Recensione: Danzando sui vetri rotti, di Ka Hancock

Creato il 22 luglio 2014 da Mik_94
Lucy, ogni matrimonio è una danza; a volte complicata, a volte deliziosa. Ma con Mickey ci saranno momenti in cui la vostra danza sarà sui vetri rotti. Sarà dolorosa. O fuggirete da questo dolore o vi terrete ancora più stretti, e danzerete.
Titolo: Danzando sui vetri rotti Autrice: Ka Hancock Editore: Leggereditore Numero di pagine: 448 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Lucy Houston e Mickey Chandler non sembrano destinati a una vita felice: lui è affetto da disturbo bipolare e la famiglia di lei ha accumulato una lunga serie di casi di cancro. Nonostante siano entrambi segnati da un destino che non lascia ben sperare, quando le loro strade si incontrano, la notte del ventunesimo compleanno di Lucy, è subito amore. Cauti a ogni passo, Lucy e Mickey sono determinati a portare avanti la loro relazione, consapevoli di non essere in grado di donare un futuro felice a un possibile figlio. Lui le promette onestà. Lei gli promette pazienza. Entrambi si promettono di rinunciare a essere genitori. Nonostante la decisione dolorosa e difficile di non avere bambini, tutto cambia improvvisamente il giorno del loro undicesimo anniversario di matrimonio, dopo un controllo di routine di Lucy. Ha inizio così una storia unica, in cui nessuna regola conta più e la parola amore assume nuove declinazioni e profonde sfumature.                                            La recensione L'altro giorno, mi sono seduto in soggiorno e, con tutta la calma di questo mondo, ho guardato quello che c'era davanti a me. Non la televisione, non il panorama urbano che si snodava fuori dalla finestra. Ma quello che c'era al centro esatto delle due cose, addossata alla parete rosa antico della stanza: la libreria. La mia disordinatissima, affollata, pericolante libreria. Lo faccio spesso, quando non so cosa leggere. Mi siedo, lancio occhiate alla pila dei libri ancora intonsi, aspetto. Di decidere il romanzo da leggere e di capire com'è che mi sento quel giorno. L'altro giorno, malinconico al mio solito, volevo qualcosa di triste. Qualcosa che mi toccasse in profondità, finalmente, dopo diverse letture carine, ma molto molto soft. Datemi una storia difficile e so che mi piacerà. Quella in questione se ne stava da qualche anno nella famosa pila di libri mai aperti. Danzando sui vetri rotti. Un volume in brossura bello spesso, una copertina pulita, quel titolo che era già tutto un programma. Un passo a due sulle schegge. I ballerini, scalzi e feriti, sanguinanti ma mai vinti, sono Lucy e Mickey. Sono sposati da undici anni e da undici anni sfidano la sorte, in cerca di momenti di felicità in una vita costellata da tragedie. Hanno messo la loro firma su un patto scritto. Hanno giurato davanti a un prete e davanti a un terapista: si supporteranno, si sopporteranno, si terranno a galla insieme, non avranno figli a cui trasmettere i loro geni malati. Si sono scelti. Difettosi e malandati come sono, ma si sono scelti. Perché gli amori fragili sono i migliori e i due, fragilissimi, volevano far meglio. Lucy ha visto la morte – una signora dal viso indefinibile e dai tratti gentili – scegliere generazione dopo generazione un membro della sua famiglia: il suo papà, prima di andare via, le aveva spiegato che non c'era nulla da temere. Aveva confidato alla più forte delle sue figlie che la morte è pace. E' vivere, invece, che è difficile. Pace che Mickey non conosce: un giovane imprenditore, romantico e sincero, ma con una doppia anima nascosta. La volubilità impressionante con cui il bipolarismo l'ha maledetto lo rende soggetto a esplosioni e a fragorose implosioni. Potrebbe scoppiare e far crollare quello che ha intorno. Potrebbe scoppiare e autodistruggersi, come un ordigno ad orologeria. Lucy accetta quello da cui gli altri scappano e la loro vita coniugale avrà la perfezione delle cose imperfette. Bellissima e bruttissima, ma da vivere. Finché un giorno due ospiti si fanno strada nel corpo di lei. Inattesi e invadenti. Una malattia che non perdona e un bambino che deve nascere. L'esordio di Ka Hancock, pur lontano anni luce dall'eccellenza, coi suoi tanti difetti, a me è piaciuto. Almeno umanamente parlando. Parlandone, struggente non è l'aggettivo adatto. Basta un toccante, il classico emozionante. Nella tristezza complessiva del romanzo è raro ci siano connotazioni negative e gli eventuali (leggi: ovvi) brividi affiorano soprattuto per la bellezza purissima di alcune cose. Fanno paura le macchie nere che, minacciose, sono spuntate come nubi cancerogene nei polmoni e nei seni. Quei macchinari che svelano il progresso della malattia e il fallimento della scienza moderna. Più forte della paura, i risultati di ecografie altre, diverse: quelli con la foto stranissima del profilo di un piccolo alieno d'uomo che scalcia e fa capriole nella pancia della sua futura mamma. Ma Danzando sui vetri rotti non è solo una storia d'amore. Si mostra, infatti, anche una saga familiare riuscita e sfaccettata con gioie e drammi annessi, tematiche delicate, un uso particolarissimo del doppio punto di vista.  