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[Recensione] Canzonenoznac di Roberto Vecchioni – Album: Ipertensione #distopia

Creato il 22 maggio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna
[Recensione] Canzonenoznac di Roberto Vecchioni – Album: Ipertensione #distopiaTitolo dell’album: Ipertensione
Titolo Canzone: Canzonenoznac (4^ traccia)
Autore: Roberto Vecchioni
Etichetta: Philips, 6323 040
Anno: 1975  Produttore: Michelangelo Romano
Prezzo: praticamente introvabile Voto: [Recensione] Canzonenoznac di Roberto Vecchioni – Album: Ipertensione #distopia Contenuto: Da bambino (anno 1977) mi aveva stregato Samarcanda, tanto che del disco – dello stesso titolo - non si ascoltava che questa, ignorando le altre canzoni. Ho cominciato ad ascoltarle molto più tardi, scoprendole una a una nel corso degli anni. Un po’ mi aspettavo che riproducessero le atmosfere di Samarcanda, si parlasse di fuggiaschi, di inseguitori, non si prescindesse dal tono del racconto, della fiaba. Quando si è piccoli o molto giovani, i discorsi astratti non fanno presa, scivolano come l’acqua. Piuttosto si rincorrono le storie, i racconti, ed è proprio questo che mi è sempre piaciuto nelle canzoni di Vecchioni. Grazie al professore all’età giusta ho ricevuto un imprinting che mi ha convertito alla lettura, alla letteratura, all’arte di setacciare e scoprire il senso delle parole, delle immagini, delle impressioni  ricevute da un testo, da un romanzo. Perché le canzoni del professore sono come dovrebbero essere: c’è la superficie, l’immagine che vi si riflette (salvo abbagli), ma anche un significato più profondo, che non necessariamente appartiene all’autore ma a chi lo trova. Agli inizi degli anni ’90 (o addirittura alla fine degli ’80), mi capitò tra le mani, in musicassetta, Ipertensione. Vi sono pezzi memorabili come Irene, Canzone per  Laura (versione che viene ogni tanto riproposta in radio, tanto che è difficile pensare che qualcuno non l’abbia mai sentita almeno una volta in vita sua), Canzonenoznac. E’ di quest’ultima che voglio parlare ora. Nella voce Ipertensione di Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Ipertensione_(album) di essa si dice:

In questo brano si riprende un tema caro a Vecchioni, quello del doppio, rappresentato qui da due politici che, in un ipotetico e apparentemente felice futuro («Dal millenovecentottanta, anno di grazia e di alleanza,/ felice e immobile la gente viveva solo del presente») si scontrano…. per poi scoprire nel finale, in cui il leader della parte scura si toglie la barba posticcia, che si tratta della stessa persona, come spiega lo stesso cantautore…

Il tema del doppio è presente in molti testi, qui è palese (forse troppo) nel titolo

Il libro di sabbia
palindromico. A volte  una canzone si innerva su questo tema, tanto da non poterla concepire senza: oltre a Canzonenoznac è il caso di Dentro gli Occhi, che riprende le suggestioni di un racconto di Borges contenuto nel Libro di sabbia (“L’altro”).

In Ragazzo che parti, ragazzo che vai (pubblicato nel 1972 in Saldi di fine stagione) ad esempio cantava:

E quello che credevi dov’è?/ Forza inventa qualche scusa/I figli, l’amore, la strada che va/ tra i fiori verso casa, non so/ eppure io so perché t’ho invitato/ a questa cena,/ siamo di fronte adesso io e te/ siamo la stessa persona…”

Il leader della parte chiara e il leader della parte scura, quello con la cicatrice e quello con la barba, sono una personalità scissa con i piedi in due staffe (in due partiti), quello del ricordo e quello della speranza:

L’atmosfera fa riferimento a 1984 di Orwell: la lotta al Grande Fratello” o meglio Fratello Maggiore (traduzione più corretta, credo, di Big Brother) e ”alla Grande Mediocrità viene condotta da due piccoli partiti, quello del ricordo il cui programma è, per l’appunto, il permesso di ricordare, e quello della speranza che si propone la possibilità di cambiare; in un mondo così cristallizzato i due partiti non hanno nessuna forza e si combattono senza sapere che sono la stessa persona” (tratto da Sergio Secondiniano Sacchi, Voci a san Siro – Roberto Vecchioni, Arcana Editrice, 1992 Milano, p. 94).

Basta questo per capire che i canoni distopici sono rispettati. Non si racconta il mondo bello, idealizzato dell’Utopia, dove si è capaci di felicità e quindi consolante quanto vogliamo ma irraggiungibile. Ci rassomiglia di più un mondo in cui gli uomini sono incapaci di essere felici, dove la felicità è imposta dalla polizia o da un autocrate: una realtà che, ahimè, appare essere il nostro doppio: brutta da vedere, con quella cicatrice che copriamo con un velo di barba. In essa ci

[Recensione] Canzonenoznac di Roberto Vecchioni – Album: Ipertensione #distopia
rispecchiamo, eccome.
[Recensione] Canzonenoznac di Roberto Vecchioni – Album: Ipertensione #distopia

E’ un mondo dove ce la prendiamo con noi stessi, odiamo e insultiamo l’immagine che di noi offre lo specchio. Non è, in fondo, l’immagine così riflessa il nostro autentico doppio? Le differenze sono insignificanti: se io sono destro, l’altro è mancino, se io sono il leader della parte chiara, l’altro è quello della parte scura (che non conosco). Posso domandargli qualunque cosa, di sicuro alla fine mi risponderà.

Dicevo che il titolo palindromico (CANZON-E-NOZNAC)  svela troppo, è poco

Alice attraverso lo specchio
vecchioniano. Mi devo correggere, perché non è vero: la parola è posta davanti a se stessa, riflessa in uno specchio, diversa e irriconoscibile. Tu (Enoznac) non sei me (Canzone), cosa vuoi? Ti odio, ti detesto, mi disturbi. E’ questo il ragionamento del leader della parte chiara che diffida della realtà oltre lo specchio (quella scura). L’unica ad affrontarla è stata Alice, a pensarci bene (Lewis Carroll, Alice attraverso lo specchio).

Il leader della parte scura, della canzone, si toglie la barba, stanco e avvilito. Ma davanti a chi? Chi vede la cicatrice sopra il mento dove gli occhi non arrivano? Noi e il leader della parte chiara che si specchia in quella scura. E’ lui che deve togliersi la barba, per vedere l’altro togliersi la sua, e riconoscere la vecchia cicatrice a forma di radice.

In “Pesci nelle orecchie“, presente nel disco Ipertensione, il professore canta rivolto a un alter ego femminile (che mi risulti ne aveva uno anche Flaubert – “Madame Bovary c’est moi, ricordate?):

Ti ho disegnato barba e baffi per potermi dire che le Luci di San Siro eran solo fatti miei, dicevo nelle mani quanti sogni ho. Li vuoi contar con me?…”

Cosa ci suggeriscono queste parole? In fondo il leader della parte chiara ha riconosciuto se stesso nel leader della parte scura. Può presentargli un’offerta di pace. Il ricordo  si ricompone nella speranza. Poco importa se ora, un po’ per gioco e un po’ no, disegna all’immagine che lo specchio offre un nuovo paio di baffi e un velo di barba. La cicatrice l’ha vista e l’ha riconosciuta. E’ questo l’importante. O forse, in questo modo, siamo già entrati in Utopia?

Se siete pronti per l’ascolto ecco gli opportuni riferimenti:


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