[Recensione] Creature dell’orrore, Frankenstein, Dracula, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde #

Creato il 26 novembre 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: Creature dell’orrore, Frankenstein, Dracula, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del sig. Hyde
Autori: Mary Shelley, Bram Stoker, Robert Louis Stevenson
Introduzione di: Stephen King
Editore: Einaudi
ISBN Libro: 9788806198671
Num. Pagine: 800
Prezzo: 19,00 
Voto: 

Contenuto (dal retrocopertina): Uno scienziato travalica i confini della coscienza per dare vita a una creatura abominevole. Un giovane avvocato è sopraffatto dalle trame segrete di un diabolico conte. Un medico esplora il suo lato più oscuro cadendo vittima di se stesso. Titoli diventati presto leggendari e parte di un linguaggio universale, Frankenstein, Dracula, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde, sono riusciti a rappresentare in modo tragico ma realistico l’eterna lotta fra Bene e Male che da sempre alberga in ognuno di noi. Stessa sorte mitica è toccata ai loro autori – Mary Shelley, Bram Stoker, Robert Louis Stevenson – che grazie al potere della loro inventiva, alle situazioni terrificanti, alle atmosfere “gotiche” catturano e lasciano sgomenti i lettori di ieri e di oggi e, come le creature che hanno creato, sono diventati immortali.

Premessa: La prima idea che mi è venuta in mente nel preparare questa recensione è stata andare a rileggermi  l’articolo di Ewan I tre motivi per cui non vado matto per i classici. L’intenzione è quella di fare una veloce rassegna delle storie qui riunite, prendendo a prestito, come griglia, proprio questi tre motivi.
Supereranno l’esame Mary Shelley, Bram Stoker e Robert Louis Stevenson?

Vediamo un po’.

Recensione:

1. Sono distanti dai miei gusti?

Diciamo subito che Frankenstein, Dracula, il dottor Jekyll e Mr. Hyde fanno parte da sempre del nostro immaginario. Ricordo ancora una pagina di rotocalco, avrò avuto tre o quattro anni, nella quale era raffigurata una scena raccapricciante: il conte Dracula, sicuramente  Christopher Lee, ghermiva la sua vittima dormiente, pronto all’assalto.

Non parlo degli incubi, del brivido notturno per rumori sospetti e della consuetudine, da allora, stagione permettendo, di coprire la testa con lenzuola e coperte. Lo faccio anche adesso, ma solo per sfuggire agli assalti del mio gatto.

Per Frankenstein la cosa è diversa: mi sono sorpreso nel rendermi conto d’aver visto molte parodie. La più geniale è Frankenstein Junior di Mel Brooks (1974), la più improbabile è Frankenstein contro l’uomo lupo. Credo fosse il film del 1943 con Lon Chaney Junior. La versione più fedele al romanzo di Mary Shelley è quella del 2004 girata da Kevin Connor, con Luc Goss, Alec Newman e Donald Sutherland.

Del dottor Jekyll e Mr. Hyde non conto nemmeno più le versioni tra film, racconti, cartoni animati.

Insomma, la risposta alla prima domanda è NO: non sono distanti dai miei gusti, l’horror è un genere che mi ha attirato, affascinato, coinvolto.

Eppure c’è un MA grande come una casa.

Sono arrivato a trent’anni o quasi senza aver mai letto il Frankenstein di Mary Shelley, il Dracula di  Bram Stoker, il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson.

Boris Karloff nei panni di Frankenstein (da Wikipedia)

Illustrazione del 1831 (da Wikipedia)

Il primo l’ho letto qualche anno fa. Ricordo (purtroppo non ho conservato appunti), pur non trattandosi di un capolavoro per come è scritto, la forte impressione ricevuta, e soprattutto la consapevolezza che il mostro inventato da Mary Shelley nulla aveva a che fare con l’immagine resa immortale da Boris Karloff e con lo stesso Victor Frankenstein, di cui erroneamente ha preso il nome.

Anche il romanzo di Stevenson l’ho letto di recente: l’ho trovato intenso, trascinante. Fosse scritto oggi lascerebbe ancora il segno. Le parodie e le riproduzioni non l’hanno scalfito.

Diversa opinione ho del Dracula di Bram Stoker. A fine lettura molte sono state le perplessità, delle quali accennerò tra poco.

2. Sono considerati intoccabili?

Sgombriamo immediatamente il campo da un equivoco. I classici non sono e non devono essere intoccabili. Per definizione un classico è tale perché, da quando è stato scritto, non ha smesso mai di dire qualcosa: può essere stato volgarizzato o ridotto a cliché, tuttavia quando lo si legge, è come lo si prendesse in mano la prima volta.

Per esempio in Mary Shelley ho trovato qualcosa di nuovo, magari di ingenuo, ma anche un’idea potente: il fatto che il vero mostro (Prometeo) fosse Victor Frankenstein. Nel romanzo è evidente la punizione divina, la colpa, il dito rivolto contro di lui più che contro la sua creatura. Nelle rappresentazioni cinematografiche la creatura si confonde con il creatore, usurpandone persino il nome. Il giudizio di Stephen King, autore dell’introduzione, tuttavia non è tenero:

Frankenstein, forse il più famoso dei tre, è anche scritto peggio… sembra più una chiacchierata fra liceali che un racconto gotico.

