Anyway, questi primi tre giorni... Non sono stati così male. Potevano andare decisamente peggio. Ieri però è successa una cosa che mi rovinerà questa domenica. Il mio prof vuole che io gli parli di un saggio che mi ha prestato 5 mesi fa. Qual è il problema? A parte il fatto che è stato 5 mesi fa.... Non l'ho letto! Non era per scuola, era una cosa in più e dopo le prime 50 pagine non ce l'ho più fatta ad andare avanti. Insomma, è un saggio! I saggi mi fanno questo effetto, dopo le prime 50 pagine perdono la mia attenzione. Quindi adesso dovrò leggermele tutte e 300 ed essere anche in grado di riassumerle in modo decente, ecco, quando avrei potuto leggere qualche altro mio libro tra quelli che attendono pazientemente sullo scaffale e godermi il mio ultimo weekend senza compiti. Che schifo. La scuola torna alla carica in tutto il suo splendore, eh?
Cavoli, non fatemici pensare. Oggi sarà una giornata orribile. Anyway, non badiamo alle mie (dis)avventure. Vi posto la recensione di un libro che ho letto in inglese a fine agosto ma di cui non vi avevo ancora parlato! Non preoccupatevi, questo è stato pubblicato in Italia da Piemme Freeway l'anno scorso e sto parlando di "Delirium", primo libro della trilogia di Lauren Oliver, tradotto da F. Flore. Buona lettura!
Autrice: Lauren Oliver
Casa Editrice: Harper Collins
Pubblicato il: 2012 (per la prima volta nel 2011)
Pagine: 441
TRAMA
Nel futuro in cui vive Lena, l'amore è una malattia, causa presunta di guerre, follia e ribellione. E' per questo che gli scienziati sottopongono tutti coloro che compiono diciotto anni a un'operazione che li priva della possibilità di innamorarsi. Lena non vede l'ora di essere "curata", smettendo così di temere di ammalarsi e cominciare la vita serena che è stata decisa per lei. Ma mancano novantacinque giorni all'operazione e, mentre viene sottoposta a tutti gli esami necessari, a Lena capita l'impensabile. Si infetta: si innamora di Alex. E questo sentimento è come ritornare a vivere, in una società di automi che non conosce passione, ma nemmeno affetto e comprensione, Lena scoprirà l'importanza di scegliere chi si vuole diventare e con chi si vuole passare il resto della propria vita...
“Le malattie più pericolose sono quelle che ci fanno credere di star bene”.Mancano soltanto 95 giorni, trascorsi i quali Lena potrà finalmente tirare un sospiro di sollievo. Dopo aver fatto l’intervento sarà al sicuro dalla malattia più temibile ed insidiosa mai conosciuta, non correrà più il rischio di essere contagiata e fare la fine di sua madre. Ancora tre mesi, non può permettersi di abbassare la guardia, l’amore è sempre in agguato, pronto a scoccare la sua freccia quando meno lo si aspetta.
Arriva il momento della “valutazione”, un esame che in base a risposte di carattere generale (hobby, colore e materie preferiti) assegnerà a Lena un punteggio per trovarle un compagno dello stesso livello. Lena vuole dare il meglio di sé ma il nervosismo le gioca un brutto scherzo: nonostante abbia imparato a memoria cosa dire agli esaminatori, dice che il suo libro preferito è “Romeo e Giulietta”, in cui i protagonisti arrivano ad uccidersi per amore, e che il suo colore preferito è grigio e non blu, come sarebbe dovuto essere. Fortunatamente viene salvata in calcio d’angolo, poiché il laboratorio viene assalito da un’orda di mucche. E’ sicuramente un moto di ribellione orchestrato dagli Invalidi, coloro che si rifiutano di sottoporsi all’intervento e curarsi e che, pertanto, vivono come selvaggi nei luoghi non civilizzati. Proprio in quel trambusto, Lena scorge un ragazzo dai capelli del colore dell’autunno che la guarda e che, prima di dileguarsi, le fa un occhiolino. Per una serie di casualità, Lena ed il ragazzo, Alex, si rincontrano nuovamente. E’ curiosa, si sente inspiegabilmente attratta da lui anche se c’è sempre senso di pudore che le impedisce di sentirsi a suo agio. Non dovrebbe stargli così vicino, potrebbe essere rischioso. Potrebbe essere accusata di aver contratto la malattia o di aver simpatizzato con gli Invalidi; se così fosse, verrebbe rinchiusa nella Cripta, la prigione di Portland. D’altra parte non c’è nulla di male nel parlargli, ha la cicatrice sotto l’orecchio sinistro, il che vuol dire che è stato curato.Ma Alex non è realmente chi dice di essere. Quando confessa la verità, il mondo di Lena viene completamente stravolto. Inizia a guardare il mondo con occhi nuovi. Forse tutto quello che le hanno detto da quando è nata è falso; forse le protezioni, le barriere e le guardie non servono a tener fuori gli Invalidi ma a tener prigionieri e sotto controllo coloro che sono stati curati; e forse l’amore non è una malattia mortale.
