Recensione: Altrove da Me – Lucilla Galanti

Da Ayameazuma

Recensione: Altrove da Me – Lucilla Galanti

Posted by Nephrem On'Yn'Rah on set 5, 2011 in Blog, Libri e dintorni, Recensioni | 1 comment

Titolo: Altrove da Me
Autore: Lucilla Galanti
Editore: I Sognatori
ISBN: 978-88-95068-05-3
Pag: 145
Prezzo: € 9,90Recensisco (o meglio, pubblicizzo, data la brevità di questa “recensione”) questo romanzo molto tempo dopo averlo letto ma nonostante questo avendo sempre bene a mente la storia che è riuscita a rimanermi in testa, il che è già di per sé un primo punto a suo favore, data la tendenza di molti romanzi contemporanei di sparire dalla mente del lettore pochi giorni dopo averli letti.
Ma basta con la premessa e passiamo ai fatti salienti riguardanti la storia, la descrizione del libro direttamente dal sito de I Sognatori:

il regista Mario Bava dichiarò una volta: “dipendesse da me, girerei un film ambientato in una sola stanza, con un solo personaggio, e tutti gli orrori del mondo racchiusi in quello spazio”. Lucilla Galanti, in questa opera prima, in qualche modo ha scritto la sceneggiatura di quel film inesistente. “Altrove da me” parla infatti di una ragazza che, nel chiuso del proprio appartamento, si ritrova a dover affrontare i propri demoni (dostoevskianamente intesi), il proprio disagio nei riguardi di una realtà esterna che non comprende e non ha nessuna intenzione di comprendere. Ne deriva una diversità (una “mente particolare”, verrà definita la protagonista) che per lei sarà fonte di orgoglio e per altri sintomo di un profondo disturbo psicologico. Una domanda ronzerà perennemente nella testa del lettore: le esperienze vissute dalla ragazza sono reali o sono il frutto della sua immaginazione? Quel che è certo, “Altrove da me” descrive con rara efficacia quel disagio così spesso citato fra le pagine del libro, il disagio che blocca ogni via di fuga, reale o irreale. Può far male, “Altrove da me”. E indurre più di qualcuno a riflettere sull’oppressione che la vita esercita nel quotidiano, sul peso della routine, sulla mancanza di spiragli, sul nero che come un drappo cala su di noi quando – anche per un solo momento – ogni speranza è persa. A stemperare il tutto, un umorismo nero di rara efficacia (vera chiave di lettura del romanzo) e picchi di lirismo notevoli.

A questa descrizione io aggiungengerei un ulteriore dettaglio riguardante la protagonista (e gli altri due personaggi che appaiono in due brevi interludi) e cioè la sua stranezza.
Perché la protagonista, la narratrice della storia, non è solo una “mente particolare” ma anche una “mente strana”, bizzarra, insolita.
E non solo lei ma tutta la storia che ci racconta è strana e bizzarra ma non per questo meno interessante, al più soltanto di difficile comprensione.
Perché è vero, “Altrove da Me” riesce a lasciarti col dubbio che i fatti raccontati dalla protagonista siano reali o meno, se siano solo frutto di sue allucinazioni (altro aggettivo adatto al racconto: allucinato) o se veramente, ciò che le accade è reale.
Chi legge è costantemtne incline a chiedersi se realmente le persone incontrate dalla protagonista improvvisamente si siano trasformate in delle Frida (e chi vuol sapere chi o cosa è una Frida che compri il romanzo e lo legga) o se la protagonista è davvero perseguitata da una vena da compagnia e da un gigante invisibile. Nota a parte va fatta per lo stile narrativo: il libro è strutturato come un lungo monologo/diario della protagonista (il cui nome mai ci è rivelato) tanto contestualizzato all’interno della storia da subire gli effetti della malattia (il D I S A G I O) di cui soffre la nostra narratrice, tanto che in più punti della storia la narrazione si fa frammentata, divagante e flusso di coscienza.
La Galanti dimostra di saper padroneggiare i vari stili narrativi cui si da, dimostra di saper gestire la personalità della sua protagonista e la stesura di questo Diario in maniera sempre realistica (dove però l’aggettivo si riferisce più che altro alla sola parola scritta e non a ciò che essa descrive, come detto sopra questo è un romanzo decisamente strano) e mai inverosimile, non vedremo mai la protagonista esprimersi con un linguaggio che non ci aspetteremmo da lei per “necessità narrative” e se la narratrice sta male allora anche ciò che scriverà risente di questo male, e così via, sino alla fine.Concludendo, spero vivamente di veder altri romanzi della Galanti in giro per il web o ancora meglio in una libreria (che, nonostante la situazione attuale delle medesime, è sempre una soddisfazione) poiché sono dell’idea che merita decisamente d’essere letta.