Ben congegnata e strutturata appare la storia di Bram Stoker, però la sua  lettura non mi ha molto entusiasmato. É un romanzo epistolare, (quindi un genere nel genere) nel quale ciascun personaggio prende la parola. Ciò che indispettisce è che le lettere che reggono il tutto sembrano scritte dalla stessa persona. Il limite è notevole perché  il romanzo, dall’inizio alla fine, ne risente:

Dracula è un melodrammone da cardiopalma modellato nella scricchiolante struttura del romanzo epistolare (Stephen King).

La risposta al quesito n. 2 è, in tutta evidenza, NO.

3. Hanno creato qualcosa che altri hanno perfezionato?

La risposta a questa domanda è difficile.  Anche perché sì, hanno creato qualcosa, ma qualcosa che altri, più che perfezionare, hanno volgarizzato. É ciò che accade con una canzone ripetuta e trasmessa all’infinito. Ti fa diventare sordo, produce assuefazione. Un giorno però ti siedi e l’ascolti per bene e si accende all’improvviso una lampadina, ci vedi qualcosa di nuovo. Questo fa un classico.

Nessuno di questi può ritenersi il primo romanzo gotico in assoluto. Hanno prodotto ramificazioni, questo è vero. ma non so quanti altri abbiano perfezionato cosa. Mi viene in soccorso un altro articolo, stavolta di Grey, (Approfondimento storico- il romanzo gotico): ricordandomi che è Walpol (Castello di Otranto) il precursore del genere e che il Frankenstein di Mary Shelley contiene già in sé il germe di un certo tipo di fantascienza.

Per quanto riguarda Dracula, Stoker non fa che riprendere il mito del vampiro narrato da John William Polidori, segretario e medico personale di George Byron. Proprio a casa di questi Polidori e Mary Shelley si incontrarono, accogliendo l’invito di scrivere un racconto di fantasmi. Qui (1816) nasceranno Frankenstein e Il Vampiro.

C’è un punto da non sottovalutare. Credo che sia un po’ pochino attribuire la qualità di un classico a un’opera che ha creato qualcosa che altri hanno perfezionato. Il primo giallo è un classico? Il primo romanzo gotico è un classico? Non so.

Sono dell’opinione che in un classico per essere tale ci deve essere di più. Molto di più. Passi Lo studio in rosso di Conan Doyle: secondo me è entrato nel novero dei classici non tanto perché sia una delle prime detective story, ma in quanto è il primo capitolo delle avventure di Sherlock Holmes (un unicum, insomma, che fa storia a sé). Non fossero seguiti gli altri, non sarebbe nato il mito che conosciamo.

Ecco il punto. Un classico è in qualche modo un unicum. Deve cioè mettere in secondo piano il genere al quale appartiene. Un esempio assurdo e surreale: I fratelli Karamazov di Dostoevskij hanno la struttura di un romanzo giallo. Quale dei tre fratelli – Aleksej, Dimitri, Ivàn – ha assassinato il padre Fiodor Fiodorovic Karamazov? (Il quarto, che domande!)

Altro esempio: nemmeno Oscar Wilde con il Ritratto di Dorian Gray è stato il primo, anzi, sembra si sia ispirato a un romanzo (lungo, piacevole ma di pesante lettura) di Henry James, La Musa Tragica. Il primo è un classico, il secondo, poco conosciuto, è stato pubblicato in Italia per la prima volta nel 1996 in brossura e a un prezzo insostenibile da Einaudi.

Il dottor Jekyll davanti allo specchio – da Wikipedia

Riconosco che il romanzo di Stevenson, dei tre, nonostante i suoi limiti, è quello che mi convince di più. Riesce a farci dimenticare il genere al quale appartiene, è un racconto a trecentosessanta gradi. Insomma: scindere il bene e il male dal cuore di una persona, strapparli e portarli alla luce da dentro lo scrigno che li conserva, è peggio che aprire il vaso di Pandora. Stevenson non parla di un vampiro o di un mostro, o semplicemente di un uomo che si chiama Jekyll e del Mr. Hyde che vi si nasconde (antesignano di Jack Lo Squartatore o del mostro di Dusseldorf). Il lettore è parte in causa e, per un po’, ha paura di guardarsi allo specchio.

4. Perché sono arrivati fino a noi?

Al pari delle altre, è una domanda importante, che le riassume tutte. In che modo e perché le opere qui considerate sono sopravvissute?

Forse perché sono romanzi popolari, cioè di successo, di cassetta  e hanno fatto breccia più di altri magari scritti meglio.

Mi accorgo che ho davanti una domanda piuttosto che una risposta: perché ancora oggi sono romanzi popolari, di successo, di cassetta e fanno breccia più di altri scritti meglio?

Perché raccolgono archetipi, impossessandosene prepotentemente ed entrando nel nostro immaginario, perché parlano di ciò che esiste da sempre, ben prima della scoperta del linguaggio. Si è creata una identità inscindibile tra la notte e Dracula (ahimè), tra il mostro e Frankenstein, tra il malvagio e Mr. Hyde. Anche Stephen King, suo malgrado, deve fare i conti con loro tutte le volte che prende la penna in mano.


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