L’idea alla base di questo libro distopico è interessante e offre moltissimi spunti di riflessione: l’amore visto come una malattia.Chi non ha sofferto per amore? Chi non ha raccontato qualche ingenua bugia per ritrovarsi di nascosto con la propria dolce metà, chi non ha sperimentato le farfalle nello stomaco, il batticuore, i cambiamenti di umore, il calo d’appetito, quell’estasi che pervade l’innamorato facendogli vedere il mondo attraverso delle lenti rosa, come se tutto fosse bello e perfetto e niente potesse andare storto? Tutto il resto perde importanza, il tempo si ferma o scorre troppo velocemente: l’unica cosa che conta è stare con la persona che si ama.
Ma, purtroppo... chi non ha mai sofferto per amore? Le lacrime, la disperazione, il dolore, il groppo in gola accompagnato da un senso di oppressione nel petto, la sensazione che senza quello che abbiamo perso non potremo mai più tornare ad essere felici… Il desiderio, con la fine dell’amore, di porre fine anche alla propria vita.Questo è ciò che Lena teme più di ogni altra cosa. Lei vorrebbe un’esistenza tranquilla, piacevolmente monotona, priva di palpitazioni, liscia come l’olio. L’amore non può rendere felici. Si perde il lume della ragione e senza rendersene conto conduce inevitabilmente all’instabilità e alla follia, proprio com’era successo alla madre quando aveva deciso di suicidarsi gettandosi nell’oceano e abbandonando due figlie pur di proteggere il suo tanto prezioso “amore”. Lena ne è convinta, sicura al 100%. Poi arriva Alex e tutte le sue certezze precipitano nel nulla più totale. Lei piace ad Alex, lui l’ha scelta; le dedica attenzioni, per la prima volta nella sua vita riesce a farla sentire speciale e non come tutte le altre. Non aveva mai provato nulla del genere, capisce che è tutto sbagliato. Come si può voler eliminare un sentimento tanto forte e indispensabile per gli uomini? Se prima era impaziente di sottoporsi all’intervento, ora il solo pensiero la terrorizza. Perché Alex è questo per lei, indispensabile; non vorrebbe rinunciarci, non può farlo, non potrebbe stare un solo giorno senza vederlo, senza parlargli, senza baciarlo. Soltanto adesso comprende il significato delle parole della madre: “L’amore è tutto ciò che abbiamo, non possono prendercelo”.
La metamorfosi che subisce il personaggio di Lena è davvero impressionante. Da brava ragazza, incapace di disobbedire, di mancar di rispetto ad una regola, di anche solo pensare a qualcosa che non dovrebbe pensare, diventa forte, coraggiosa, determinata più che mai a proteggere ciò che le sta a cuore. Lo stesso suicidio, che le sembrava il crollo mentale per eccellenza, assume tutto un nuovo valore: preferirebbe morire piuttosto che non poter più decidere autonomamente per sé stessa, senza poter scegliere l’amore.
Io stessa ho riflettuto a lungo su questo, a come sia possibile avere così tanta paura dell’amore, tanto da focalizzarsi solo sulla sofferenza e non sull’immensa felicità che porta nel cuore di chi lo prova. Mi sono stupita pensando a che livello si deve arrivare per rinunciare a qualsiasi tipo di libertà e vivere costantemente sotto controllo e con la paura di fare qualcosa di sbagliato, pur di essere “salvati” dall’amore.
