Recensione: Cose che il buio mi dice, di Carolyn Jess Cooke

Creato il 17 luglio 2012 da Mik_94
"La mente è il proprio luogo,e può in sé fare un cielo dell'inferno, un inferno del cielo.."
 Titolo:Cose che il buio mi diceAutrice: Carolyn Jess - CookeEditore: LonganesiNumero di pagine: 401Prezzo: € 17,60Sinossi: Alex ha dieci anni e vive a Belfast in una casa fredda e spoglia con la sua giovane madre, una donna precipitata da tempo negli abissi di una grave depressione. Alex è un bambino solo ma ha un amico speciale. Ruen. che nessun altro può vedere e che si manifesta sotto forme diverse e quasi mai rassicuranti. Ruen spesso lo aiuta, ma a volte gli chiede anche di fare cose cattive. Anya è una psichiatra infantile. La sua è una professione molto dura, soprattutto per chi come lei ha perso una figlia in circostanze oscure. Anya è incaricata di occuparsi del caso di Alex. Perché Alex dice di parlare e interagire con misteriose presenze che si manifestano soltanto a lui. E perché dopo il tentato suicidio della madre il bambino è rimasto solo. Sulla psichiatra e sul suo giovane paziente incombe lo stesso destino. Ruen infatti ha chiesto ad Alex di fare qualcosa di sconvolgente. Qualcosa che Alex, stavolta, non vuole fare...               La recensioneLa prima volta che notati questo libro fu tra le pagine di Un segreto non è per sempre, di Alessia Gazzola. Mentre, frenetici, i capitoli si susseguivano instancabilmente, tra una pagina e l'altra, un paio di occhi incredibilmente azzurri incontrarono i miei.Rimasi a fissare quella sottile striscia di cartoncino per un tempo che mi parve lunghissimo. Ero come ipnotizzato. Il segnalibro, con in primo piano il logo della Longanesi e il nome di un'autrice che conoscevo solo di fama, era semplice, ma di una potenza inquietante e struggente. Il viso bello e lentigginoso di un bambino – un fratello, un figlio, un piccolo e chiassoso vicino di casa, un nipotino... - circondato da quella densa e crudele oscurità che lo sguardo sognante dell'infanzia non dovrebbe mai presagire. Il male che contagia il bene più puro. L'incubo che scocca un bacio di Giuda all'innocenza. Per 401 pagine, sono stato trascinato negli oceani tempestosi di quegli occhi fuggenti. Ho cercato di scorgere in essi parte di quelle ombre che il giorno non è in grado di spazzare via, di percepire i sussurri dei loro demoni e le melodie perdute dei loro vaghi ricordi.E' stata un'avventura di straordinaria intensità. Una corsa su uno scricchiolante ponte tibetano a un passo dal crollo. Mi aspettavo decisamente altro, ma, ancora una volta, le mie percezioni mi hanno ingannato. Avevo riempito, con la mia immaginazione, il buio del titolo di sangue, omicidi e demoni, animandolo dei mostri terrificanti che abitano nell'armadio, sotto i letti e nei pensieri dei più piccini e di colpi di scena e momenti di tensione degni di una pellicola americana. Un horror come tanti, ma sempre di grande effetto. Il filone del “bambino malefico” di Orphan e L'innocenza del diavolo che rivive nuovamente sugli scaffali delle librerie. Il precedente romanzo della Jess Cooke, tuttavia, acclamato da grandi critici e impegnati editori, mi doveva far pensare. Cose che il buio mi dice, infatti, è un dramma solido ed intimista, che non spaventa tanto tanto per i demoni preannunciati nella sinossi, quanto per la sua straordinaria capacità di diventare mezzo di riflessione e frattura su fatti di cronaca precocemente dimenticati.E' la voce di una città che non ha perso la speranza di elevarsi dai suoi cumuli di macerie. E' l'insieme delle schegge, delle cicatrici e delle mortali radiazioni che hanno avvelenato una terra distante meno di tre ore d'aereo dalla nostra e i cui abitanti vivono ancora adesso i postumi di un odio insensato e senza precedenti. Una violenza che come una malattia è penetrata nel corredo genetico di una generazione, scavando tagli e traumi perfino nel sacro santuario del grembo materno. Le voci dei due protagonisti – quella misurata e analitica della psicologa Anya e quella fioca e triste del piccolo Alex -, rese magistralmente dallo stile particolareggiato e personale dell'autrice, sono i veri capisaldi di un romanzo che apparentemente fa fatica a decollare e che, a una lettura frettolosa, sembrerebbe non andare da nessuna parte; invece, ad ali spiegate, affronta un'impensata tempesta di emozioni e fragilità. Si ci affeziona ai protagonisti a poco a poco, e persino le realistiche atmosfere della malinconia Belfast, delineata con lucidità e fredda imparzialità, si lasciano abbandonare, a fine lettura, con un filo di commozione e tenace speranza. Leggere dei graffiti che sporcano le strade, della voglia di ricominciare, di bambini che giocano su terreni ancora grondanti sangue e lotta, mi ha rimembrato il degrado e la fatiscenza del Regno Unito descritti dall'eccellente Tabitha Suzuma nel suo Proibito. Il romanzo mi ha avvolto in una cappa di inquietudine e lacrime, facendomi attraversare l'immensità di un campo minato con la mano stretta attorno a quella di un piccolo, grande personaggio che non dimenticherò facilmente. Un piccolo Charlot - con tanto di bombetta, papillon e scarpe eleganti – la cui incolumità, per me, si è rivelata importante tanto quanto lo era nel corso delle vicende per la forte Anya. Mi ha fatto sperare, arrabbiare, sorridere e preoccupare. Temere che l'oscurità divorasse anche lui, così come aveva fatto con il resto della sua famiglia. Mi ha fatto capire che molte cose una spiegazione non ce l'hanno e che non sempre le "profezie" sono sinonimo di certezza infallibile. Il romanzo, divorato in appena tre giorni, è una lettura che consiglio di tutto cuore, da intraprendere, magari, quando abbiamo voglia di stare un po' con noi stessi e di ascoltare la voce suadente che vivifica i nostri spettri più nascosti. Un incrocio tra l'irrazionalità e la paura di Stephen King (Shining) e Lorenza Ghinelli (Il divoratore; La colpa) e l'introspezione e il coraggio di Torey L. Hayder (UnaBambina).Il mio voto: ★★★★ +Il mio consiglio musicale: direttamente dalle pagine del romanzo, la canzone di Ruen: A Love Song for Anya (Andantino – Appassionato) 

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