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Recensione "Battuta di caccia" di Jussi Adler-Olsen

Creato il 23 agosto 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Recensione "Battuta di caccia" di Jussi Adler-Olsen

Pubblicato da Antonella Albano Cari lettori, 
la casa editrice Marsilio ci ha regalato il secondo libro della serie dedicata all'ispettore Carl Mørck, ad opera dello scrittore danese Jussi Adler-Olsen. Questo nuovo ponderoso giallo “Battuta di caccia” segue “La donna in gabbia” che Diario ha già recensito QUI. La serie ha avuto un notevolissimo successo fra i lettori di parecchi paesi dove è stata tradotta: questo per dire che non sarà strano vederla presto trasformata anche in una serie di film, il primo dei quali si comincia a girare a ottobre. Insomma prepariamoci per il futuro, perché, fortunatamente, di Jussi Adler-Olsen e dell'ispettore Mørck, con la sua sezione Q, sentiremo ancora parlare.
Titolo: Battuta di caccia
Serie: Sezione Q Libro: II Autore: Jussi Adler-Olsen Editore: Marsilio Collana: Farfalle/ I GIALLI Pagine:  496 Prezzo: 18,50 Data di uscita: 2012 Trama: Sono passati vent'anni da quando i corpi martoriati di due ragazzi, fratello e sorella, sono stati ritrovati nella loro casa di vacanza, nel nord della Danimarca. Le indagini della polizia conducono a un gruppo di studenti ospiti di un collegio molto esclusivo nelle vicinanze. Ma le prove a loro carico non sono sufficienti, e il caso viene archiviato. L'incartamento finisce sulla scrivania di Carl Mørck, e il capo della Sezione Q per i "casi di speciale interesse" ben presto si rende conto che tra quelle pagine c'è qualcosa di molto, molto sbagliato. Con l'aiuto di Assad, suo misterioso assistente siriano, Mørck comincia un'indagine attraverso le gerarchie della società, dal più disperato dei barboni della stazione fino agli uomini ai vertici del potere. La caccia è cominciata.
RECENSIONE Questo romanzo prende moltissimo. È un primo dato, molto epidermico, ma è importante che sia così quando si vuole godere della lettura. Interroghiamoci, dunque, sul perché. Che Adler-Olsen scriva bene lo avevamo già scoperto con "La donna in gabbia": si viene trascinati facilmente nella situazione descritta da una lingua semplice, ma non banale. Carl Mørck, quest'uomo non più giovane, né tagliente e ombroso come l'ispettore Callaghan, né “mossoso” e manierista come l'ispettore Colombo, consente al lettore di sentirsi a casa, nel procedere attraverso il suo punto di vista. E' stropicciato dalla vita, solido e normale in qualche modo, ma incapace di lasciare che gli altri prendano una decisione al posto suo. Catturato dal fascino morbido della psicologa — che deve seguirlo per ordine del Dipartimento di Polizia danese — Mona Ibsen, e portato all'esasperazione dal suo improbabile assistente siriano e dal nuovo acquisto della sezione Q, l'indisponente Rose. Insomma ci piace. La storia, come nel primo romanzo, ci conduce anche questa volta nei meandri oscuri della natura umana. 

Anche i gialli scandinavi, come questo, contemplano sì la lotta contro il crimine — ad opera di poliziotti più o meno integerrimi e outsider — e portano il lettore a considerare gli abissi del male, scavati dentro le figure dei colpevoli. Fa parte dei luoghi comuni del genere, anzi della letteratura di genere, che ha le sue leggi. In ogni caso abbiamo la colpa, il crimine, la lotta del criminale per scampare alla giustizia, e l'eroe, l'investigatore che insegue il colpevole e la verità, disposto a pagare di persona finché non lo consegna alla legge. Le mille ombre del male dominano, in ciò che di peggio la natura umana può concepire. L'intelligenza e l'intuito del giusto sono l'ancora a cui aggrapparsi per non rimanere sperduti da certe consapevolezze. Questo è il giallo, questi sono i binari in cui la narrazione deve scorrere. Un esempio classico è Patricia Cornwell nei cui cattivi troviamo una vera e propria discesa agli inferi nella descrizione del male di cui gli uomini sono capaci. Vette sadiche e cattiverie nere più della notte che la dottoressa Kay Scarpetta deve fronteggiare. Anche Michael Connelly è un maestro (non vogliamo certo citarli tutti) e Harry Bosch è un detective molto ben delineato. Sto parlando di gialli americani, ovviamente, ma il discorso sarebbe troppo ampio altrimenti. Qui, in questa storia ambientata in Danimarca — coerentemente con i dettami del genere — in apparenza non si spendono molte parole per l'approfondimento psicologico del protagonista; ma le lenti con cui i lettori guardano il panorama umano e sociale in cui i personaggi vivono sono quelle di una fondamentale umanità, semplice ma certa, che efficacemente contrasta con la controparte negativa, Kimmie, e il suo vecchio gruppo di amici. 
Siamo, infatti, accompagnati a conoscere l'efferatezza dei comportamenti tenuti da un gruppo di compagni di collegio parecchi anni prima. La sezione Q, infatti, si occupa di quelli che vengono chiamati cold case, vecchi casi irrisolti. Qual è dunque la differenza? A mio parere il preciso intento di denuncia sociale da parte di Jussi Adler-Olsen. Certo, questa componente è presente anche nella produzione di altri giallisti ed è insita nel genere: è come se nella descrizione del male ci fosse una percentuale di compiacimento e un'altra di denuncia. Eppure qui, in questa storia, essa appare più calda e umanamente dolenteGiovani prepotenti, esaltati dalla cocaina e dalla visione di film violenti tipo Arancia meccanica di Stanley Kubrick, picchiano crudelmente la gente, compagni di scuola ed estranei, presi a caso, per sfogare la loro voglia di violenza. Dai pestaggi alle uccisioni il passo non è lungo: è una specie di droga, da concedersi oculatamente una volta ogni tanto, coprendo accuratamente le proprie tracce. Fin qui nulla di strano o di diverso dai dettami del genere: il punto è che la genesi di questa mostruosità, viene mano a mano rivelata, attraverso il dipanarsi degli indizi e delle storie del branco, con un occhio particolare alle cause sociali che la determinano. La freddezza emotiva in certe famiglie dell'alta società; il crollo interno di certezze e rapporti, ricoperto da una patina brillante di mondanità. L'assenza di valori e calore umano, sapientemente nascosta in questi alti vertici del mondo economico danese — che trova la sua sacralizzazione nel lustro tutto esteriore dei collegi di lusso —, dove i ragazzi crescono fra mille attività che sviluppano le loro capacità intellettive e imprenditoriali, ma in cui l'io dei giovani viene perversamente schiacciato o misconosciuto, e che poi generano una solidarietà di gruppo che dura per l'intera vita e che si trasforma in omertà. 

