Autori: Sandrone Dazieri e Marco Martani
Editore: Mondadori
ISBN: 978880457380
Numero pagine: 144
Prezzo: € 13,00
Voto:
Trama:
Roma, 2007. Il Primario è un boss della nuova malavita palazzinara, perfido, spietato, misterioso come un diamante nero. La sua esatta purezza nel compiere il male lo pone al di sopra degli altri, senza limiti e senza ritegno. Il Primario un giorno entra in contatto con Diego, ragazzo un po’ ingenuo e sognatore, ma capace di farsi rispettare e deciso a vivere la vita a modo suo. Da questo incontro, assieme casuale e fatale, nasce la sfida tra i due protagonisti. Da una parte Diego cercherà una giustizia impossibile per il male subito dalla donna che ama, e dall’altra il Primario cercherà la vendetta per il suo “onore” criminale. I due saranno destinati a inseguirsi a distanza, in un intreccio mozzafiato che li porterà a un confronto finale degno di un film western.
Recensione:
Stando alla trama ufficiale, che ho volutamente riportato tale e quale, ci si aspetta un racconto pieno di adrenalina e inseguimenti sullo sfondo di periferie malfamate, vite alla deriva e pericolosissimi inseguimenti. Invece già dopo qualche pagina mi è sembrato di avere tra le mani qualcosa sulla falsariga di Moccia, storie ambientate in una grande città che quasi non viene nominata, intuibile solo attraverso i dialoghi pseudo-dialettali dei protagonisti. I quali, oltretutto, non sono che nomignoli pallidamente inseriti in una cornice di stereotipi di violenza, mafia e arroganza: mancano completamente l’approfondimento psicologico, la caratterizzazione fisica, perfino l’età. Spesso non si capisce chi parla, non si sa nulla della storia del personaggio, che potrebbe essere tanto uno studente quanto un trentenne, almeno fino alle ultime pagine. Lo stile, che forse vorrebbe essere realistico per rendere meglio l’atmosfera, è invece scarno e piatto, talvolta palesemente sgrammaticato.
Un altro punto decisamente negativo della trama è l’assoluta mancanza di innovazione in uno schema stereotipato: non è molto credibile che in una città grande e caotica come Roma si incontrino un malvivente e un teppistello, e che casualmente il malvivente finisca per violentare proprio la ragazza del teppistello; né lo è che suddetto palazzinaro scateni una reazione a catena fatta di sangue e omicidi a partire dall’unico pretesto dello specchietto della macchina frantumato. Anche il finale è di una banalità disarmante, condensato nel giro di un paio di paragrafi: il riscatto del rapporto padre-figlio del quale si è a malapena accennato qualche particolare, l’ultima morte che è omicidio e suicidio contemporaneamente, un’infinità di punti lasciati in sospeso e una continua esaltazione di una violenza gratuita e priva di motivazioni plausibili.
Sono anche frequenti le imperfezioni dovute a un editing poco curato; mi ha lasciato perplesso il fatto che una rinomata casa editrice abbia portato alla pubblicazione un romanzetto che trasmette poco o niente, senza preoccuparsi nemmeno della forma con cui si presenta.