Recensione del nuovo disco degli Africa Unite “Il Punto di Partenza”: passano gli anni ma il gruppo torinese è sempre in grado di rinnovarsi con successo

Creato il 09 giugno 2015 da Giannig77

Condivido con gli amici del blog la mia recensione del nuovo bellissimo disco degli Africa Unite che ho scritto per il sito di “Troublezine”

http://www.troublezine.it/reviews/21470/africa-unite-il-punto-di-partenza

Sono tornati in pista dopo 5 lunghi anni dall’ultimo loro disco di inediti (“Rootz”) i torinesi Africa Unite, esponenti di spicco del reggae italiano, da sempre però visto in chiave assolutamente moderna, grazie a combinazioni sonore efficace che mescolano tanti suoni e arrangiamenti.

Una storia ormai lunghissima, visto che i primi esperimenti musicali dei due leader Bunna e Madaski risalgono addirittura a 35 anni fa, e fa specie vedere questi due giovani cinquantenni approcciarsi alla materia con un entusiasmo così genuino, puro, totalmente immutato dopo tanto tempo, nonostante l’acqua passata sotto i ponti, le vicissitudini ma soprattutto i molti consensi e successi, al punto da renderli punto di riferimento imprescindibile non solo per gli amanti di Bob Marley et similia, ma di tutto un movimento tricolore all’insegna della ricerca, della sperimentazione, della qualità, di una maniera alternativa di proporre testi e musica.

E in questo recentissimo “Il punto di partenza”, prima dispensato in free download, alla faccia di stantie logiche commerciali e solo dal vivo, dopo i concerti, distribuito fisicamente su cd, si ritrovano forti e chiari tutti i temi da sempre presenti nella loro poetica, ma sicuramente attualizzati ai tempi che corrono inesorabili, sempre più veloci e frenetici.

In questo gli Africa sono sempre stati dei maestri, nel saper cogliere attimi di una realtà che ti scorre accanto, spesso travolgendoti. Hanno pensato tante volte, riuscendoci, di fissare polaroid, non solo mettendoci la faccia su questioni socio-politiche, non nascondendo mai le proprie idee in tal senso, ma anche scrutando l’orizzonte e ampliandolo sul mondo.

E in particolare in questo ultimo lavoro, l’accento sembra essere fissato sul qui e ora, sulle problematiche legate al nostro tempo, a un’attualità fatta di apparenza, di effimero, della potenza dei social, del voler autorappresentarsi tramite gli status, il numero dei like e cose che a pensarle a inizio del loro percorso artistico sembrava fantascienza.

Certi temi ricorrono frequenti, mischiandosi a occhi puntati sulle ingiustizie del mondo, senza però cadere nella retorica e anzi andando dritti al sodo, come nel convincente duo “L’attacco al tasto” e “L’attacco alla corda”, quest’ultima versione impreziosita in maniera ottimale dall’apporto del quintetto di formazione classica “Architorti”. Una collaborazione la loro nata quindici anni prima e che qui fa rendere al meglio un pezzo dai forti connotati sociali, con l’incisione di ben 200 archi nell’arrangiamento.

Molto significative sono anche l’elettronica, straniante “L’Esercito con gli occhiali a specchio”, dove l’anima di Madaski emerge in pieno, per uno dei brani più esemplificativi dell’intero album. Molto efficace il cantato a due voci, per un pezzo che può inserirsi tra le canzoni migliori mai realizzate dalla band.

L’aspetto dualistico del gruppo, con i due leader complementari nelle loro peculiarità (Bunna più solare e legato al reggae delle origini, Madaski più sperimentale e oscuro) funziona alla grande anche in brani come “La teoria” – molto melodica –  e “Ritratti”, dai suoni sintetici e freddissimi.

A tenere alta la bandiera del reggae ci pensa una delicata, intensa “Riflessioni” che immaginiamo molto forte nelle esibizioni live.

Non si tratta di un album facile, certamente lo è meno rispetto al precedente, nel quale gli Africa concettualmente avevano sentito l’esigenza di tornare alle proprie origini. Qui invece emerge tutta la voglia di rischiare, di mettersi in gioco, di tentare strade difficili, ostiche, nel presentare brani urticanti, nati per provocare reazioni, o più semplicemente per far pensare, non limitando la musica a un sottofondo o a un espediente per ballare. Perché con loro, da sempre, il ballo, la bellezza del muoversi, il senso del ritmo, insito nelle loro canzoni, va sempre a braccetto con il contenuto, con idee, tale da far muovere in perfetto sincrono cuore, gambe e cervello.


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