Ho un problema, non sono mai a casa, non guardo la televisione da più o meno un lustro e a teatro protendo per i classici, essendo cresciuta in mezzo ad amanti di Shakespeare o del nostrano Edoardo de Filippo. Risultato? Ho difficoltà a riconoscere coloro che si sono fatti conoscere soprattutto davanti alla una telecamera di quello che fu il tubo catodico, quindi lo ammetto, ma io chi fosse Enrico Brignano, sino a pochi giorni fa, non lo sapevo e proprio per questo motivo mi sono recata con entusiasmo in sala a scoprire il film e il protagonista di “Ci vediamo Domani”.
La storia di Marcello Santilli (Enrico Brignano) è molto più comune di quanto si creda: il nostro protagonista, attratto da affari che promettono immediato ritorno economico, ha sperperato tutto il suo patrimonio e oggi, oramai sul lastrico, divorziato, persa la stima della figlia e della ex-moglie e senza speranze, decide di giocarsi il tutto per tutto dopo aver letto una curiosa ed intrigante notizia sul giornale: aprire una agenzia di pompe funebri in un paesino in cui vivono pressoché solo anziani.
Ipotecata la casa (di nonna!), acquistati alcuni attrezzi del mestiere, con molta speranza nel cuore il nostro eroe triste si trasferisce nella stalla di un vecchietto del paese pugliese con la più alta percentuale di ottuagenari, sicuro che le statistiche giochino a suo favore. Inspiegabilmente però, l’unico ad ammalarsi è lui e di passare a miglior vita non ci pensa nessuno. Santilli a questo punto non può più scappare e, incastrato in questo paese isolato e quasi sospeso nel tempo, affronta per la prima volta se stesso.
Saranno i suoi nuovi (e poco convenzionali) amici con le loro routine, con le loro semplici ma molto concrete abitudini, con la loro genuinità di altri tempi e soprattutto con la loro concretezza a fargli realizzare di aver perso troppo tempo inseguendo falsi idoli e, al contempo, saranno sempre loro, incarnazione dei valori importanti nella vita (quali amicizia, fiducia nell’altro, riconoscenza) a dargli la spinta giusta per ricostruire prima sé stesso e poi il rapporto con la famiglia oramai quasi nullo.
Storia triste di gente comune, su cui s’ironizza sin dalle prime battute senza mai scadere in situazioni da comicità frivola, senza essere pesante nella sua drammaticità e senza dare troppo nell’occhio. Esatto, il film non sarà perfetto, non è un’esilarante commedia che ci mostra il lato buffo del crollo interiore di un uomo attanagliato dalla crisi economica del nuovo millennio, ne è uno straziante melodramma sulla miseria umana che fa vacillare sogni, speranze e il proprio io, ma ha il pregio di rimanere sobrio sino alla fine.
Ancora una volta, il piccolo logo (di Apulia), in cui già in passato ho riposto la fiducia, non s’è smentito supportando una pellicola godibile nel suo narrare di dignità persa e ritrovata. Con margine di miglioramento, rimane pur sempre un’opera spensierata, garbata e non prolissa, quindi sufficiente.