Quando la brutalità perversa si sviluppa in questo gruppo di adolescenti, che nel presente sarà il fior fiore della società opulenta danese, quella che riempie le pagine economiche e mondane dei giornali, si crea un'appartenenza fortissima che però produce una ribellione. Infatti Kimmie, la ragazza del gruppo, la più crudele all'epoca, ma anche quella che, segnata atrocemente da una perpetua mancanza d'affetto, svilupperà il desiderio di venirne fuori, si ribella al gruppo. Kimmie, ricchissima, ma ridotta a vivere come una barbona per salvarsi dal branco vendicativo, resa folle, ma sempre umana nella sua vulnerabilità, è un personaggio memorabile.

Tutta la sapiente costruzione del giallo scopre lentamente questo personaggio. La storia fa rabbrividire, commuove e scuote e finisce in un climax in cui l'umanità “normale”, la sanità affettiva di Carl Morck incontrano quella folle e addolorata di Kimmie. La sfiorano di fatto, ma l'ottica “morale” è affidata a questo sfiorarsi ed è fortissima, risalta in un contraccolpo che coinvolge il lettore. Cosicché scaturisce dalla dinamica narrativa un forte giudizio sulla società danese. Il male che spinge ai crimini è collocato con grande precisione: descritto nelle dinamiche di potere, nelle sacche di perversa cattiveria che possono essere tranquillamente coltivate in una società che si vuole dichiarare democratica e libera. Uomini d'affari potenti e cacciatori per vocazione; gli uomini del branco sono imperatori della decadenza che coltivano la schiavitù e che tengono in pugno l'alta società danese, ricattandola grazie alla possibilità di sfogare, in modo protetto e sicuro, il loro modo di vivere innamorato del rischio, violento e prevaricatore. Eppure, non sono, nemmeno loro, ritratti come "il male", come se l'autore volesse loro conservare lo status di vittime, seppure consenzienti e gaudenti. Nel frattempo la storia di Carl, e della sezione Q, procede, nella trama a lungo termine, che sviluppa il suo rapporto con Assad, il divertente e misterioso siriano, uomo delle pulizie, ma preziosissimo investigatore. Nel lettore cresce la curiosità sulla vera identità di questo immigrato, mentre Rose — la nuova aggiunta della sezione — porta complicazioni. E, altro elemento che dà continuità alla serie, Carl sta per cedere alla timida richiesta del suo ex collega, Hardy, che vuole lasciare l'ospedale in cui è accudito e trasferirsi a casa di Mørck. Entrambi furono colpiti in uno stesso scontro a fuoco, poco chiaro nelle sue dinamiche e motivazioni: Carl ne ha ricavato un'importante cicatrice, e Hardy è rimasto tetraplegico. Il lettore è portato a coltivare delle riserve sullo stesso Carl; a interrogarsi persino sullo questo accattivante protagonista, il detective Mørck, così scomodo, ma così essenziale per la polizia danese. Davvero Carl si porterà a casa il suo ex collega, con tutte le difficoltà che questo comporta? Davvero suo figlio Jasper se ne andrà a stare dalla madre? Ed è in qualche modo colpevole di quella terribile sparatoria che fa da sfondo alla serie? A questo troveremo risposta nel prossimo romanzo della serie, mentre un nuovo caso metterà ancora una volta alla prova la strana Sezione Q.
L'AUTORE
Jussi Adler-Olsen (1950), giornalista, ha esordito con la serie della Sezione Q guidata da Carl Mørck nel 2007, ed è l'autore danese di gialli più venduto nel mondo, al vertice delle classifiche tedesche da tre anni consecutivi. I suoi libri, che saranno tradotti in 22 Paesi, hanno conseguito importanti riconoscimenti internazionali, tra cui il Premio Harald Mogensen, il Deutscher Krimipreis, il Glass Key (il premio per la letteratura di genere più importante della Scandinavia) e il Gyldne Laurbær (il più prestigioso riconoscimento letterario all'opera di un autore in Danimarca). La serie sarà presto oggetto di una trasposizione cinematografica.

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