TITOLO: Come lacrime nella pioggiaAUTORE: Sofia DominoCASA EDITRICE: autopubblicatoNUMERO DI PAGINE: 282
TRAMA
A ventidue anni Sarah Peterson è una comune ragazza di New York, appassionata di fotografia e di viaggi.
A quindici anni Asha Sengupta è una giovane ragazza indiana, venduta come sposa da suo padre.D’improvviso il presente di Sarah s’intreccia con quello di Asha. L’amicizia tra due ragazze, diverse ma uguali, spiccherà il volo. Non solo Sarah si ritrova, con il suo fidanzato, a vivere per lunghi periodi in un villaggio remoto dell’India, ma scoprirà che cosa si nasconde in un Paese magico e allo stesso tempo terrorizzante.Asha farà di tutto per lottare per i suoi sogni, per avere dei diritti paritari a quelli degli uomini e per continuare a studiare, perché non vuole sposarsi così giovane, e non vuole sposare chi non ama. Sarah si schiererà dalla sua parte, ma nel suo secondo viaggio in India scoprirà che Asha è scomparsa. Liberarla dalla trappola in cui è caduta, per Sarah diventerà un’ossessione.Un romanzo che fa luce su una verità dei giorni nostri, una storia di violenze, di corruzioni, di diritti negati. Una storia sull’amicizia. Una storia in grado di aprire gli occhi sull’India, il Paese peggiore in cui nascere donna.
Da dove partire? Tra i primi appunti che ho preso per scrivere una recensione seria e oggettiva della storia figura la scritta spoiler. Si tratta di piccole cose in realtà, per lo più singole frasi, ma che anticipano scoperte che la protagonista Sarah, che racconta in prima persona la vicenda, farà soltanto in un momento successivo rispetto a quello di cui sta raccontando, e questo mi ha dato parecchio fastidio, perché fin da subito sapevo già che le cose sarebbero andate in un certo modo piuttosto che come sembrava dovessero andare.Poi ho segnato un appunto sulla protagonista Sarah. Mi dispiace per lei, ma l'ho trovata, specialmente nella prima parte, assolutamente insopportabile. Arrivata in un paesino sperduto dell'India con il suo fidanzato indiano, presa consapevolezza della condizione delle donne si mette subito in testa di cambiare le cose. Scopo sicuramente nobile, ma alla fine lei è una turista capitata quasi per caso in quel paesino dove tali leggi durano da secoli, e in un mese crede di avere il diritto di dire a tutti come devono comportarsi... Chiariamoci, non sto difendendo chi maltratta le donne indiane, ci mancherebbe altro, ma l'ho trovata piuttosto irrispettosa delle tradizioni di quel paese. Forse Sarah non si rende conto che in un piccolo villaggio come quello in cui lei si trova, c'è anche una certa economia consolidata da mandare avanti, che c'è insomma un equilibrio da mantenere. Non stento poi a credere che si attiri l'ostilità degli uomini del villaggio: se un giorno qualcuno venisse a casa mia e mi dicesse come devo comportarmi e che devo cambiare le regole con cui ho sempre vissuto, e che ovviamente io ritengo giuste, m'incavolerei parecchio anche io. A questo si lega una differenza troppo marcata tra India e America- Occidente. Sembra quasi che tutti i mali siano da un lato, mentre in America le donne sono libere, rispettate etc, i genitori di Sarah sono ultracomprensivi, come il fidanzato Abhai e il padre di questo, ovviamente entrambi indiani. Ogni tanto Sarah si ricorda che nemmeno l'America è un paradiso, ma ecco, questa è l'impressione che mi è rimasta.La prima parte è praticamente tutta dedicata agli sforzi di Sarah ed è, secondo me, la meno riuscita. La seconda parte invece ha un punto di vista diverso, quello di Asha, che neanche a dirlo è l'unica in tale villaggio sperduto a ribellarsi alle regole e a desiderare una vita diversa - anche qui ho avuto sentore di stereotipo. Anche se gli eventi da lei narrati non sono rosei, mi è sembrato quasi di scorgere un'eccessiva enfatizzazione dei fatti, come a sottolineare ancora una volta quanto l'India sia un Paese terribile. Per evitare equivoci, sottolineo ancora una volta che credo davvero che la condizione della donna sia particolarmente negativa, ma qui secondo me si tratta non di aver scritto un romanzo perché ispirati, ma di aver scritto qualcosa che fosse finalizzato puramente al messaggio che si voleva inviare, con tutti i limiti che questo comporta.E quindi arriviamo all'ultimo punto negativo della recensione: lo stile. L'ho trovato, a dirla tutta, un po' anonimo e impersonale, molto simile ad altri che ho già incontrato nel mio percorso di lettrice. Non c'è niente che lo contraddistingua come uno stile che può essere solo e soltanto di Sofia Domino. L'ho anche trovato un po' inadatto al romanzo, un po' troppo freddo e piatto, mentre per la natura dei fatti narrati mi sarei aspettata un qualcosa di più emotivamente coinvolgente.
Tra gli aspetti positivi ci sono sicuramente i buoni propositi dell'autrice, impegnata in una campagna di sensibilizzazione per i diritti delle donne, e una ricostruzione più o meno accurata della vita del villgaggio indiano. Il lettore ha la possibilità di farsi un'idea precisa della differenza nello stile di vita degli uomini e delle donne indiane, delle loro idee, delle loro condizioni.La storia, dopo le difficoltà delle parti iniziali, scorre più veloce e la lettura non mi è risultata pesante, anzi ho finito il libro in minor tempo di quanto avrei pensato, perché è inutile negare che malgrado i difetti sopra elencati, comunque non gravissimi, ero curiossisima di arrivare al termine e di scoprire se ci sarebbe stato il lieto fine che speravo. Quanto al fatto che poi ci sia stato o no, questo lo lascio scoprire a voi.