Recensione: Cinquanta sfumature di Grigio
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Dall’acclamata trilogia di E.L. James, approda nelle sale italiane la versione cinematografica di Cinquanta sfumature di Grigio, il primo capitolo della succitata, diretta da Sam Taylor – Johnson, regista nota per Nowhere Boy, in cui il marito di ventitré anni più giovane Aaron interpretava John Lennon. Come già preannunciato dallo slogan sulla locandina del film, Cinquanta sfumature di Grigio, come l’omonimo romanzo da cui trae origine, è e sarà il film non solo più discusso, ma anche il più discutibile dell’anno.
Il primo grande merito di questa pellicola “femminile”, analizzandola anzitutto in superficie, è quello di aver finalmente sdoganato il genere erotico in Italia. Già solo per questo motivo, il film assume una rilevante importanza nella scena cinematografica nostrana – ovviamente anche in un contesto internazionale, ma soprattutto nella nostra penisola -, portando sul grande schermo una storia d’amore totalmente eteroclita e perversa, che collide con i precetti dogmatici imposti dall’incombente presenza della Chiesa cattolica nel suolo italiano. Purtroppo non tutti si sono lasciati prendere da questo, a mio avviso, incredibile evento cinematografico, sfogando il proprio casto imbarazzo con fragorose risate isteriche di fronte alle sequenze più “spinte” del film.
Per i pochi maschietti che non abbiano ancora letto il romanzo – parlo solo di “maschietti” perché presuppongo che una grossissima fetta del genere femminile lo conoscesse già -, la trama di Cinquanta sfumature di Grigio è incentrata sull’anormale e particolare relazione tra Anastasia (interpretata da una brava e assai seducente Dakota Jones), graziosa e timida ventunenne, studentessa di letteratura inglese al college, e l’enigmatico e affascinante Christian Gray (Jamie Dornan), un giovane rampollo miliardario a capo dell’azienda di famiglia.
Nonostante la James abbia scritto il libro in prima persona, immedesimandosi nel personaggio di Anastasia, in cui è evidente una sorta di riconoscimento personale, il protagonista della storia è il signor Grey, le cui cinquanta sfumature erotiche attraggono e al tempo stesso allontanano la giovane universitaria. Non è un caso che il titolo del romanzo sia, per l’appunto, 50 Shadows of Grey, poi tradotto in italiano con 50 Sfumature di Grigio.
Mi è dunque piaciuta la scelta da parte della regista di rendere Christian Gray il fulcro, il nucleo della storia. Va anche ricordato che la scrittrice ha assistito direttamente alle riprese del film, trasmettendo l’anima più profonda del suo libro, per quanto nella trasposizione cinematografica manchino elementi narrativi presenti nell’opera letteraria cui è ispirata.
Conseguentemente, siccome abbiamo appurato che è il grigio signor Grey – scusate il gioco di parole, ma era d’obbligo – il personaggio principale di entrambe le opere artistiche, sono alquanto lodevoli le scelte registiche adottate dalla Johnson, in grado, mediante un gioco di contrasti scenografici e cromatici molto interessante e brillante, di scavare profondamente nell’intimo conflittuale del suo protagonista – scusatemi nuovamente, ma è più forte di me – .
Infatti, Christian Gray, per quanto distaccato possa sembrare, è in realtà un personaggio in forte contraddizione con se stesso. Se da una parte Anastasia cela dietro una visione quasi platonica e ideale dell’amore il lato più perverso del suo carattere, come genialmente evidenziato dai ripetuti dettagli sulle sue carnose labbra che si mordono l’un l’altra, dall’altra Gray è vittima dell’opposto conflitto caratteriale.
Il suo è un personaggio perennemente in bilico tra il desiderio carnale ed erotico più spasmodico e depravato e un romantico affetto per la sua donna, cui arriva addirittura a dire che “è superficiale” il contratto dominatore – sottomessa, da lui scritto, che prevede una serie di inusuali ma precise regole sessuali alle quali lei si deve attenere per continuare a stare assieme a lui.
Sempre in merito a tale aspetto, ho trovato davvero interessante la decisione registica di utilizzare diversi filtri fotografici e complessi scenografici in base alle sfumature caratteriali di Gray, un dottor Jekyll e Mr. Hyde del ventunesimo secolo. Quando egli si trova fuori dalla sua “sala dei giochi”, nonostante emerga il suo lato più romantico, le scene sono permeate da un filtro freddo, tendente al grigio e a un colore a metà via tra il blu polvere e il blu fiordaliso, trasmettitori di un’atmosfera algida e distaccata. La stanza segreta, invece, sede delle sue perversioni erotiche più glaciali, è completamente rossa, colore genericamente simbolo della passione amorosa. Di fronte a questo inestricabile chiasmo fotografico – scenografico, non ho potuto fare o dire altro se non congratularmi con la regista.
In conclusione, sebbene le mie aspettative fossero davvero basse, Cinquanta sfumature di grigio è un film che mi ha molto colpito e sorpreso. Come la protagonista, anche io mi sono lasciato affascinare dalle cinquanta sfumature di grigio di un personaggio contraddittorio e ambiguo, accerchiato da un oscuro alone di mistero.
Recensione: Cinquanta sfumature di Grigio
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