Lo stile dell’autrice mi è piaciuto. E’ semplice, scorrevole ma con descrizioni precise e molto espressivo. Mi è piaciuto in particolare un passaggio in cui la Oliver mette in luce che, sebbene ognuno di noi abbia i propri problemi e sembra che il mondo ci stia crollando addosso, la vita continua, il sole continua a sorgere e tramontare ed il tempo scorre inesorabile.
I vari personaggi sono ben caratteri. Alex, come tutte le figure maschili delle love stories, è dolce e premuroso; non ci pensa due volte ad esprimere i propri sentimenti senza vergognarsene. E’ un Invalido infiltrato, anche se tra quelli che sono stati curati (privi di espressione, sempre uguali, incolori) si sente in gabbia. Hana è la migliore amica di Lena; è l’unica che non la vede come una ragazza che seguirà le orme della madre, a rischio di contagio; corrono sempre insieme e fantasticano sulla loro vita da post-curate. Qui un po’ mi è venuto da storcere il naso. Dopo l’operazione avrebbero perso anche la loro amicizia, che invece le rendeva più che felici. Già questo non poteva suonare come campanello d’allarme? Non poteva essere un indizio che forse c’era qualcosa che non andava nell’impedire alle persone di provare un sentimento che generava benessere? E’ vero che i Curati ripetevano loro che dopo l’intervento non ne avrebbero sentito la mancanza ma a me questo mi avrebbe riempito di inquietudine, non mi avrebbe certamente dato tranquillità. Hana è inizialmente più estroversa di Lena, si avvicina persino al mondo degli Invaliti andando a feste, ascoltando musica proibita; ma nel momento in cui bisognava sfoderare gli artigli e battersi si tira indietro. Questo neanche mi è piaciuto, Hana non è riuscita a convincermi moltissimo. Un personaggio che invece mi è piaciuto è Gracie, la cuginetta piccola di Lena. Nel suo piccolo, rifiutandosi di parlare, ci fa capire subito da che parte si trova e mostra un’attenzione nei confronti della realtà e una comprensione maggiore a quella degli adulti; fa vedere come un piccolo gesto quale una semplice parola , detta al momento giusto, può salvare una vita.
Ci sono soltanto due pecche. Per l’argomento che tratta, mi sarei aspettata di essere maggiormente coinvolta. Mi è piaciuto ma in un certo senso ne sono rimasta distaccata. Anche da parte di Lena mi sarei aspettata di più. Passa dall’aver una paura boia dell’amore ed esser sconvolta da un solo sguardo ad avere un ragazzo come se niente fosse; avrei voluto che l’autrice si fosse concentrata maggiormente su questo passaggio che, normalmente, sarebbe naturale ma nel suo caso avrebbe avuto bisogno di uno sviluppo più ampio e non così sbrigativo. E avrei voluto anche che venisse approfondita la procedura dell’intervento. Insomma, come si fa a privare una persona della capacità di amare con degli attrezzi da chirurgo? Forse verrà spiegato nei volumi successivi.
Il finale mi ha lasciata leggermente stranita. C’è un grande, ma davvero grande, colpo di scena che, tuttavia, non mi ha fatto provare il desiderio di procurarmi seduta stante il volume successivo per sapere come sarebbe continuato. La mia reazione è stata qualcosa del tipo: “Ah, okay. Lo leggerò un giorno, chissà quando, non nell’immediato futuro”. Insomma, non mi ha preso, ecco, e avrei quasi preferito che fosse un unico volume. Forse lo considererò come tale, altrimenti gli darei meno stelline...
Ciò non toglie che sia un libro ben strutturato e curato nei dettagli, piacevole e che nel suo piccolo fa riflettere sull’importanza e la complessità di un sentimento tanto grande.
Ora sì che si comincia a ragionare! Good to go!
Voi lo avete letto? Vi è piaciuto? Fatemi sapere se i successivi meritano di essere letti perché io davvero non riesco a decidermi. Mi è dispiaciuto così tanto che non mi ha lasciato la voglia di continuare e continuare! Vi auguro una buona domenica, sicuramente migliore della mia!A domani!