Ci narrano la storia della loro vita Lucy, attraverso una prosa lineare e piena zeppa di ricordi, e Mickey, che parla per mezzo delle pagine di un diario di bordo mirato a tenere a bada la sua malattia e i capricci del suo cervello. Dalla scrittura, dalle loro voci piuttosto diverse, emerge un'integrità morale che il male non scalfisce. Pensieri lucidissimi, nonostante lo sfiorire brutto dei corpi e della gioia. Vagamente – ma proprio molto vagamente – ho pensato alla Moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo, che fino ad oggi è il mio romanzo preferito in assoluto. Ho pensato a Claire che aspettava Henry, a Lucy che aspettava Mic. La pazienza delle donne, la fragilità di uomini in balia di forze maggiori, una miracolosa maternità. Anche Mickey viaggia, ma sulle montagne russe. Senza le cinture di sicurezza allacciate. Sballottato, stanco, sconvolto. Euforico e terrorizzato. I suoi pensieri come annotazioni e lettere d'amore sgrammaticate, la malattia mentale che spesso è usata come una scusa per giustificare l'immaturità umana e la paura di prendere in braccio una neonata coi tuoi stessi geni. Il romanzo, cinematografico, ha i personaggi dei film americani. Belli, gentili, infelici: pregio e difetto insieme, questo. Oltre ai protagonisti, decisamente ben delineati, affiatati e commoventi, risultano ottimi anche alcuni dei comprimari, descritti con una coerenza non da poco. Cito le sorelle di Lucy, ad esempio, che insieme alla protagonista sono ricordate eternamente bambine in una fiaba che il padre, un omone grande e grosso, prima di spegnersi aveva lasciato loro in eredità, per i frequenti momenti di tempesta: Priscilla e Lily. La prima, sardonica e impeccabile, ha il cinismo degli avvocati; una lingua biforcuta, l'idea del romanticismo sotto la suola delle scarpe, l'empatia che apparentemente è cosa ignota. L'altra, mamma negata, affettuosa e dolcissima, colpisce nel momento in cui reagisce con rabbia e gelosia all'annuncio della maternità miracolosa della sorella prediletta: non è giusto, quel bambino avrebbe dovuto averlo lei, sanissima. A chi darà il suo amore e le sue cure adesso? Non è tutto oro quel che luccica. I personaggi conoscono i ripensamenti e le epifanie, ma non i rimpianti. Riempiono la vita dei protagonisti e permettono loro, come aiutanti magici, la realizzazione dei momenti più belli da sfogliare in un album di foto ricordo. Un matrimonio sotto l'arcobaleno e la pioggia. Un primo incontro con un Mickey cabarettista e un bacio dato così, quasi per scherzo. Sono tutti buoni, troppo. Irrealistici nel loro assoluto candore. Rispettano le regole del buon vicinato, vanno d'amore e d'accordo coi parenti, organizzano calorose feste di bentornato, portano fiori e peluche al cimitero. Anche l'autrice, nella prima parte, sbaglia di grosso, con un abuso ingenuo di certi aggettivi qualificativi e un uso generoso di melassa. Idem nell'epilogo: pagine superflue e piene di bontà per mettere a posto casa, quasi, e andar via. Ma la pillola, che sicuramente non manca, va giù meglio con un po' di dolce a diluire la pena. Hollywood, apri gli occhi. Hai un successo assicurato già pronto! E già piuttosto bello così, sinceramente. L'esordio della Hancock danza sui vetri rotti, certo, ma con la leggiadria di un giovane fachiro. Ogni tanto, le schegge incidono la pelle. La tua sfilata sui cocci è ardua: tu non conosci i trucchi e senti che un gigante ti stia acquattato alle calcagna, pesantissimo. Altre volte, voli sul dolore fisico e non ci fai caso. Mica lo senti... Mi veniva, perciò, da dire grazie, ogni tanto. Per quello che ho letto e per quello che ho. Grato, e pienamente, per una storia simile – privata, familiare, intima – che qualche buon viandante mi ha permesso di conoscere. Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: Ellie Goulding – How long will I love you?

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