[Recensione] Cuore di cane di Michail Bulgakov

Creato il 12 luglio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: Cuore di cane
A
utore: Michail Bulgakov
Editore: Newton Compton editore
Prezzo: 0,99 €
Num. pagine:126
ISBN: 978-88-541-5268-7
Voto: 

Trama: Pallino, uno dei tanti cani randagi in Russia ai tempi della rivoluzione, si ritrova, guidato da stanchezza e fame, a fidarsi del signor Preobrazenskij, noto luminare della medicina che sta conducendo una ricerca sul ringiovanimento. Egli si prenderà cura del cane, fino al giorno dell’esperimento: con l’aiuto del suo fedele “assistente” Bormental, trapianterà testicoli e ipofisi di un delinquente nel corpo di Pallino, sostituendo quelli originali. Il paziente, divenuto signor Pallinov, prenderà non solo sembianze umanoidi, ma anche usi e costumi tipici del precedente proprietario delle “nuove parti del corpo”.

Recensione: Quando vedi questo libricino azzurrino con un bel cane davanti, che costa un euro (si, mi spiace svelarvi la sorpresa, ma  99 centesimi equivalgono a un euro paccato) e non sapete che è scritto in Russia durante la rivoluzione -anzi, facciamo che sapete proprio poco o niente della trama in generale-, lo comprate con leggerezza e non so perché, v’immaginate un cagnolino sereno che rincorre un fresbee… NO, niente di più sbagliato. Innanzitutto, né il cane è sereno, né rincorre il fresbee: Pallino è sempre sull’orlo di morire di fame, fa freddo e qualche simpaticone in segno d’affetto gli ha ustionato il fianco con l’acqua bollente. Con questo gesto carino ci viene già fornita la piena descrizione della bontà dell’essere umano.

Vi hanno mai colpito con uno stivale? A me sì. Vi siete mai beccati una mattonata tra le costole? Io di mattonate ne ho rimediate abbastanza. Ho provato di tutto, accetto la mia sorte, e se ora piango è soltanto per il dolore fisico e per il freddo, perché il mio spirito non si è ancora spento… è tenace, lo spirito di un cane.

Eh si, sono assai importanti gli occhi, sono una specie di barometro. Vedi chi ha una grande aridità nell’anima, chi senza una ragione può schiaffarti la punta dello stivale nelle costole, e chi invece ha paura di tutto e di tutti.

Proprio così definirei il romanzo: terribilmente umano (sia in senso positivo che negativo) e soprattutto molto colto. E’ gremito di citazioni (o meglio, cenni, riferimenti); pensate già che nella prima pagina, non si fa in tempo a capire la storia, che già si nomina il De Profundis. Inoltre, la narrazione è intrisa di botta e risposta, ironia galoppante. Un altro aspetto molto interessante a livello tecnico è la personificazione: Bulgakov non dà una nuova esistenza solamente al cane, bensì rende baffi, indumenti, oggetti continuamente vivi, reali, come anche fa per le condizioni atmosferiche.

La bufera gli sparò una fucilata sopra la testa, agitando le enormi lettere di uno striscione di tela: E’ POSSIBILE RINGIOVANIRE?

