si respira la forza potente del mare, di una natura che non può essere domata: il lettore viene spogliato dalle proprie sicurezze e portato sul ponte di una nave scomoda e sporca, sballottata dalle tempeste. La forza evocativa delle descrizioni di questo romanzo è semplicemente straordinaria.
I personaggi di Golding non sono archetipi in cui ravvisare delle personificazioni umane quanto piuttosto, figure sfaccettate, complesse, i cui comportamenti sono esasperati dalla paura (il signor Pike), dalle privazioni (I Brocklebank) o dall’ambizione, come nel caso del tenente Benet. Nel momento in cui la situazione di crisi cessa, essi tornano ad essere “normali” e la loro condotta consona allo status sociale. Tuttavia Edmund (e il lettore) sanno quale meschinità o quale grandezza si celino dietro la loro condotta ed è in grado di guardarli con disincanto, talvolta con un ironico spirito di sufficienza.
La scrittura di Golding è ricca, sontuosa nell’aggettivazione e ricca di perifrasi, legata alle tipiche espressioni del romanzo classico. Interessante è l’uso del gergo marinaro: all’inizio Edmund si vanta di volerlo conoscere per poter divenire un marinaio provetto; ma bastano poche settimane di regime duro sulla nave e di mal di mare per spezzare la boria del piccolo nobiluccio. Alla fine della storia – dopo un anno di navigazione – egli imparerà a usare il lessico marinaresco senza alcuna affettazione, e questo testimonia la maturazione e il profondo cambiamento del personaggio. Ha imparato l’umiltà, lo spirito di collaborazione, la forza d’animo; ha sperimentato su di sé la vergogna, il rimorso e la paura. Ha compreso, come dice il tenente Summers, che egli ha delle responsabilità legate al proprio ruolo e al proprio incarico e che a queste deve obbedire. E alla fine, quando non vi sarà più nulla in cui sperare, quando anche le sue aspettative sociali e di carriera saranno crollate, egli avrà compreso questo messaggio, e sarà pronto ad affrontare la vita adulta.
Da questo romanzo è stato tratto un period drama dalla BBC. To the ends of the earth. Disponibile unicamente in lingua originale, è stato girato in Sudafrica nel 2006 (nel cast Benedict Cumberbatch; Sam Neill; Jared Harris): tre puntate, approssimativamente corrispondenti alle tre parti del romanzo. Scenografia accurata, costumi e recitazione impeccabile, e fedeltà al racconto fanno di questa miniserie una piccola chicca per appassionati. La direzione della serie ha puntato soprattutto a rendere forte il legame tra lo stato d’animo del protagonista e la natura che lo circonda; d’altra parte, attesa la notevole lunghezza e complessità della storia, sono stati tagliati alcuni dei sub plot presenti, focalizzando tutta l’attenzione Edmund Talbot. La serie è affascinante, sopratutto per come è stata resa l'idea della vita all'interno della nave e per la fotografia e la sceneggiatura. Lo spirito del romanzo non è stato tradito e anzi: è stato salvaguardato in maniera puntuale e precisa permettendo a chi non ha voglia, o tempo, o modo di leggere quest’opera magnifica, un piccolo assaggio dell’aria che si respirava ai confini della terra.
L'AUTORE William Golding nacque a St. Columbus Minor, in Cornovaglia, nel 1911. Dopo aver studiato a Oxford si arruolò nella Marina. Durante la guerra ebbe incarichi di comandante, partecipando all'affondamento della Bismarck e allo sbarco in Normandia nel 1944. Dopo la guerra, fu insegnante di inglese, filosofia e greco. Balzò alla ribalta letteraria nel 1955 con Il signore delle mosche, ormai considerato un classico del '900. Nel 1983 gli fu conferito il Premio Nobel («per i suoi romanzi che, con la chiarezza dell'arte narrativa e con l'universalità e la complessità del mito, illustrano la condizione umana del mondo d'oggi.») Tra le sue altre opere si ricordano: Caduta libera, La piramide, Uomini nudi, Pincher Martin, L'oscuro visibile e La doppia voce. Morì a Falmouth nel 1993. L'unica cosa che era disposto ad ammettere di se stesso era di essere un autentico uomo di mare: «Lo sono, capisco i marinai e le navi, conosco il mare».