Il nuovo pupillo di Gollop è uno strano ibrido fra lo strategico-RPG a turni e il tabletop game classico, ricco di scenari parecchio vari e personaggi ben disegnati, profondo come pochi.
Versione analizzata: PC
Enrico Spadavecchia è un avido collezionista ed esagitato videogiocatore dai tempi del Commodore 64 e delle sue righe colorate. Ex giocatore accanito di Counter Strike, in giovane età ha compiuto la stupidissima impresa di completare Quake II a livello hard senza scendere mai sotto i 100 punti ferita. Ostinato retrogamer e sostenitore delle produzioni indipendenti, non disdegna le offerte del mercato attuale, soprattutto FPS e avventure grafiche. Lo trovate su Facebook, su Twitter e su Google Plus.
Julian Gollop è spesso ricordato come il padre della fortunata serie sci-fi X-COM, ma la carriera dello sviluppatore britannico conta anche qualche titolo d'ambientazione fantasy, sempre incastonato in quella lunga tradizione di strategici a turni, che ormai ha fatto scuola.
Chi sul finire degli anni '80 ebbe la fortuna di mettere le mani su uno ZX Spectrum, e di saggiare tutta la potenza dei suoi 16 kilobyte di RAM, verosimilmente si sarà imbattuto in Chaos, conosciuto anche come "Battle of Wizards". La visuale isometrica era ancora fantascienza, così su uno spartano sfondo tutto nero, coloratissimi accrocchi di pixel si sfidavano in una lotta all'ultimo sangue; erano gli stregoni che abbandonavano un mondo di carta per evocare le peggiori mostruosità su uno schermo a tubo catodico.
Pedine
Per qualche motivo, maghi, stregoni, negromanti e altri detentori delle più svariate conoscenze arcane, non possono andare d'accordo; è frequente immaginarseli mentre se le danno di santa ragione, con le loro lunghe barbe canute, bruciacchiate dalle fiamme di mille palle di fuoco, che svolazzano su piani esistenziali sconosciuti a noi comuni mortali.
Mai come in questa occasione, la trama, anche se ben raccontata tramite semplici linee di testo, alla maniera del dungeon master provetto, è un mero pretesto, un impianto funzionale, che, senza risparmiargli sonore batoste, accompagna il giocatore nell'apprendimento delle complesse meccaniche di gioco.
Immaginiamo ogni livello di gioco, composto da caselle esagonali poste a varie altezze, come la plancia di un gioco da tavolo, meglio ancora come un'atipica scacchiera. Il 'pezzo' da difendere, in questo caso, è il nostro avatar-stregone: sconfitto lo stregone, la partita è conclusa. Ma la pedina in questione, scopriremo ben presto, può essere al centro anche di efficaci strategie d'attacco, se preparata adeguatamente.
All'inizio della partita, ad ogni giocatore è assegnato un numero finito di evocazioni e magie, sotto forma di un mazzo di carte composto casualmente, modificabile solo in minima parte, equipaggiando gli appositi talismani. È concessa una sola evocazione o magia per turno, e ognuna di queste è segnata da una percentuale mostrata sull'apposita carta. È proprio intorno alla percentuale di riuscita delle magie che ruota la meccanica di gioco più interessante di Chaos.
Il maleficio del dubbio
L'ingegnosa trovata del 'disbelief', in realtà già presente nel titolo originale del 1985, rende indubbiamente le cose molto più interessanti: ogni evocazione ha la possibilità di essere lanciata come 'illusione', con il 100% di riuscita, all'insaputa dell'avversario; questi, però, potrà scegliere di smascherare il bluff lanciando l'incantesimo 'disbelief' per contrastarla e, in caso di successo, ottenere una magia bonus. In termini pratici, avere successo in un'evocazione a bassa percentuale di riuscita, il più delle volte spingerà l'avversario a sprecare un incantesimo e a restare in svantaggio di una spell; al contrario, abusare dell'arte illusoria porterà l'avversario a dubitare fortemente della vostra fortuna, portandosi agilmente in vantaggio.
Ciò che salta subito all'occhio del giocatore meno esperto è il massiccio quantitativo di elementi da tenere sotto controllo, allineamento in primis. Ogni spell è infatti classificata come caotica, legale o neutrale: più magie si giocano dello stesso allineamento, più alta sarà la percentuale di riuscita delle successive spell classificate nello stesso modo, fattore da non sottovalutare, sia nella pianificazione della strategia di gioco, sia nell'analisi del gioco avversario e nella previsione delle sue mosse. Ogni carta magia può inoltre essere scartata per generare mana -che si accumulerà comunque per ogni azione compiuta con successo-, in modo da accedere alle 'mega-spell', evocazioni di massa o attacchi devastanti, strettamente legate allo scettro equipaggiato dallo stregone.
E non è tutto, nei composti e ben ponderati combattimenti che prendono vita fra gli esagoni dei livelli di gioco, è necessario tener conto di svariati altri fattori, come il vantaggio degli attacchi provenienti da un esagono più alto, gli attacchi paralizzanti degli hellhound e dei ragni giganti, le caselle da lasciare libere per facilitare il passaggio delle altre unità, l'immunità agli attacchi dei non-morti e molto altro ancora.
Chaos Reborn si presta a molteplici tattiche di gioco differenti: ci si può rintanare dietro una fitta boscaglia di alberi animati e veder cadere le creature nemiche una dopo l'altra, mentre cercano disperatamente di aprirsi un varco; si può distrarre il nemico con qualche ratto gigante per poi sorprenderlo con un dardo magico a piena potenza; oppure, come già accennato, usare lo stregone stesso come arma vincente, grazie agli appositi incantesimi che ne alterano lo status e a qualche buona cavalcatura.
Ci vuole del tempo, quindi, prima che ci si possa muovere disinvolti per le isole sospese nel nulla che compongono il mondo di Chaos Reborn e poter apprezzare appieno tutte le sfaccettature del gioco. Dopodiché non resta che tuffarsi nelle sfide in multigiocatore, che, fra le altre cose, includono anche un'interessantissima modalità asincrona, che permette di gestire più partite con avversari diversi, in attesa delle loro mosse.
Il nuovo pupillo di Gollop è uno strano ibrido fra lo strategico-RPG a turni e il tabletop game classico, ricco di scenari parecchio vari e personaggi ben disegnati, profondo come pochi ed estremamente divertente, al quale si possono imputare davvero pochissimi difetti, come l'assenza dei salvataggi rapidi nella campagna singleplayer e il ruolo a volte preponderante dell'elemento fortuna.
Accade, anche se di rado, di fallire di seguito il lancio di più magie ad alta percentuale di riuscita; il più delle volte l'esito della partita è già segnato, soprattutto quando ciò avviene nelle battute iniziali. È giusto, quindi, avvicinarsi a questo 'reboot' con la consapevolezza che l'abilità del giocatore è sicuramente determinante, ma, come accade in ogni tabletop game che si rispetti, se non si ha per niente fortuna coi dadi, non si va granchè lontano.
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