Oltre la cultura che trasuda in generale e  filtrata attraverso le parole del dottore che definirei quasi più uno scienziato pazzo, c’è da dire che leggendo questo libro respiri l’aria del tempo: è uno spiraglio aperto nello scenario della rivoluzione in cui sono ben resi i piccoli scontri di classe quotidiani, i ragionamenti di una o dell’altra parte, le giustificazioni teorico/filosofiche dei colti e la sete di diritti del proletariato. I personaggi sono ben tratteggiati e caratterizzati soprattutto secondo la loro estrazione sociale, tanto che parlano con registri linguistici diversi: dal semplicismo grottesco di discorsi e ragionamenti dell’uomo/cane; al “parla come mangi” di Zina (la cameriera), Dar’ja Petrovna (la cuoca) e Schwonder (proletario che s’impegnerà per dare a Pallinov una pervenza di dignità da cittadino); per giungere al lessico più aulico, elevato di Bormental e Preobrazenskij, che è perfino intriso di aforismi e richiami culturali. Verso la fine del romanzo però, le cose cambieranno nettamente: la pazienza scemando seccherà gli animi e con essa sfumeranno anche gli abbellimenti verbali e i discorsi si ridurranno a quattro cenci rabbiosi. Quasi come se lo scrittore volesse in un certo senso ammonire gli esseri umani: nobili o poveri, la radice è la stessa. Tolte le coperture siamo tutta una razza.
Devo confessare, che da un certo punto in poi la storia mi ha ricordato quella di Frankenstein: un essere creato in laboratorio, costretto ad un’integrazione difficile, al doversi abituare a una realtà diversa da quella che vige nella propria testa. Il genere in altre recensioni è definito fantascientifico, ci aggiungerei anche gotico. I richiami ci sono e nemmeno poco palesi. C’è una parte che mi ha fatto saltare il cuore in gola: Bulgakov infatti, riversa nel romanzo le sue nozioni di medicina e anche l’operazione alla quale viene sottoposto Pallino, è descritta come se il lato sentimentale/umano fosse anestetizzato. Con crudezza chirurgica ci riporta i vari passaggi, che vengono spiattellati lì, anche i più crudeli,  senza alcun tatto. Tu assisti e aspetti solo che la tortura per quel cagnolino al quale ormai ti sei affezionato finisca presto, perché mette la nausea.

A un certo punto sprizzò uno zampillo di sangue che mancò di poco l’occhio del professore e gli macchiò il berretto.

Di Cuore di cane si possono dire tante cose, analizzare tanti di quegli aspetti che ti farebbero uscire di testa. Tuttavia, questo romanzo senza dubbio ben stratificato, costruito con solide basi, contiene due morali importanti:
La prima vengo a spiegarvela subito, senza troppo spoilerare, perchè svelare i finali non mi piace un granché (infatti quando si arriva a parlare della chiusura finisco per defilarmi alla svelta): la critica alla conquista scientifica. Lo “scienziato pazzo” raccoglie questo povero cane, sperimenta, gli impianta un’ipofisi umana per scoprire che essa determina la personalità… e poi? Poi capisce che fare con tanti sacrifici e sostenere ingenti spese per ottenere qualcosa a cui la natura ha sempre provveduto da sè, è inutile e forse anche un po’ ridicolo.

Sì, è possibile trapiantare l’ipofisi di uno Spinoza o di qualche altro povero diavolo e fabbricare da un cane un essere intelligentissimo. Ma perché farlo? Me lo dica lei per favore: perché fabbricare artificialmente gli Spinoza quando una qualunque donnetta è capace di sfornarne uno quando vuole.

La seconda è una verità tagliente, brutale.

Dovete capire, invece, che il vero disastro è che lui non ha più un cuore di cane ma un cuore di uomo.

Lo scrittore ci mette di fronte alla triste realtà: il problema non è tanto che un uomo è stato mezzo trapiantato in un cane. Non turba l’aspetto antropomorfo, da mostriciattolo più che uomo. Il danno, l’anomalia grave che danneggia l’intero sistema, non è il cuore di cane, ma il fatto che è condizionato dalla testa d’uomo. Pagina dopo pagina ti rendi conto, che una bestiola non commetterebbe mai gli abomini che le persone, esseri dotati d’ anima, sono capaci di realizzare a sangue freddo, senza rimorsi. Pallino, vittima all’infinito, deviato dalla crudeltà della scienza, dalla poca pazienza umana, non viene lasciato in pace nemmeno quando diventa l’esperimento da loro creato, il mostro che volevano loro. Dovrà lottare per superare i numerosi ostacoli che in buona parte si procurerà da solo, ma che gli arriveranno anche dall’incomprensione altrui.
E’ una morale tanto vera quanto spietata, che un cuore umano non vale nemmeno lontanamente la metà di un cuore di cane. La sorte della bestia la definirei originale, paradossale, agrodolce; ma cosa significa ciò, sta a voi scoprirlo.

Come finisce il libro?! Basta leggerlo!
Alla prossima Scrittevoli!


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