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Recensione di Achille e la tartaruga. Il paradosso del moto da Zenone ad Einstein di Joseph Mazur

Creato il 21 giugno 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

14 Flares 14 Flares × Recensione di Achille e la tartaruga. Il paradosso del moto da Zenone ad Einstein di Joseph MazurAchille e la tartaruga. Il paradosso del moto da Zenone ad EinsteinJoseph Mazur
Pubblicato daIl Saggiatore
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:La cultura
Genere:Saggi
Pagine:
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La trama:

I paradossi di Zenone hanno da sempre costituito un rompicapo per chiunque cercasse di comprendere a fondo l’idea di movimento. Il libro di Mazur affronta la questione storica della loro difficile soluzione e mostra come a tutt’oggi, nonostante i progressi scientifici, essi rappresentino ancora un problema irrisolto.

Zenone di Elea è uno dei più conosciuti filosofi della Grecia antica. Era allievo di Parmenide e seguace della sua ben strana filosofia: dato che è impossibile che il non-essere sia, ne consegue che l’essere è unico, indivisibile, eterno ed immobile. Per argomentare a favore delle idee del suo maestro, Zenone ha escogitato una miriade di paradossi (di cui ce ne sono pervenuti per vie traverse solo una minima parte), volti a dimostrare per assurdo l’inaccettabilità dell’idea di movimento. Nel corso della storia, i problemi posti da Parmenide sono stati notoriamente risolti da Platone che, con il suo parricidio, ha dimostrato che il non-essere in qualche modo è: si tratta semplicemente dell’essere diverso. Ben altra sorte è toccata agli argomenti di Zenone, i quali hanno mantenuto la loro problematicità almeno fino all’Ottocento. Questo, però, non significa che essi abbiano costituito un ostacolo insormontabile per il progresso filosofico e scientifico dato che, a causa della loro profonda paradossalità, hanno ricevuto poca considerazione e sono stati spesso “confutati” in modo triviale. A prima vista, infatti, il modo piú immediato per rispondere a chi afferma l’impossibilità del movimento sembra essere quello di alzarsi e camminare. Come ci si può ben aspettare, le cose non sono così semplici e il libro di Joseph Mazur, professore di matematica presso il Marlboro College, promette di mostrare la profondità e, soprattutto, l’attualità delle tesi di Zenone.

Immaginiamo di organizzare una corsa tra Achille piè veloce e una lenta tartaruga, lasciando generosamente a quest’ultima un lieve vantaggio. Bene, se le condizioni di partenza sono queste, possiamo argomentare che Achille non riuscirà mai a superare la tartaruga perché prima di raggiungerla dovrà arrivare al punto da cui lei era inizialmente partita, lasciando così tempo all’animale di avanzare ancora un po’. A questo punto, si innesca un circolo vizioso dove Achille è costretto per l’eternità a cercare di raggiungere la tartaruga che, anche se di una distanza sempre più piccola, starà sempre avanti a lui. L’apparente semplicità della formulazione di questa storiella fa il paio con l’estrema inaccettabilità delle sue conclusioni ed è per questo che la questione dei due corridori ha affascinato e ossessionato l’umanità fino al giorno d’oggi. Questa semplicità, però, è davvero solo apparente. Senza accorgerci, infatti, abbiamo chiamato in causa concetti che sono tutto fuorché immediati e che stanno da sempre alla base della riflessione scientifica e della visione metafisica del cosmo: le concezioni di spazio e tempo e, più in profondità, le nozioni di finito-infinito e continuo-discreto. E’ evidente, infatti, che la domanda da porsi è la seguente: come fa una serie infinita di somme (i segmenti di spazio via via più piccoli che Achille deve percorrere) a dare un risultato finito? La risposta della matematica, arrivata solo molti secoli dopo Zenone grazie al calcolo infinitesimale, è che il valore al quale tende una serie infinita è il valore della serie. Ma, di nuovo, il problema sembra ripresentarsi in altra forma. Siamo sicuri che la matematica rispecchi effettivamente il modo in cui è fatta la natura? In altre parole: il continuo dei valori matematici ha una controparte effettiva nel mondo? O è solo un’idealizzazione utile per spiegare i fenomeni? Stando ai risultati della fisica del Novecento, infatti, sembra che il mondo abbia una composizione granulare e che, in effetti, ciò che avviene, avviene mediante salti quantistici. A differenza di quanto ci dice la nostra più fedele intuizione, dunque,natura facit saltus!

Comprendere e padroneggiare il significato profondo dei paradossi di Zenone, come abbiamo visto, è impresa tutt’altro che semplice. Il libro di Mazur ci guida alla loro scoperta e ci conduce ad esaminare le risposte che ad essi sono state date nel corso dei secoli fornendoci, al contempo, una panoramica dello sviluppo scientifico, da sempre considerato l’unica strategia per indagare i concetti fondamentali relativi all’idea di movimento: quelli di spazio e tempo. Dalla fisica di Aristotele a quella di Galileo, fino alle rivoluzioni cosmologiche di Newton e Einstein, la narrazione è ricca di spunti storico-biografici interessanti, senza tuttavia tralasciare un certo tecnicismo, necessario per comprendere a pieno il linguaggio i cui è scritto il libro del mondo. Con la scusa di dare al lettore il background teorico essenziale, però, il libro di Mazur sembra seguire un percorso davvero troppo ampio e molte nozioni introdotte non hanno un’attinenza diretta con l’argomento del saggio. Un esempio evidente sono gli interi capitoli dedicati all’evoluzione della cosmologia da Copernico ad Einstein (dove la parola “Zenone”, a volte, non compare nemmeno) che risultano davvero nozionismo gratuito.
Ciò che però lascia perplessi è il poco spazio dedicato a quello che dovrebbe essere, in fondo, lo scopo del libro: la valutazione delle differenti risposte che i vari paradigmi scientifici hanno dato ai paradossi del movimento. Dopo un’accurata lettura, infatti, risulta difficile arrivare a comprendere (in modo approfondito, non solamente “a parole”) in che modo le tesi di Zenone si collochino all’interno delle varie concezioni storico-scientifiche. Di più, manca anche un’articolata descrizione dei paradossi stessi. In effetti, l’autore insiste spesso sul fatto che i quattro paradossi considerati nel libro (la dicotomia, l’Achille, la freccia e lo stadio) siano basati su assunzioni metafisiche differenti, senza però che tale diversità sia stata messa in luce in modo approfondito.

Al di là di questi difetti, tuttavia, Achille e la tartaruga risulta scorrevole e, seppur a tratti un po’ poco preciso, abbastanza ben strutturato. Certo, si parla molto di scienza e di scienziati e si analizzano relativamente poco i paradossi di Zenone, i quali si rivelano essere un semplice leit-motiv che fa da sfondo alla piacevole discussione sull’evoluzione storica della fisica e della matematica. Tutto, in fin dei conti, dipende da quello che ci si aspetta da un testo del genere anche se, in effetti, di libri divulgativi sulla storia della scienza ce ne sono a bizzeffe.

 Carlo Monti



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